A cura della Dottoressa Anna Chiara Venturini, psicologa psicoterapeuta a Roma
I farmaci possono aiutare a ridurre i sintomi associati agli attacchi di panico, così come la depressione, se questo problema sussiste. Molti tipi di farmaci si sono dimostrati efficaci nell’alleviare i sintomi di attacchi di panico e dei disturbi d
Inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI). Questi farmaci appartengono alla classe di antidepressivi chiamati inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Questa classe di farmaci aumenta la quantità di serotonina nello spazio sinaptico, cioè nello spazio compreso tra due neuroni, dove normalmente vengono liberate le monoamine (di cui fa parte la serotonina) durante il funzionamento dei circuiti cerebrali. L’azione farmacologica, in definitiva, consiste in un potenziamento dei livelli dei neurotrasmettitori monoaminergici. Gli SSRI richiedono un tempo medio che oscilla tra le 3 e le 8 settimane di somministrazione per apportare una risposta terapeutica adeguata ai soggetti affetti da disturbi d’ansia. Questi farmaci, pur possedendo una spiccata azione antidepressiva, agiscono nondimeno sui meccanismi dell’ansia riducendone la sensibilità . Inoltre questa azione è durevole nel senso che non è collegata temporalmente al momento della somministrazione, come avviene per le benzodiazepine. Un altro vantaggio degli antidepressivi risiede nel fatto che non determinano il fenomeno della dipendenza nè quello della tolleranza. Questi farmaci possono essere usati in modo continuativo anche per diversi mesi: la durata del trattamento, affinchè si raggiunga un adeguato controllo della sintomatologia ansiosa, non dovrebbe essere inferiore a 6-8 mesi: se si vuole interrompere l’uso,è bene farlo in modo graduale e solo dietro consiglio medico. Gli effetti collaterali di questi farmaci sono rari e qualora si manifestino sono rappresentati generalmente da: nausea, diarrea, agitazione, secchezza delle fauci, visione offuscata, vertigini, riduzione della libido e sonnolenza. Tali effetti sono transitori e nella maggior parte dei casi, perdurano per pochi giorni. In ogni caso gli effetti collaterali degli SSRI sono reversibili, ovvero scompaiono appena si interrompe l’assunzione del farmaco. Poiché sono generalmente sicuri ed hanno un basso rischio di provocare seri effetti collaterali, gli SSRI sono generalmente raccomandati come prima scelta nelle opzioni di farmaci per il trattamento degli attacchi di panico. L’efficacia a lungo termine è buona; purtroppo si tratta di farmaci piuttosto costosi. Il gruppo degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina è costituito da 6 molecole principali: Fluoxetina (Prozac, Fluoxerene, Fluoxetina), Fluvoxamina (Maveral, Fevarin, Dumirox), Paroxetina (Sereupin, Seroxat, Eutimil, Daparox), Sertralina (Zoloft, Tatig), Citalopram (Elopram, Seropram) ed Escitalopram (Entact, Cipralex).
Inibitori selettivi del reuptake della noradrenalina (SNRI): Sebbene gli SSRI siano i farmaci considerati di prima scelta nel trattamento del disturbo di Panico sono approvati anche altri nuovi antidepressivi sebbene abbiano un diverso meccanismo d’azione. Tra questi troviamo principalmente la venlafaxina (SNRI) e la mirtazapina (NaSSA: si tratta di farmaci che vanno considerati come interventi di seconda scelta nel trattamento dei disturbi d’ansia e che appartengono alla classe di antidepressivi chiamati inibitori della ricaptazione della noradrenalina e della serotonina. Essi comprendono: duloxetina (Cymbalta®) e venlafaxina (Efexor®).
Antidepressivi triciclici (ADT).Un’ altra classe di farmaci utili nella gestione dell’ansia è costituita dagli antidepressivi triciclici: la maggior parte di essi hanno effetti antiansia ed antipanico oltre che azione antidepressiva; inoltre molti antidepressivi hanno effetti antiossessivi (Kent ed al.1998). All’interno della classe dei triciclici si sono rivelate particolarmente efficaci la clomipramina e l’imipramina. L’azione terapeutica di questi farmaci consiste nell’inibizione della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina. Essi presentano un’indubbia efficacia sia nel bloccare i fenomeni acuti sia nel controllare i livelli di ansia anticipatoria. Nelle fasi iniziali del trattamento è opportuno somministrare dosi ridotte (per esempio 25 mg/die), allo scopo di ridurre gli effetti collaterali ed evitare la comparsa di fenomeni da iperstimolazione, per poi raggiungere gradualmente la posologia ottimale, in genere compresa tra 75 e 150 mg/die. Gli effetti terapeutici compaiono solamente dopo due-tre settimane. Nonostante l’indubbia efficacia clinica (sia a breve sia a medio-lungo termine), gli ADT presentano effetti collaterali legati alla loro attività anticolinergica (xerostomia, diplopia, disturbi dell’accomodazione, stitichezza, ritenzione urinaria), alfa-adrenolitica (ipotensione ortostatica, spossatezza) e antistaminica (sonnolenza, aumento dell’appetito, incremento ponderale). La pericolosità degli ADT si manifesta in caso di sovradosaggio, accidentale o intenzionale: infatti, accanto a una notevole amplificazione degli effetti collaterali sopra riportati, possono in queste situazioni insorgere aritmie cardiache gravi e, a volte, fatali. Di seconda scelta tra gli ADT appare la desimipramina, dotata di un’attività anti- panico probabilmente inferiore, ma di un più favorevole profilo di tollerabilità e maneggevolezza Questi farmaci non offrono sostanziali vantaggi rispetto agli SSRI nel trattamento degli attacchi di panico, sebbene occasionalmente vi siano pazienti che rispondono meglio a un triciclico rispetto agli SSRI. La condizione che ne fa farmaci di seconda scelta è la presenza di maggiori effetti collaterali. Anche in questo caso spesso gli effetti collaterali sono maggioranza dei casi transitori. Il problema più importante che riguarda questi farmaci, invece, è la loro incidenza sul sistema cardio-circolatorio che in alcuni casi, ne sconsiglia l’utilizzo in soggetti affetti da gravi patologie cardiache. In rari casi, a seguito di una brusca sospensione della terapia farmacologica, si può andare incontro a quella che è definita sindrome da sospensione di antidepressivi, caratterizzata da vertigini, ansia e agitazione, insonnia, abbassamento del tono dell’umore, cambiamenti dell’umore, nausea e altri sintomi gastrointestinale. Pertanto, è bene interrompere l’assunzione di Antidepressivi in modo graduale, e dopo averlo concordato con il medico curante. Questi farmaci appartengono alla classe di antidepressivi chiamati antidepressivi triciclici. Nonostante la loro efficacia, essi presentano un rischio di gravi effetti collaterali, come problemi di cuore e di elevato zucchero nel sangue. Essi comprendono: desipramina (Nortimil®), imipramina (Tofranil®) e nortriptilina (Noritren®).
Benzodiazepine: Questi farmaci sono dei lievi sedativi. Essi appartengono al gruppo di farmaci chiamati deprimenti del sistema nervoso centrale, sono tra i più utilizzati, sia in monoterapia sia in associazione con altri composti. Il meccanismo d’azione di questa classe di farmaci consiste nel rinforzare l’azione del neurotrasmettitore cerebrale GABA al livello dei suoi recettori (Perry ed al., 1997). Il GABA parrebbe avere la funzione di diminuire l’eccitabilità dei neuroni. Queste molecole svolgono anche una spiccata attività di rilassamento muscolare. L’uso di benzodiazepine apporta un rapido sollievo al paziente fino a quando gli antidepressivi, che come vedremo in seguito risultano essere i farmaci più efficaci nella cura del disturbo di panico, non comincino ad esercitare il loro effetto terapeutico. Le benzodiazepine possono inoltre essere utili come una sorta di kit di sicurezza, in quanto possono essere utilizzate anche in modo estemporaneo qualora si verifichino delle crisi d’ansia in modo sporadico. Sotto un profilo strettamente clinico, si caratterizzano dunque per una notevole rapidità d’azione, ampiamente sfruttabile in acuto e in situazioni di emergenza, oltre che per un profilo di sicurezza e tollerabilità nettamente favorevole. Le benzodiazepine sono farmaci dotati di un buon profilo di tollerabilità : solo in una modesta percentuale di pazienti che assumono benzodiazepine in modo prolungato si può manifestare lo sviluppo di una progressiva tolleranza (cioè la necessità di utilizzare dosi maggiori del farmaco per ottenere lo stesso risultato terapeutico) e, alla sospensione del trattamento, una sindrome da astinenza caratterizzata del possibile ritorno dell’ansia. Gli inconvenienti di queste molecole sono da ricercare nella possibile riduzione dell’efficacia terapeutica per trattamenti a lungo termine e nel potenziale abuso. Possono inoltre indurre assuefazione (cioè causano dipendenza mentale o fisica), soprattutto se assunti per lungo tempo o ad alte dosi. Tra essi rientrano: alprazolam (Xanax®), clonazepam (Rivotril®) e lorazepam (Tavor®, Control®)
Inibitori delle monoaminossidasi (IMAO). Questi farmaci appartengono alla classe di antidepressivi chiamati inibitori delle monoaminossidasi. Poichè possono causare effetti collaterali pericolosi per la vita e siccome richiedono rigorose restrizioni dietetiche, essi non vengono più comunemente prescritti. . Gli I-Mao fenelzina e tranilcipromina sono molto efficaci nel disturbo di panico, soprattutto in presenza di estese condotte evitanti agorafobiche. Purtroppo il loro utilizzo clinico è limitato dai molti effetti collaterali e, soprattutto, dal rischio di crisi ipertensive tiramino- indotte e potenzialmente letali, che costringe il paziente a gravose restrizioni dietetiche. Questo problema non si presenta invece con la moclobemide, inibitore selettivo e reversibile delle monoami- nossidasi (Rima).
La terapia farmacologica del si suddivide in 3 fasi fondamentali (Sarti et al., 2000):
1) fase di impostazione, finalizzata al controllo degli Attacchi di Panico, dell’ansia e dell’ evitamento fobico;
2) fase di consolidamento, mirata alla stabilizzazione dei miglioramenti raggiunti;
3) fase di prevenzione di riacutizzazione e di recidive, finalizzata al raggiungimento del mantenimento dei benefici raggiunti
L’iter terapeutico consiste inizialmente nella graduale riduzione del dosaggio della benzodiazepina (nell’eventualità che il paziente già la assumesse); quindi dopo la scelta del farmaco si procede per la dose terapeutica: il trattamento deve proseguire per 6/8 mesi, accompagnato da un eventuale supporto psicoterapeutico.
La sospensione della terapia deve avvenire in modo progressivo e graduale e solo dopo che sia trascorso un periodo di 8/12 mesi dal miglioramento (Sarti et al.2000). Tra gli svantaggi della terapia farmacologica vanno comunque ricordati gli effetti indesiderati, il rischio di dipendenza e un significativo tasso di ricaduta una volta conclusa la terapia.
I triciclici comportano gravi effetti collaterali e la somministrazione di IMAO deve essere necessariamente accompagnata da restrizioni dietetiche (Rapee, 1987).
Gli effetti indesiderati degli psicofarmaci generalmente producono bassi livelli di alleanza terapeutica perché il paziente non si fida più del terapeuta; per questo la persona va informata dei rischi legati ad una brusca sospensione per la natura degli effetti collaterali. E’ fondamentale la scelta della terapia individualizzata e adattata ad ogni singolo paziente, tenendo sempre conto dei possibili effetti ed valutando l’efficacia dei diversi interventi.
(Ultimo articolo pubblicato “Depressione: i sintomi da riconoscere” )
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