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Ditta Dante & Figli: Questa casa è un Paradiso

Da Leragazze
Ditta Dante & Figli: Questa casa è un Paradiso
una felice famigliola medievale

Inizia oggi una breve serie di post, tre in tutto, che ci racconterà Dante visto con gli occhi del figlio Jacopo. Una propettiva insolita e, come vedremo, molto interessante. Autore il nostro  eclettico amico dhr, che ci ha già deliziato con la rubrica “La Bibbia firmata Chagall”. Come sempre, lo ringraziamo di condividere con noi le sue riflessioni e di aiutarci ad ampliare gli orizzonti di questo blog.

“Ditta” nel senso dell’Amore divino che “ditta” (detta) le parole al Poeta, ovviamente, ehm ehm.

Il primo commentatore in assoluto della Divina Commedia è stato Jacopo Alighieri, con le sue “Chiose all’Inferno” scritte pochi mesi dopo la morte del padre. Dalle ultime parole del saggio, si comprende che Jacopo aveva intenzione di commentare anche le altre due cantiche, ma per qualche motivo non lo fece mai… forse perché, come già accennato in un post precedente, era un totale scapestrato. Classico figlio di “padre assente”, nel senso letterale del termine; e costretto a fuggire da  Firenze a 15 anni per non incorrere nella condanna a morte pure lui, in quanto figlio maggiorenne di un Nemico del Popolo.

Tra l’altro, sebbene all’epoca le Chiose avessero avuto un buon successo, il ruolo di Jacopo nella storia della critica dantesca è stato riconosciuto solo in tempi molto recenti, anche perché esistevano incertezze di attribuzione. Più noto è rimasto il commento scritto dal fratello, il colto magistrato Pietro di Dante. Il Sommo Poeta doveva avere anche una figlia, che probabilmente si monacò; del resto non aveva molte altre scelte per campare, poveretta, con una famiglia di proscritti e di sbandati. Quanto alla moglie di Dante, Gemma Donati, non si sa che fine abbia fatto.

A Jacopo Alighieri, però-però, è sempre stato attribuito il merito megagalattico di avere ritrovato i canti finali del Paradiso, che erano dati per dispersi con grande costernazione di tutti. Quindi se è rimasto scolpito nella storia della Letteratura universale il verso “L’Amor che move il sole e l’altre stelle”, dobbiamo dire grazie a lui.

L’edizione critica di riferimento per la sua opera è: Jacopo Alighieri, “Chiose all’Inferno”, cur. Saverio Bellomo, ed. Antenore, coll. Medioevo e Umanesimo n. 75, Padova 1990. Il libro dovrebbe essere rinvenibile sul mercato antiquario.

Il prof. Bellomo, pur facendo un accuratissimo lavoro di ricostruzione del testo sulla base dei pochi manoscritti sopravvissuti, tende a  deprezzarne i contenuti: “È inutile nascondere che le aspettative del lettore che si accosta per la prima volta alle Chiose all’Inferno di Jacopo Alighieri saranno immancabilmente deluse. Chi crede di trovare in questo commento (…) cruciali rivelazioni trasmesse oralmente dal padre al figlio, dovrà ben presto ammettere (…) di non trovare alcun pensiero”.

Con questa piccola rubrica, vorremmo tentare di dimostrare che non è affatto così.

dhr



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