“Dittologie congelate“. Ciò che a primo impatto colpisce di questo libro narrante/poetico, è il linguaggio usato dall’autore.
Federico Li Calzi si apre attraverso una forma filosofica /surrealista, in un monologo dove l’io narrante , scruta, graffia e carezza la parola rendendola importante nella sua unità, ogni terminologia ha vita a sé dando l’impressione di completezza all’immagine che ne segue.
L’autore diventa atomo nell’universo, dove in un continuo volteggiare si lascia sorreggere dal suono e dal senso dei suoi idiomi in un viaggio nella rimembranza dove il personaggio principale è un amore ch’egli rivive nei vari passaggi emozionali; attimi, istanti, secondi scrutati, segnati, respirati, fra odio e amore, desiderio e rabbia.
Niente è escluso, una continua analisi delle proprie nostalgie, malinconie sorrette da metafore, analogie, similitudini.
Liriche senza luogo che potrebbero svolgersi in ogni tempo, ambiente, situazioni e percorsi che hanno in comune solo il sentimento incoerente dell’amore stesso.
Li Calzi, esplora i meandri della sua mente/anima alla ricerca di risposte e certezze nell’indagine continua di radici da piantare, radici che rappresentino inizi e basi sulle quali poter continuare a credere.
Non v’è alcuna forma di inutile retorica nel suo viaggio letterario, anzi, la consapevolezza delle sue riflessioni è un continuo sconvolgimento emotivo dove la certezza e il sogno non trovano spazio e l’incanto decisamente una meta lontana.
Indubbiamente un autore che ama la parola quasi fosse elemento da plasmare, da esumare alla stasi delle cose per darle poi la forma e suono; quell’identità viva attraverso la ricezione del lettore.
Bellissimi alcuni passaggi dove la voce dell’autore diventa suono nella mente e memoria di chi saprà attentamente ascoltarlo.
Written by Marzia Carocci
Editor e critico letterario