Magazine Editoria e Stampa
Questo articolo nasce così: contattai personalmente il blog “Anima di carta” informandomi se fosse interessato a segnalare o recensire il libro “Petali di sangue”, romanzo che ho auto-pubblicato all’inizio del mese di Dicembre. Questione di pochi minuti e ricevetti una gentilissima risposta in cui venivo invitata a scrivere un articolo sul blog con testuali parole “…di certo come autrice avrai molte cose da raccontare o suggerimenti da dare...”.
Nell’immediato pensai “…e adesso cosa scrivo?”. Poi sfogliando gli articoli del blog, incappai nella rubrica di Elisabetta Modena Guida al self-publishing professionale e non potei far a meno di rispecchiarmi nelle sue parole. Non vi dirò con chi pubblicare, non vi dirò come fare, vi racconterò pura e semplice la mia esperienza fin dall’origine, ossia quando iniziai a scrivere le mie prime righe.
Ho appena compiuto venticinque anni e la passione della scrittura si installò in me circa quattro anni fa. Non vi dirò che ho sempre amato scrivere e leggere, perché non sarebbe assolutamente vero. Da bambina e anche da adolescente, se qualcuno voleva farmi un dispetto, poteva tranquillamente regalarmi un libro. Non amavo né leggere, né tanto meno scrivere, motivo per cui i miei scritti scolastici facevano veramente pena. A superiori concluse, forse non sentendomi più obbligata a dover leggere i libri assegnati dagli insegnanti, di mia spontanea volontà mi avvicinai sempre più alle librerie e alle biblioteche, fino a diventare una compratrice compulsiva e una lettrice accanita dei più disparati generi letterari, dai classici ai fantasy. Un giorno, più per gioco che per altro, scrissi le mie prime righe divenute in un secondo momento l’incipit del mio primo romanzo, scritto che non ho pubblicato e che probabilmente non vedrà mai la luce.
Prima di riporre il mio lavoro in un cassetto, decisi di dargli una chance e lo iscrissi a diversi concorsi letterari, tra cui il famoso “What Woman Write” indetto da Mondadori.
Ricordo ancora i sogni e le speranze di una neo-aspirante scrittrice, convinta che si sarebbero accorti del proprio scritto, che fra tutti avrebbero scelto proprio quell’improbabile testo.
Oggi, con il senno di poi, devo ammettere a me stessa che neppure io, qualora fossi stata un membro della giuria, avrei scelto il mio manoscritto. Posso solo farvi pensare agli orrori contenuti in esso.
Quattro anni però solo lunghi e nel frattempo la mia scrittura maturò, cambiò. Lungo tutto il percorso ho tentato, tentato e ritentato, partecipando a concorsi, spendendo manoscritti in formato cartaceo e in formato elettronico (ogni casa editrice ha la sua politica in queste cose), senza mai ricevere una risposta diversa dal “La ringraziamo di averci inviato il suo testo in visione, ma siamo spiacenti di comunicarle che la sua opera difficilmente troverebbe una collocazione editoriale all’interno delle nostre collane”.
Ora, non è per far polemica, ma non sono una sprovveduta. A sentire certe parole, la prima cosa che si pensa è che avessi mandato il manoscritto ad una casa editrice che non pubblicava quel determinato genere letterario. Errore. Quelle case editrici pubblicavano lo stesso genere letterario.
Ho visto chiudersi tante porte e altrettante non sono mai state aperte: sono una vera minoranza le CE che rispondono alle mail, magari qualcuno potrà dissentire con quanto affermo, ma io racconto semplicemente la mia esperienza.
Una cosa è da specificare. Alcune CE (sempre che si possano chiamare così), prima ancora di rispondere, ti mandano un contratto per posta. Avete sentito bene: un contratto editoriale a casa. L’emozione del giovane scrittore dura pochi minuti, ve lo posso garantire, almeno fino a quando non scorge le parole 3000 euro come contributo di pubblicazione o le parole 250 copie da acquistare. Vi posso assicurare che ci sono tantissimi tipi di contratti a pagamento. Onestamente credo di averli ricevuti tutti, accompagnati quasi sempre da una lettera in cui vengono riportati tantissimi bei complimenti per l’opera inviata (praticamente ripetono le stesse cose almeno cinque volte in una pagina intera).
Il povero scrittore esordiente, nel leggere tutti quegli apprezzanti, non si accorge subito che nella lettera non si parla nemmeno una volta esplicitamente del suo libro, dei personaggi, del modo in cui è stato scritto… sono parole che potrebbero andare bene per qualsiasi libro, sia di saggistica, sia di narrativa.
Personalmente sono contraria a questa tipologia di contratto, quindi all’epoca rifiutai tutte le proposte pervenute ben sapendo che nemmeno una di quelle “CE” aveva letto realmente il mio libro.
Circa un anno fa partecipai all’ennesimo concorso di racconti, dopo aver versato una quota iniziale di partecipazione di una decina di euro circa.
Morale della favola? Fui stranamente scelta per quell’antologia. Per qualche mese fui la persona più felice del mondo, poi la mia testa dovette sbattere su qualcosa di più duro delle morbide illusioni giovanili.
Dopo un anno circa, l’antologia fu ritirata dal mercato (non vi sto a spiegare il motivo, altrimenti l’articolo potrebbe non finire). Le quote previste come introito per l’autore non furono mai versate e dopo aver organizzato presentazioni (a cui l’editore non si presentò, seppur informato), rimase solo la delusione di essere stata presa in giro.
Per questo e per tanti altri motivi, decisi di auto-pubblicarmi.
Come dice giustamente Elisabetta Modena nei suoi articoli, auto-pubblicarsi non è una cosa da poco e richiede impegno, tanto impegno e una buona dose di tempo.
Ho fatto personalmente l’editing al mio manoscritto perché non ho soldi per affidarlo ad un’agenzia letteraria. Ovviamente qualche errore sfugge sempre e vi dico che ormai conosco ogni riga del mio romanzo a memoria.
Ho creato da sola la copertina del libro, l’ho impaginato per la stampa e l’ho inserito nelle piattaforme per la rivendita di ebook (Amazon e Narcissus) e per la stampa cartacea (CreateSpace).
Attualmente mi sto adoperando per fargli pubblicità. Dovete sapere che nessuno farà pubblicità al vostro romanzo se prima non siete voi stessi a interessarvi: è la cruda politica dell’autore esordiente.
Ho creato una pagina facebook per sponsorizzare il mio libro e per creare un po’ di curiosità nel lettore, ho inserito i primi capitoli da leggere gratuitamente, mi sono iscritta a gruppi e forum per farmi conoscere, ho inserito il romanzo nel catalogo di anobii, ho contattato almeno una trentina di blog, se non di più, uno per uno, tramite mail, per avvertirli della pubblicazione ed eventualmente per avere una recensione dagli interessati tramite un file pdf da me spedito. Da specificare che non tutti sono disposti a leggere formati pdf (giustamente spetta al singolo blogger la decisione), quindi o vi mettete l’anima in pace e rinunciate a un tot di recensioni oppure iniziate a stampare e spedire copie cartacee anche fra i blogger. A mio modesto parere diventerebbe un compito oneroso e dispendioso per un autore esordiente che non ha soldi da investire, soprattutto se è ancora uno studente, quindi resta l’unica scelta sensata: mettersi l’anima in pace e cercare altri canali. Vi posso garantire che basta cercare: per quanti blog troverete, ce ne saranno altrettanti che ancora non conoscete.
Potrei stare una giornata intera a parlarvi di come ho trascorso questi ultimi giorni, di come stia incollata allo schermo del computer controllando la posta elettronica ogni ora, rispondendo alle mail e scrivendo con i fan della mia pagina facebook.
Questo è il duro lavoro che deve fare chi vuole diventare editore di se stesso: devi editare, devi impaginare, devi diventare artista della tua copertina, devi venderlo e soprattutto devi saperlo promuovere.
Non so ancora dirvi se quest’esperienza sarà gratificante o deludente, ma sono convinta che per realizzare un sogno bisogna tentare ogni via, anche quella che sembra più insidiosa e complicata. Sto scoprendo a mie spese che realizzare un sogno può essere difficile, ma sono fiduciosa e continuo a combattere per realizzarlo.
Emma K. Clarke
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