Torno oggi sui temi intriganti della distopia per presentare un romanzo coinvolgente e dal buon ritmo, non privo di una ben riuscita vena romantica, emozionante senza essere sdolcinata o troppo centrale.
Si tratta di “Divergent” - pubblicato in Italia da De Agostini – opera prima dell’americana Veronica Roth, che grande successo ha raccolto in patria, tanto da aver già venduto i diritti cinematografici.
L’impianto narrativo è quello di un distopico classico: periodo storico non precisato ma di certo futuro, scenario che si desume post catastrofico, probabilmente post bellico.
Ed è proprio per bandire per sempre la guerra che la società umana è stata divisa in fazioni, ciascuna fondata su una virtù, considerata principale, alla quale i membri sono votati in tutto e per tutto.
Ci sono quindi gli Eruditi, che fanno della conoscenza la somma ragione di vita, gli Intrepidi, che hanno eletto il coraggio come dote alla quale votarsi, gli Abneganti, che seguono l’altruismo, i Candidi, dediti all’onestà e i Pacifici, che della non bellicosità e la pace tra gli adepti fanno tesoro.
Le cinque fazioni paiono sussistere in un equilibrio perfetto: il governo della città è affidato agli Abneganti, che prepongono gli interessi altrui ai propri, la difesa spetta agli Intrepidi, che non temono nulla, gli Eruditi hanno il compito di sviluppare i ritrovati scientifici necessari.
Inoltre i gruppi non sono pensati per essere del tutto rigidi: al compimento del sedicesimo anno di età ciascun ragazzo ha la possibilità di scegliere il clan cui dedicare la propria esistenza.
Può farlo liberamento oppure basandosi sul risultato di un test attitudinale, cui tutti vengono sottoposti.
Il cambio di fazione non è ben visto dal proprio gruppo di origine, seppure permesso e rispettato, e una volta effettuata la scelta non si può più tornare indietro, pena il confinamento nel rango negletto degli Esclusi, uomini che vivono in povertà, occupandosi dei lavori più umili ai margini della città. Stessa sorte è riservata a chi, una volta optato per una fazione, non riesca poi a superare le prove di iniziazione e l’addestramento richiesto.
In questo scenario Beatrice, nata Abnegante, si trova a dover compiere la scelta che condizionerà la sua vita.
A nulla pare valere, nel suo caso, il test attitudinale, che la rivela pericolosamente “divergente”, cioè senza una spiccata tendenza per un fazione piuttosto che un’altra, ma parimenti incline ad Abneganti, Eruditi ed Intrepidi.
Ed è proprio per questi ultimi che opta, attratta dallo stile di vita libero e dallo sprezzo del pericolo.
Ma le dure prove, molte rischiose per la vita stessa, cui deve sottoporsi per essere accettata nella fazione, rendono il suo ingresso nella nuova vita molto difficile. Oltre alle difficoltà fisiche e psicologiche dovute all’addestramento alla lotta e a quello teso al superamento delle paure, Beatrice, ribattezzata Tris, si troverà inserita in un nuovo gruppo, con nuovi amici e nuovi nemici, spesso spietati.
E come se non bastasse si scoprirà innamorata, suo malgrado, dell’affascinante istruttore, Quattro, misterioso e carismatico.
La storia d’amore tra i due non mancherà di strappare sospiri ai lettori, per la buona dose di romanticismo e tensione, e per il realistico inquadramento negli stati emotivi tipici dell’adolescenza.
La coraggiosa e intelligente giovanissima protagonista si ritroverà improvvisamente a crescere in un ambiente ostile e crudele, dovrà reagire velocemente alle difficoltà, mettersi alla prova costantemente e scegliere che tipo di persona diventare.
Capirà che per essere una persona completa non sarà sufficiente fare affidamento sulla forza e sullo sprezzo del pericolo, ma sarà necessario riconoscersi divergente, e cioè dotata di virtù varie e diverse, tutte da coltivare ed esaltare.
E il precipitare rapido degli eventi, la messa in discussione della stessa società delle fazioni, la minaccia di una nuova guerra causata dalla solita sete di potere, le richiederà di tirare in ballo proficuamente tutte le sue risorse per difendere i suoi cari e i suoi valori.
Un romanzo accattivate, abbastanza serrato, ben congegnato e costruito, che, essendo principio di trilogia, lascia aperte porte e interrogativi che, immagino, verranno ripresi nei libri seguenti.
Come ogni buon distopico che si rispetti, la trama avventurosa e claustrofobica si mescola a spunti di riflessione, non troppo invadenti, su aspetti sociali, politici, temi legati alla psicologia umana, alle dinamiche di gruppo, al controllo delle masse e al potere.
In un certo senso – e in questo concordo con la quarta di copertina – “Divergent” può essere inteso anche come una metafora dell’età adolescenziale, periodo nel quale è necessario allontanarsi dai principi della propria famiglia di origine, saperli mettere in discussione senza rinnegare l’amore e superando il senso di colpa che ne scaturisce, abbracciare un proprio modo di vivere e di intendere la realtà, seguire le proprie aspirazioni anche quando pare difficile e doloroso, saper riconoscere e accettare l’amore, scegliere e individuare gli amici, decidere da che parte stare anche se consci di andare in direzione contraria al branco, sapendolo abbandonare, se è necessario, anche quando appare rassicurante.
Tris passa dalla protezione della famiglia alla protezione della nuova fazione, ma, riconoscendosi come essere complesso e pensante, e non riconducibile ad un inquadramento predefinito, sceglie di andare oltre e di restare senza difesa alcuna di fronte ad un mondo nuovo, sconosciuto e probabilmente da ricostruire.
(età consigliata: dai 13 anni)
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