A proposito di qualche divergenza fra Moishe Postone e la "Wertkritik"
di Clément Homs
Anche se Moishe Postone non appartiene propriamente al movimento della "Wertkritik (Critica del Valore) - ci si può perfino domandare se egli si riconosca in tale definizione - da cui dev'essere chiaramente distinto (NdT: Come il marxista tedesco Michael Heinrich, che riprende il termine di "critica del valore" ma che, come tutta la teoria borghese, continua a fare del lavoro astratto una categoria della circolazione), bisogna precisare che ciò che caratterizza tale movimento è una rottura in seno alla teoria marxiana del capitale (ovvero, una rottura più a monte di quella in seno alla teoria della rivoluzione, così come la si ritrova nel movimento della "comunizzazione"), rottura operata a partire dalla fine degli anni 1980 dai gruppi tedeschi, prima "Krisis", poi "Exit!", e dal movimento militante rivoluzionario che intorno a questi gruppi gravita, in Europa e nell'America del sud. La "Wertkritik" è dunque una denominazione specificamente tedesca, cui Postone è del tutto estraneo. Tuttavia, quest'autore ha proposto, nella sua opera principale, "Tempo, lavoro e dominazione sociale" prime, e poi in una sua raccolta di articoli, recentemente pubblicata, "Critica del feticcio-Capitale", una reinterpretazione della teoria di Marx (citati da Jappe nel suo "Con Marx, contro il lavoro") in parte parallela, su numerosi punti, a quella di quegli autori tedeschi ed austriaci i quali costituiscono più un movimento - con le sue scissioni e le sue polemiche interne - che una corrente omogenea: Robert Kurz, Roswitha Scholz, Norbert Trenkle, Ernst Lohoff, Peter Klein, Anselm Jappe, Claus Peter Ortlieb, Karl-Heinz Lewed, Franz Schandl, Justin Monday, Gérard Briche, Christian Höner, Peter Samol, ecc. Bisogna perciò subito premettere che le divergenze di sequito discusse non sono distribuite sempre equamente fra tutti questi autori. Malgrado ciò, queste due rifondazioni teorico/analitiche della critica marxiana dell'economia politica, da una parte e dall'altra dell'Atlantico, sono rimaste parallele, nel senso che le influenze reciproche sono state minime. Tra il 1987 ed il 1993, il gruppo Krisis, prima conosciuto come "Critica Marxista", aveva già elaborato i propri fondamenti teorici, infrangendo uno dopo l'altro tutti gli idoli del marxismo tradizionale in diversi articoli fondativi (sulla centralità del proletariato, sulla figura del "soggetto rivoluzionario", sulla lotta di classe, sull'ontologia positiva del lavoro, sulla specificità storica, e non più trans-storica del valore e della legge del valore, ecc.), quando i tedeschi vengono a conoscenza del libro di Postone, "Tempo, lavoro e dominazione sociale", pubblicato negli Stati Uniti nel 1993. Va considerato che la prima opera fondativa di riferimento, ritenuta ancora oggi un po' come l'atto di nascita della "Wertkritik" in Germania, con una tiratura di oltre ventimila copie e con un notevole eco internazionale, soprattutto in Brasile, rimane il best-seller di Robert Kurz, "Der Kollaps der Modernisierung. Vom Zusammenbruch des Kasernensozialismus zur Krise der Weltökonomie"(Il crollo della modernizzazione: dal crollo del socialismo da caserma alla crisi dell'economia mondiale). Il rapporto con Postone è dunque esterno alla loro propria teorizzazione, e da parte tedesca non c'è stata alcuna ispirazione a partire dalla sua lettura, che se a volte viene citata, non fonda mai niente. Ci sono tuttavia dei punti di contatto con Postone, e il gruppo Krisis ha cercato di farne conoscere in Germania l'opera, pubblicando per esempio sul proprio sito delle traduzioni, tanto che Norbert Trenkle è stato uno dei traduttori dell'edizione tedesca del libro di Postone, apparsa solo nel 2010. Nonostante un incontro internazionale, organizzato in Brasile all'inizio degli anni 2000, con Kurz, Scholz, Postone, Jappe, ecc., ed un incontro francese, con Postone a Lille nel novembre 2009, ed eccetto qualche corrispondenza privata, non sono mai state realizzate delle vere e proprie discussioni di fondo, e la Wertkritik si è sempre distinta, sotto numerosi aspetti, dal pensiero di Postone. Certo, da una parte, i tedeschi, soprattutto Kurz, per molto tempo hanno risparmiato le critiche nei confronti di Postone, non volendo polemizzare con un autore rispetto al quale si sentivano vicini per certi aspetti, senza mai però rivendicarlo a sé. Il movimento multiforme Wertkritik si è sempre caratterizzato per il fatto di non aver mai rivendicato alcuna filiazione teorica (Scuola di Francoforte, Lukacs, Estrema sinistra o altro) e si può perfino dire che il riferimento al "Marx esoterico" si riduce al minimo negli ultimi scritti di Kurz, soprattutto in "Denaro senza valore" (2012). D'altra parte, però, si potrebbe anche pensare che Postone, che oggi è avanti cogli anni, non è mai stato un polemista né ha mai cercato di impegnarsi in una discussione di fondo con la tumultuosa, apertamente polemica ed anti-universitaria, "Critica del Valore" tedesca. Nonostante il suo costante interesse per quello che viene pubblicato su Krisis ed Exit!, ed il suo omaggio all'opera di Robert Kurz, nel corso di un'intervista con la rivista spagnola "Constelaciones", nel 2012, Postone non ha ancora cercato di rispondere alle critiche che negli ultimi anni gli sono state fatte da Kurz e da Lohoff, per esempio. Bisogna però prendere nota delle divergenze che ha manifestato con il movimento Wertkritik, e soprattutto con Kurz:
« Non sono d'accordo con il modo in cui Kurz pone il problema della crisi, quando afferma che, o si sostiene che il capitalismo crollerà, oppure si sostiene che può continuare all'infinito. Non condivido questo punto di vista che trovo fortemente dicotomico. Penso che il mio lavoro lasci aperta la questione. Credo anche che il mio lavoro si interessi più alle questioni di ideologie, di soggettività e di coscienza, di quanto faccia quelllo di Kurz ».
Dice, in sostanza, che Kurz non cerca di comprendere, specialmente, i mutamenti che si producono a livello di soggettività in rapporto ai cambiamenti che si producono nel capitale stesso. A proposito del suo lavoro sull'anti-semitismo, nel corso dell'intervista a Constelaciones, Postone afferma anche che: « Krisis ed Exit! non si occupano quanto me delle questioni di soggettività e di feticismo.» Per quanto, analisi su tali questioni siano state sviluppate, particolarmente fra gli anni 2000 e 2010, sulle riviste Krisis ed Exit!.
Le divergenze fra Postone ed il gruppo tedesco sono approssimativamente di quattro tipi, che affrontiamo in modo non esaustivo.
1 - Differenza di stile e di prospettive
Una prima divergenza di forma che salta agli occhi, è lo stile assai diverso che prende la formulazione della teoria critica della sintesi sociale capitalista: Postone è un universitario, e se non ha mai mancato di portare critiche serie, e senza concessioni, a numerosi autori (contro Lukacs, Derrida, Pollock, Horkheimer, Habermas, David Harvey, Giovanni Arrighi, ecc.), la sua critica, sotto numerosi aspetti, guarda sempre al dibattito accademico senza mai cercare la polemica virulenta; il ramo tedesco, al contrario, è sempre stato violentemente anti-universitario, privilegiando la polemica virulenta, perfino irrispettosa ed oltraggiosa, nei confronti delle correnti marxiste tradizionali, post-moderni, francofortesi e borghesi. Kurz, quando cita o studia un autore, è sempre al solo fine di "regolare i conti con qualche bastardo" (l'ultimo è stato il marxista tedesco Michael Heinrich in "Denaro senza valore", nel 2012, la cui critica serve solo di pretesto per uno sviluppo teorico proprio). A partire dall'inizio degli anni 2000, la pratica di intervento pubblico di Krisis, attraverso il "Manifesto contro il lavoro", le raccolte come "Le Lundi au soleil: Onze attaques contre le travail" oppure "Dead Men Working", le numerose cronache di Kurz sulla stampa, o ancora i testi a tesi (come quelli di Trenkle in "Critique de l'Aufklärung : 8 thèses") discostano fortemente i tedeschi da Postone, in questo loro sforzo di istillare dappertutto un po' di veleno critico, diventando all'occasione polemisti. I gruppi tedeschi (il cui nucleo nasce nell'ambiente radicale di Norimberga) si sono sempre dati come orizzonte la rivoluzione, la radicalizzazione e l'intervento pratico nell'ambiente della sinistra presunta "radicale". Mentre Postone non ha mai scritto fino ad oggi alcun testo su questo problema, a parte un breve paragrafo problematico intitolato "Il regno della necessità" in "Tempo, lavoro e dominazione sociale", nel quale riprende alcuni aspetti di Marx sulla questione del post-capitalismo. Egli ha sempre abbozzato, nelle interviste, solo vaghe prospettive di transizione, che corrispondono a riforme graduali che procedono verso un punto d'arrivo lontano (pensa che oggi non ci troviamo affatto in un periodo rivoluzionario) di una rivoluzione intesa come abolizione delle classi, del lavoro, del valore e del denaro. Ugualmente, in "Tempo, lavoro e dominazione sociale", traccia le condizioni della possibilità storica di un superamento della forma di vita capitalista, in modo assolutamente tradizionale (e, quanto meno, discutibile) come una possibilità permessa dalle contraddizioni crescenti del capitalismo. Le briciole di prospettiva, evocate da Postone a partire dalla sua ricostruzione personale della teoria marxiana del capitale, non sono assolutamente "la tazza di té" della Wertkritik, come aveva nettamente affermato il Manifesto contro il Lavoro (che parla di vasto movimento antipolitico di appropriazione extra-parlamentare. di costruzione di una contro-società. di abolizione del lavoro, ecc.). In Germania, le riviste teoriche (e i seminari interni) costituiscono, da un lato, degli approfondimenti teorici mentre, dall'altro lato, i testi a tesi, i manifesti, le cronache di stampa, come i circoli pubblici di lettura, costituiscono la forma assunta dall'intervento pubblico della critica. Tuttavia, la sequenza "interventista" del gruppo Krisis intorno al 2000, ha portato a forti tensioni interne, e questa questione di strategia d'intervento è stato uno degli elementi della scissione del 2004, la più importante. Le persone che hanno seguito Kurz nella rivista Exit!pensavano che si dovesse diffidare di tutta l'ideologia movimentista e che la teoria critica radicale non dovesse diventare un distributore automatico di soluzioni chiavi in mano, fornite insieme ad un servizio post-vendita rivoluzionario. In quell'inizio del XXI secolo, il periodo non era assolutamente rivoluzionario, e nemmeno pre-rivoluzionario, bisognava soprattutto approfondire teoricamente e radicalizzare ancora di più la "Wertabspaltungkritik" (Critica della dissociazione-valore); mentre le persone che erano rimaste in Krisis, a partire dal 2004, pensavano che comunque la rottura nella teoria del capitale era già stata raggiunta negli anni 1990, il lavoro teorico era stato fatto al di là del marxismo eterodosso che non avrebbe mai potuto rompere del tutto con il marxismo tradizionale (luckaciani, bordighisti, consiliaristi, post-estrema sinistra), non si trattava più di continuare a radicalizzare la teoria ed approfondirla ma, ai loro occhi, bisognava lavorare per diffonderla e per radicalizzare tutti i movimenti che si pretendevano "rivoluzionari".
2 - Postone e la questione del doppio Marx
Una seconda divergenza attiene alla reinterpretazione, fatta da Postone, dell'opera del Marx maturo. I tedeschi non hanno mai accettato la pretesa che aveva Postone di presentare un vero Marx, un Marx "raddrizzato", un Marx riscoperto, un Marx alla fine rivelato. Come se le diverse correnti marxiste non avessero capito niente di Marx. Per i tedeschi, la formula trita e ritrita secondo cui Marx non sarebbe mai stato marxista, non era del tutto esatta o, almeno, era troppo caricaturale. Agli occhi della Critica del Valore, il marxismo tradizionale ha interpretato molto bene Marx, ma ha solamente interpretato - ed è questo ciò che è fondamentale - una linea argomentativa in seno all'opera di Marx, quella che oggi è la meno pertinente. Non si tratta dunque di salvare Marx dal marxismo tradizionale, ma piuttosto di affermare la presenza di un "Doppio Marx", ciò a dire di due linee contraddittorie di argomentazione che sono però completamente aggrovigliate fra loro. Non si può perciò postulare alcuna "rottura epistemologica", nessuna opposizione fra un giovane Marx umanista ed un vecchio Marx scientifico, ecc. Il marxismo tradizionale non è mai stato un tradimento del pensiero di Marx (tesi classica del marxismo critico ed eterodosso), ma è stato piuttosto una lettura parziale ed un'interpretazione incompleta. La distinzione in questo doppio Marx (o Marx-Giano, come dice Kurz) tra un Marx esoterico ed un Marx essoterico - il primo ad aver fatto questa distinzione è stato Stefan Breuer in "Krise der Revolutions theorie. Negative Vergesellschaftung und Arbeitsmetaphysik bei Herbert Marcuse" (Frankfurt/Main, 1977), poi ripresa dalla "Neue Marx-Lekture", fondata da alcuni allievi di Adorno: Helmut Reichelt e Hans-Georg Backhaus - rende esplicita la presenza di queste due linee argomentative totalmente intrecciate nel pensiero di Marx (ben intrecciate sia nella sua opera giovanile che nella sua opera matura, e perfino dentro una sola stessa frase in modo assolutamente non cosciente, e questo scontro fra linee argomentative portava lo stesso Marx a numerose contraddizioni metodologiche, per esempio).
Mi sembra che, qui, Postone abbia aggiunto dell'acqua al suo vino, soprattutto negli ultimi anni. Pur non riprendendo questa distinzione riguardo ad un "doppio Marx", all'epoca della redazione del suo "Tempo, lavoro e dominazione sociale", nelle interviste alla fine degli anni 2000, sembra accettare esplicitamente l'idea che non è presente nel suo libro, dal momento che afferma di non aver capito, nella sua formulazione teorica, le numerose contraddizioni nel pensiero di Marx, e che la teoria del "doppio Marx" cerca giustamente di spiegare. D'altra parte, sempre nella relazione di Postone con Marx, sembra che le posizioni rispetto alla Wertkritik si avvicinino quando ci mostra gli errori della prima generazione della Scuola di Francoforte, e di ben altri autori di quel periodo, argomentando, a proposito del capitalismo post-liberale, che non bisogna assolutamente confondere il capitalismo con le sue configurazioni storiche, cosa che fa intraprendere sistematicamente una riflessione troppo superficiale incapace di risalire al livello del nocciolo e della dinamica immanente al capitalismo. Si sa, Postone distingue accuratamente il nucleo dinamico e contraddittorio del capitalismo dalle sue traiettorie, così come avvengono nelle differenti configurazioni storiche del XIX e del XX secolo. E quest'aspetto è molto più esplicito nel Postone degli anni 2000, il quale si concentra sulla teoria di queste differenti configurazioni storiche. Ora, la distinzione fra un Marx essoterico ed un Marx esoterico, fatta dal ramo tedesco, cade a fagiolo: il primo Marx (quello del marxismo tradizionale) servirebbe solo a descrivere la configurazione storica del XIX secolo, ed il marxismo tradizionale ha assimilato totalmente il capitalismo a questa configurazione liberale incentrata sul mercato e sulla proprietà privata; mentre il secondo Marx sarebbe quello che ha cominciato, esclusivamente, ad aggredire il vero nocciolo del capitalismo, a prescindere dalla sua configurazione storica particolare. Ciò a dire il Marx a tutt'oggi pertinente, quello che critica l'economia politica in sé, a livello della critica categoriale delle forme/categorie sociali di base della forma di vita capitalista - lavoro, valore, denaro, merce e Stato (categorie storiche e negative nel pensiero del Marx esoterico che il positivismo marxista non ha cessato di ontologizzare) - e a prescindere da quale che sia la configurazione storica, centrata sul mercato o centrata sullo Stato. E' stata questa la contraddizione interna alla reinterpretazione teorica di Postone: affermare al contempo la distinzione fra livello fondamentale di nucleo e di dinamica - che tratta il Marx della critica delle forme/categoria - e livello delle differenti configurazioni storiche (che Postone non studia ancora nella sua prima opera, lasciando solo intendere che la sua reinterpretazione permetterà nel suo lavoro a venire di pensare tali configurazioni), dicendo che bisognava "raddrizzare" la teoria marxiana contenuta nel Capitale, senza saper vedere che, giustamente, il marxismo tradizionale potesse invece costituire una buona comprensione della configurazione liberale del capitalismo del XIX secolo. Ma oggi è proprio questa contraddizione che sembra trovarsi soprattutto nei suoi testi come "La théorie critique et le XXe siècle" o "Histoire et impuissance. Mobilisation de masse et formes contemporaines d'anticapitalisme" (entrambi in "Critique du Fétiche-capital").
3 - Postone e l'assenza di una teoria della crisi
Un'altra divergenza maggiore, è l'assenza in Postone di una teoria della crisi interna al capitalismo. Recentemente, mentre Kurz aveva un po' risparmiato Postone su questo aspetto, trattenendosi dal fare una polemica con lui, Ernst Lohoff nel suo articolo "Auf Selbstzerstörung programmiert", apparso su Krisis 2/2013, prova a sistematizzare questa critica a Postone. Ai suoi occhi costituisce un'incoerenza, perché la teoria di Postone dovrebbe portare logicamente ad una teoria della crisi. Sappiamo come il primo livello fondamentale del nucleo della dinamica immanente al capitalismo sia costituita da quella che Postone chiama "Treadmill effect" (che può essere tradotto come "tapis roulant" o "ruota per criceti"), ciò a dire la determinazione mutualmente reciproca delle due facce del lavoro nel processo di produzione, che ha come effetto principale il fatto che l'aumento della produttività ridefinisce costantemente la temporalità del processo di valorizzazione: l'ora sociale di lavoro viene permanentemente ridefinita dai nuovi standard generali di produttività. In questa folle corsa del capitale dietro a sé stesso - dove il lavoro non è mai stato un mezzo ma il fine tautologico del capitalismo - bisogna produrre sempre più merci per poter riuscire a rappresentare la stessa massa di valore. A livello di impresa, per evitare la riduzione della massa del lavoro particolare, bisogna aumentare permanentemente la massa di merci prodotte. Ma, nota giustamente Lohoff, Postone non si pone per niente la questione di sapere se si possa superare o meno una certa soglia, dove la compensazione, che questo meccanismo attua nei confronti della riduzione della massa particolare di valore, non sia più possibile. Krisis ed Exit! pensano giustamente che la natura e la traiettoria della dinamica del capitale sono inscritte nelle sue forme di base, e la sostituzione necessaria del lavoro vivente con la tecnologia continua a far diminuire la creazione del valore. Con la terza rivoluzione industriale della micro-elettronica, si è superata questa soglia che ha reso oramai obsoleto il meccanismo principale di compensazione. Postone, citando il famoso passaggio dei Grundrisse sul crollo del capitalismo a causa della tecnologia di produzione, non si pone la questione di un limite al meccanismo della compensazione, qualora la sostituzione del lavoro vivente oltrepassi una soglia critica. Circa la ridefinizione continua dell'ora sociale di lavoro, Postone trae conclusioni troppo limitate. Viene evocata una conseguenza politica di tale diminuzione del lavoro vivente: l'apertura di una contraddizione tra il lavoro che la società continua a chiedere agli individui e la possibilità di una società liberata dal lavoro (la sua teoria dell'emancipazione si trova inscritta dentro questa contraddizione crescente del capitalismo). Per Postone, questa contraddizione creata dalla dinamica del capitale, dovrebbe solamente spingere i soggetti del capitalismo a prendere coscienza del fatto che bisogna abolire il lavoro in quanto mediazione sociale (evoca qui, il concetto assai classico, presso gli ambiti radicali degli anni 1970, dell'auto-abolizione del proletariato, ad esempio). Agli occhi di Lohoff, il potenziale di crisi scritto dentro la logica del "tapis roulant", nel cuore della dinamica del capitale, viene totalmente evitato da Postone. La teoria di Postone si ferma in qualche modo a mezza strada. Secondo Lohoff, dobbiamo andare più lontano di Postone nello storicizzare le categorie/forme fondamentali del capitalismo. Dal momento che non è solo la misura del valore (quanto ne viene prodotto in un'ora sociale?) ad essere soggetto ad un'evoluzione dinamica, ma lo è anche la massa del valore, della sostanza del valore, che dev'essere intesa anch'essa all'interno di una traiettoria, e non in maniera statica. La parte di lavoro vivente che crea il valore si restringe sempre più. Anche se si constata un'espansione della massa dei lavoratori, il lavoro produttivo (in senso marxiano) mantiene la tendenza a diminuire a causa dell'espansione continua delle spese straordinarie, soprattutto delle attività dello Stato, che non sono produttive di valore; cosa che induce una diminuzione della massa totale del valore a livello globale. Nel Postone della teoria dell'evoluzione, non si trova traccia di questa massa totale di valore. Quando Postone cerca di trarre le conclusioni della sua riformulazione teorica, queste sono troppo piattamente politiche e del tutto formulate nei termini della critica dell'ideologia, della critica dell'antisemitismo, della critica dei limiti della democrazie, ecc. Tutte queste prospettive vengono viste in maniera del tutto statica e non hanno alcun rapporto con la teoria della dinamica che le fonda. Le considerazioni in termini di azione rivoluzionaria avvengono quindi in un registro del tutto tradizionale rispetto al marxismo. Per Lohoff, Postone non riesce a legare l'alta teoria che ha elaborato in "Tempo, lavoro e dominazione sociale" ai fenomeni più concreti dell'evoluzione contemporanea del mondo capitalista, così come si sono svolti negli ultimi anni. Manca in Postone la capacità di passare dal più astratto al più concreto, perfino a livello empirico (cosa che Kurz invece sapeva fare magistralmente), proprio perché gli manca una potente teoria della crisi interna al capitalismo.
4 - Kurz contro Postone: il lavoro astratto
Un altro punto di rilievo (sicuramente il più importante di questi quattro punti), ma che qui richiamerò solo in modo lapidario, attiene alla divergenza centrale tra Kurz e Postone circa la natura del lavoro astratto, la sostanza del capitale. Nel suo articolo, "La sostanza del capitale" (apparso in due parti, nel 1° e nel 2° numero della rivista Exit!, nel 2004 e nel 2005; articolo dove tutta una polemica con Roubine, Postone, Heinrich, ecc., viene svolta sulla questione della nuova teoria sostanzialista - kurziana - del capitale), Robert Kurz rimprovera a Postone una certa incoerenza quando questi afferma che è nella sfera della produzione che una merce assume immediatamente l'oggettività del valore; facendo così del "lavoro astratto" una semplice categoria sociale che non avrebbe alcuna "base naturale". Per Kurz, Postone non riesce ad andare più lontano nemmeno quando definisce il lavoro astratto come la "funzione socialmente mediatrice del lavoro" nei rapporti sociali capitalisti. In questo modo lascia supporre che il lavoro esisteva prima, ed esisterà dopo il capitalismo. Per Kurz, il lavoro astratto non è solo una costruzione sociale. Ai suoi occhi, certo, è anche un fatto sociale, nel capitalismo, ma è un fatto che si costituisce sulla sua "base reale" di essere una spesa indifferenziata di energia umana. E questa questione del lavoro astratto non è affatto una cosa senza importanza ma, al contrario, è proprio essa a spiegare l'assenza, in Postone, di una teoria della crisi.
Clément Homs
Février 2014
fonte: Critique radicale de le valeur