Meghan Mulhearn è una cantante, violinista e compositrice che abbiamo già avuto modo di conoscere grazie alla sua presenza in formazione con USX, The Judas Horse, Lunar Creature e altre ancora. Con Oblivion Songs torna in azione in veste solista e offre all’ascoltatore cinque brani in cui voce e strumenti costruiscono una tela di suoni eterei e ricchi di pathos, figli di una scrittura cangiante, mai stucchevole o marcatamente piaciona. Al contrario, sembra che la Mulhearn abbia voluto sondare in solitaria le potenzialità del connubio voce/violino, cui accostare di volta in volta ambientazioni folk, ambient, sperimentali e avantgarde senza soluzione di continuità o schemi pre-costituiti. Non mancano i rimandi alle atmosfere degli USX, ma ciò sembra più dovuto al tocco personale della violinista che non a una reale affinità compositiva, in quanto il progetto Divine Circles risulta decisamente più intimista e personale, quasi un banco di prova per la propria creatività senza dover rispondere o interagire con altri compagni di viaggio. Da sottolineare un brano come “Midwest”, in cui le varie anime del progetto sembrano confluire e in cui si avverte un’energia altrove lasciata sottotraccia, probabilmente uno dei momenti più riusciti dell’album anche grazie all’incalzare ritmico che dona al tutto un sapore quasi rituale/tribale. Registrato da Travis Kammeyer (A Storm Of Light, USX, Generation Of Vipers…), col master affidato a James Plotkin, Oblivion Songs rappresenta un ottimo modo per far la conoscenza con un’artista che con il suo tocco peculiare ha saputo aggiungere la sua firma a più di un disco di cui ci siamo occupati e che ha saputo attrarre la nostra attenzione in passato. Consigliato ai curiosi e a chiunque ami la musica in grado di evocare immagini suggestive ed emozioni in note, anche perché qui auto-compiacimento e voglia di strafare vengono tenuti a bada e non prendono mai il sopravvento sui brani.
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