Divinity: Original Sin – Recensione

Da Videogiochi @ZGiochi
Recensione del 29/08/2014

PC TESTATO SU
PC

Genere: Gioco di Ruolo

Sviluppatore: Larian Studios

Produttore: Larian Studios

Distributore: Digitale

Lingua: Inglese

Giocatori: 4

Data di uscita: 20/06/2014

VISITA LA SCHEDA DI Divinity: Original Sin

Gameplay e combat system La presenza della sola lingua inglese potrebbe compromettere l'esperienza di alcuni

Immenso, difficile e potenzialmente infinito

Qualità dei comparti tecnici

Uno dei generi più amati dai videogiocatori con qualche anno in più sulle spalle è anche quello per cui il web si intasa di considerazioni profonde e costruttive, altrettanto spesso inutili e deleterie, sull’evoluzione del genere, che in molti dei recenti casi è stata vista – soprattutto dai giocatori non occasionali – come una vera e propria involuzione, dettata da tempistiche di sviluppo sempre più ristrette, publisher dannosi per il media in sé, conversioni destinate al mercato console non in linea coi tempi e coi prezzi di lancio. Sì, se non fosse ancora chiaro stiamo parlando dei giochi di ruolo, che da soli basterebbero ad impegnare la vita videoludica di ciascuno di noi. Non è un caso se uno dei generi che non ha mai trovato intoppi davanti al suo percorso, nel senso che non ha mai vissuto periodi bui e complicati, suscitando disinteresse, come avvenne per qualche anno con le avventure grafiche, sia proprio questo; tuttavia, la lenta e graduale svolta verso un mondo videoludico aperto a tutti, pieno zeppo di giochi fotocopia, sportivi vittima del loro target di riferimento, sparatutto insipidi e indirizzati esclusivamente alla mattanza online, ha intaccato anche un po’ della credibilità degli RPG, soprattutto agli occhi di chi, appassionato senza mezze misure e con qualche anno in più di esperienza, ha visto anno dopo anno calare la qualità degli esponenti immessi sul mercato, sia per contenuti che per difficoltà, con le dovute eccezioni, naturalmente.

Ecco quindi tornare in rampa di lancio Larian Studios, sviluppatore belga che i più cresciuti ricorderanno soprattutto per Divine Divinity del 2002, recentemente rimasterizzato per aprirsi alla compatibilità con Windows 7 e a grafiche più dettagliate e di maggiore risoluzione, che ha sfruttato in maniera esemplare Kickstarter per dare vita a quella che, come analizzeremo ma lo diciamo fin da ora, è una piccola perla del Videogioco, la cui presenza sul vostro hard disk è destinata a durare a lungo: Divinity: Original Sin!

LA TRADIZIONE COME BELLEZZA DA CONSERVARE

Il ritorno della serie Divinity non poteva avvenire in maniera banale, non poteva stravolgere anni ed anni di sviluppo attraverso una formula di gioco che ha appassionato tanti, piuttosto, era lecito aspettarsi – e così è stato – il ritorno dell’anima hardcore che negli anni è andata via via sbiadendosi in molti degli altri esponenti del genere. Divinity: Original Sin è proprio questo, la summa delle complesse e profonde variabili che hanno mantenuto in vita i giochi di ruolo d’un tempo, tempestata da particolarità quali una visuale isometrica, un gameplay elettrizzante e i combattimenti a turni, dialoghi mai banali e un credibile sistema di scelte e conseguenze, quindi personaggi, storia e sviluppo profondi, all’interno di un mondo molto interattivo, open world e pieno zeppo di personaggi, quest, oggetti e quantità industriali di loot. Partiamo proprio dalla trama, uno degli aspetti iniziali più importanti in un RPG: giunti nella città di Cyseal, per indagare sulla morte di un funzionario, quello che inizialmente sembrerebbe essere un semplice obiettivo, presto aprirà le porte ad una sequela di eventi grazie ai quali orde di orchi, intrighi, misteri e magie rendono lo sviluppo della storia – e la cooperazione tra i due personaggi di gioco principali – interessante e assuefacente, anche grazie alla varietà e all’ottimo numero di quest primarie e secondarie, che non si concedono alla ripetitività solitamente molto diffusa in titoli ruolistici molto longevi. Un evolversi di situazioni e avvenimenti che tengono incollati sullo schermo almeno una ottantina di ore, alle quali vanno sommate eventuali tornate in cooperativa fino a due giocatori sia in locale che online (con una recente mod è possibile anche il gioco fino a 4 player, NdR) e la possibilità di cimentarsi con l’ottimo editor, che permette di creare e aggiungere nuovi contenuti, ed eventualmente di condividerli col resto del mondo.

L’importanza per i dettagli risulta evidente fin dalle prime battute, ossia quando si è chiamati a creare il proprio personaggio, anzi due, considerando che il titolo ha due protagonisti e per questo si presta decisamente bene a tornate in coppia, come detto poc’anzi. Compiute le scelte a livello estetico e di sesso, l’attenzione andrà posta sull’importante selezione delle classi che vanno dai più classici Wizard, Rogue, Cleric e Fighter, ad altre più originali, come può essere lo Shadowblade che sfrutta le ombre, o lo Swordmage che, come dal nome, usa la spada e non disprezza affatto la magia, o il Wayfarer. Non pensate che sia finita qui però, perché la profondità ruolistica del gioco spicca anche grazie alla personalizzazione delle tre skill e delle statistiche in fase di creazione del PG, cosa che amplia sostanzialmente la rigiocabilità qualora si volessero mettere alla prova più classi sul campo di battaglia, ma soprattutto le possibilità di creare un avatar che rispecchi appieno la nostra volontà, tra le interminabili combinazioni possibili. Lo sviluppo dell’alter-ego, quindi, assume un ruolo centrale, tanto quanto quello che è lo sviluppo della trama, anzi, questi due fattori sono fortemente collegati tra di loro. Attraverso l’evoluzione dei fatti, potrà essere influenzata in una maniera, piuttosto che in un’altra, il carattere dei personaggi e qui entrano in gioco le infinite linee di dialogo, tramite cui interagire col prossimo o accettare offerte e quest, tanto da diventare arma tagliente in nostro possesso, per risolvere in maniera produttiva e pacifica, o distruttiva e mortale, alcune questioni: si va dall’alleanza con altri personaggi a scontri verbali e non solo, cosa che rende importante ogni dialogo e particolare, come se ogni componente fosse riconducibile ad un pezzo che alla fine va a comporre un enorme e grosso puzzle.

ESPLORAZIONE E BOTTE DA ORBI

Superata questa fase si viene catapultati nell’azione vera e propria, e le sensazioni sono quelle di trovarsi all’interno di un videogioco immenso e ben strutturato, cucito perfettamente dentro un mondo vario e spettacolare, tanto da riuscire a farsi esplorare in lungo e in largo senza che giunga la noia. Un ambiente che stimola l’esplorazione, proprio perché è la cura maniacale nei dettagli ad emergere ora dopo ora, e l’interazione concessa è talmente vasta quasi da spaventare: barili, cacce al tesoro, strani mausolei, accessi segreti, casse, bottini, a volte indispensabili, altre che ci impediranno l’accesso in determinate aree (quindi andranno spostati), scrigni e trappole d’ogni tipo, disseminate un po’ ovunque, a cui prestare attenzione perché potrebbero essere esplosive… È questo che dà vita al gioco in sé, che fa partire la prima scintilla di piacere nei confronti di Divinity: Original Sin, evidenziando così l’utilità delle statistiche grazie alle quali potremo, ad esempio, percepire il pericolo delle trappole di cui sopra, e questo si riflette nel gameplay vero e proprio, nelle quest, nei compiti da portare a termine. Non è un caso banale quello che ci vedrà spesso impegnati nell’uso di elementi naturali quali acqua e fuoco (a tal proposito, fin da subito potrete portare a termine una quest riguardante una imbarcazione che va a fuoco, NdR), combinare i loro effetti per risolvere situazioni delle più disparate, che vanno così a riempire la walkthrough affiancandosi ai dialoghi, all’esplorazione stessa, per comporre un mix succulento di sensazioni e gameplay, prima di aprire le porte all’anima spiccatamente hardcore dell’intera produzione che emerge soprattutto nei combattimenti.

Come lo apprezzammo in Blackguards, altro gioco di ruolo pensato appositamente per hardcore gamer e proprio per questo un po’ disprezzato dalle schiere di giovani videogiocatori dai gusti sempre più scontati e poco interessanti nel mettersi davvero in gioco per misurare le proprie abilità tattico-strategiche, il combat system di Divinity: Original Sin è di quelli solidi, su cui poter costruire tonnellate e tonnellate di altri videogiochi, senza mai sentire la mancanza di qualcosa, o il desiderio di pretendere qualcosa di diverso. Dire che rappresenta il nucleo principale del titolo non è affatto sbagliato, di fatto tramite un sistema di combattimento a turni si ottengono scontri sempre interessanti, in cui la pianificazione strategica è importante in relazione al numero di Action Point (AP) a nostra disposizione. Grazie a questi sarà possibile muoversi, eseguire attacchi o usare abilità particolari, tutti caratterizzati da un tempo specifico di cooldown e una quantità di action point richiesti, punti che ad ogni turno andranno a ricaricarsi; un sistema che tanto ricorda gli esponenti d’un tempo, senza però rinunciare a qualche elemento più moderno. Andrà prestata attenzione alla posizione in cui ci si trova, alla linea di tiro nemica, al fatto che per realizzare attacchi molteplici ci sia il bisogno di trovarsi nel bel mezzo dell’azione, che invece non è affatto richiesto qualora si optasse per attacchi dalla distanza, potendo inoltre approfittare di manovre evasive o di accerchiamento per infliggere maggior danno, o subirlo, di conseguenza. Si aggiungono trappole o elementi ambientali utili nei combattimenti più difficili, quelli nei quali al vantaggio numerico del nemico si aggiungono avversari dal livello più elevato del solito; non è un caso se, spesso e volentieri, nei loro paraggi si trovino barili con liquido infiammabile o che si possa ricorrere all’uso della magia e degli incantesimi per rallentare la forza distruttiva e il potere di attacco/difesa dell’avversario. Questi, sia chiaro, vogliono essere soltanto degli esempi riguardo le reali e molteplici possibilità offerte in-game, vi basti pensare che il numero di abilità si aggira attorno alle duecento unità, ragion per cui ogni scontro si presta a metodi di attacco dalla varietà assoluta. Detto ciò, le fasi a turni potrebbero rivelarsi un pelino più difficili del solito se non si è abituati a questa tipologia di combat system, ma una interfaccia che più intuitiva non si può, aiuta a capire al meglio come muovere i primi passi e il resto è una naturale conseguenza dell’immedesimazione acquisita e della abilità tattiche di ognuno. Anche le fasi di movimento durante gli scontri non sono vincolate a caselle esagonali o scacchiere, ma semplicemente alla distanza di spostamento, rispetto alla quale poi il sistema ci indicherà il numero di AP richiesti per l’esecuzione stessa. Ai nostri spostamenti spesso ne corrisponderanno altri delle linee nemiche, intente e volenterose nel metterci i bastoni tra le ruote, anche se nelle prime versioni del gioco è venuta a galla qualche sporadica incertezza dell’IA nemica; oggi, dopo numerosi aggiornamenti, anche per via dell’enormità contenutistica e di location del titolo, questo problema è scomparso.

Con una longevità del genere gli sviluppatori hanno optato per un sistema di crescita ben distribuito nell’arco di tutto il racconto, che ad alcuni potrebbe tuttavia risultare piuttosto lento. Per ogni quest conclusa e uccisione ottenuta otterrete esperienza utile a far crescere i vostri personaggi e se per avere dalla propria un buon numero di abilità occorreranno ore ed ore di gameplay, le enormi quantità di loot ci vengono incontro con armi d’una certa importanza od oggetti facilmente rivendibili, grazie ai cui ricavati potremo acquistare provviste, armature e così via. Tutto ciò va di pari passo con la gestione dell’inventario, indispensabile in un gioco del genere, che separa automaticamente i consumabili dalle armi, dagli oggetti magici o pergamene e così via, in modo da rendere meno confusionario tutto il sistema che, per dirla tutta, avrebbe meritato più considerazione per ridurre al minimo la perdita di tempo spesso invalicabile, a causa dell’elevata quantità di bottini raccolti e, di conseguenza, della difficoltà nel reperire velocemente determinati oggetti.

SPLENDIDO SPLENDENTE

Divinity: Original Sin non è soltanto un gioco di ruolo divertente e stuzzicante da giocare, ma si avvale anche di comparti tecnici di spessore. Nonostante la compilazione dell’engine sia avvenuta sfruttando le librerie DirectX 9, Larian Studios si sta prendendo il tempo necessario per elevarle di livello con le più recenti DirectX 11 e con OpenGL4; ad ogni modo, un engine del genere si dimostra decisamente più scalabile e adatto ad una fascia di hardware molto più ampia, pregio che non può passare inosservato agli occhi di chi possiede un buon computer per l’uso quotidiano, ma non proprio al passo coi tempi per quanto riguarda la scheda grafica. Il mondo di gioco open world splende di luce propria – quindi siamo ancora più curiosi di vedere cosa accadrà con l’implementazione delle DX11 – per dare spazio a situazioni di gioco eterogenee per argomenti toccati; un mondo pieno di dettagli, vivo, che risalta all’occhio per la palette dei colori vivace e variegata, con effetti luce ammirevoli e texture che, anche con lo zoom impostato al massimo, si difendono bene.

A corredo, un comparto audio costituito da oltre 20 tracce, numero sufficiente e necessario nel veicolare e trasportare il giocatore negli eventi di cui si compongono le quest: l’immedesimazione è sempre ai massimi livelli e questo è anche merito delle tantissime campionature riguardanti gli effetti sonori, che rendono i paesaggi rigogliosi, la vegetazione, le spiagge e le coste, vive e credibili, anche grazie alla presenza di animali. Per molti l’unico punto di buio potrebbe essere l’assenza di una localizzazione – anche soltanto parziale – nel nostro idioma, ma vista la natura del progetto e il prezzo di lancio ultra-competitivo, considerando quindi longevità e qualità dell’intrattenimento offerto, non si poteva forse chiedere di più al team di sviluppo belga. In ogni caso, è già in corso una traduzione amatoriale del videogioco, ma per vederla ultimata quasi sicuramente serviranno svariati mesi, data la quantità elevata di dialoghi e testi da tradurre.

IN CONCLUSIONE
Toccati con mano i risultati raggiunti da Divinity: Original Sin non si può fare a meno di ricordare che quanto realizzato sia stato possibile anche grazie a Kickstarter e alle generose donazioni raccolte. Questo basterebbe ad inserirlo tra i titoli più riusciti finanziati da terzi, che in questo caso coincide anche col ritorno dei GdR vecchio stampo riemersi a gran voce, ma senza disprezzare l'ingresso di qualche elemento moderno, per tornare ad appassionare la folta schiera di hardcore gamer poco convinti dalla piega che hanno preso molti dei titoli appartenenti a questo genere. In poche parole, se eravate alla ricerca di un titolo che al suo interno raggruppasse tutto quel che di buono c'era negli RPG di un tempo, con qualche elemento moderno ed una attenzione per i dettagli maniacale, oltre che dei comparti tecnici di assoluto spessore, l'ultima fatica di Larian Studios fa proprio al caso vostro. Attenzione però, questo non è un titolo per giocatori alle prime armi, qui si fa sul serio: prendere o lasciare! ZVOTO 8.5

Niente voto dei lettori. V6 is coming...
IL VERO PECCATO SAREBBE NON GIOCARLO COSA SIGNIFICA PER NOI QUESTO VOTO? SCOPRILO LEGGENDO I NOSTRI CRITERI DI VALUTAZIONE!!!

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