Dixie Ramone (Ph. Photo Art Amarillis)
All’inizio del 2009, Dixie Ramone debuttava in veste di starlette burlesque sul palco del Micca Club, tempio romano di questo genere di spettacolo. Al tempo, in Italia, si parlava ben poco di burlesque. Chi lo praticava ci si buttava anima e corpo, abbandonandosi a questo bizzarro modo di fare show, un po’ per il pubblico, un po’ per sé stessi.
Ora, nella seconda metà del 2011, dopo due film sull’argomento, un talent show televisivo, parecchi eventi lungo tutto lo stivale, nonché una notevole attenzione mediatica, la situazione è ben differente.
Dixie, le aspiranti starlette di oggi come affrontano il burlesque?
Dipende. Ci sono quelle travolte dalla passione per questo spettacolo, che si rispecchiano in esso. E ci sono quelle che, invece, sono soprattutto alla ricerca di un guadagno facile. Temo che proprio queste ultime siano la maggioranza.
Quindi anche tu pensi che molte considerino il burlesque come una delle tante mode passeggere.
Come è capitato per la danza del ventre: un boom improvviso, poi un abbassamento d’interesse. Forse capiterà così anche in quest’ambito: tra un paio d’anni ci saranno ancora spettacoli, ma a esibirsi sarà solo chi ha trovato nel burlesque un po’ di sé.
Quindi, nonostante tutto, c’è un po’ di speranza anche per le nuove leve.
Certo, mai chiudersi alle novità!
Un’affermazione in linea con l’innovazione portata, a suo tempo, in ambito musicale, da chi ha ispirato il tuo nome d’arte.
Vero, del resto i Ramones hanno sempre avuto un’importanza emotiva molto importante, per me. Li ho scoperti durante il mio primo viaggio da sola, a 16 anni, in Inghilterra. Da allora mi sono rimasti dentro. Un anno dopo sono venuti a suonare a Roma. Io all’epoca vivevo ancora a Bari con la mia famiglia e mia mamma non voleva assolutamente che andassi a vederli. Ma io, in linea con lo spirito punk, sono scappata di casa, sono saltata sul primo treno e sono riuscita a essere in prima fila al concerto! Un’esperienza emozionante di cui non mi sono mai pentita.
Continuiamo a parlare di te. Da aspirante starlette burlesque a insegnante del primo talent show dedicato a quest’arte: un percorso notevole.
Mettiamola così: io sono curiosa per natura, ho tanti interessi. Sono stata anche tra quelle appassionate di danza del ventre di cui parlavamo prima!
Davvero?
Sì, ma tutto questo deriva da un passato fatto di anni di danza. Poi il burlesque: prima sul palco, come artista; poi dietro le quinte, come insegnante.
Com’è nato quest’ultimo ruolo?
Per caso: al Micca Club avevo fatto da assistente a Mademoiselle Agathe, che è stata la mia insegnante; poi ho condotto qualche piccolo workshop. Tutto senza alcuna pretesa di essere depositaria dell’arte, anzi, con un po’ di ansia da prestazione.
Poi?
Poi hanno creduto in me e nelle mie capacità. E ha funzionato.
Personalmente credo che noi italiani ci troviamo in una posizione privilegiata, nei confronti del burlesque: per quanto ci siano elementi comuni a esso anche nel nostro teatro d’intrattenimento, non conosceremo mai il burlesque fino in fondo. Arriva da una cultura diversa, ci sarà sempre qualche sfumatura che non conosciamo e che dovremo imparare. Tu che ne pensi?
Sono assolutamente d’accordo. Infatti ho scoperto l’incredibile piacere di imparare insegnando: è una crescita costante, di enorme stimolo.
Dixie Ramone, premiata al Dixie Evans Burlesque Festival 2011.
A proposito di cose piacevoli: cos’è accaduto a Las Vegas?
Qualcosa di improvviso e bellissimo! Ero in Italia e mi stavo preparando, insieme ad Alessandro Casella, per accompagnare Sweety J (la vincitrice di Lady Burlesque, vedi intervista, NdA) al Miss Exotic World. Qualche tempo fa c’è stata una scissione tra gli organizzatori, alcuni dei quali hanno lasciato il concorso originale per aprirne un altro, il Dixie Evans Burlesque Festival, che fa capo alla stessa Dixie Evans, e al quale collaborano Tempest Storm, Angie Pontani, Kitten De Ville e altre meravigliose artiste. Organizzandomi per il viaggio, ho scoperto che le selezioni per questa nuova manifestazione erano ancora aperte, così mi ci sono buttata. Mi hanno presa. E ho vinto!
Decisamente un’esperienza straordinaria.
In realtà c’è qualcosa di ancora ancora più bello. Improvvisamente ho cominciato a sentirmi parte di una comunità internazionale, una sorta di famiglia allargata. Dopo quest’esperienza ho fatto tappa a New York, dove ho avuto modo di frequentare un po’ le artiste che già conoscevo. E, una sera, mi sono ritrovata a casa di Julie Atlas Muz per festeggiare il suo compleanno! Ti assicuro, sono ancora scioccata! Forse questo è davvero il miglior premio per il mio lavoro: essere accolta in una comunità di artisti che, fino a poco tempo fa, guardavo da lontano, con ammirazione.
Prossima tappa?