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Do o Michi: la “via”

Da Stefano Bresciani @senseistefano
Data: 4 settembre 2015  Autore: Budo Friends do o michi

La prima cosa in cui inciampi salendo sul tatami é la lingua giapponese. Tanto affascinate quanto complessa, sia per ragioni tradizionali che tecniche incontri questa lingua madre in molte arti marziali asiatiche.

In un normale allenamento  vieni circondato dal almeno otto – dodici nuove parole, all’inizio incomprensibili. Una delle prime che giunge all’orecchio è la parola Do che viene letta anche come Michi e tradotta come sostantivo e significa “strada” o “sentiero” e  spesso viene contrapposta ad un altro suffisso: Jutsu che approssimativamente viene tradotto come “arte” o “abilità”.

Questi due suffissi vengono comunemente usati con i nomi di varie arti marziali , per esempio, da questi due suffissi si ottengono nomi come kenjutsu, l’arte della spada, e kendo, la Via della spada. Questo genera spesso nei praticanti un po’ di confusione. Tenterò, con le mie limitate capacità, di mostrare la differenza sostanziale fra questi due termini.

Con il termine Jutsu si esprime essenzialmente un concetto di tipo tecnico (come costruire una casa o riparare un televisore) ma questo non vuol dire che per forza si tratti di un’arte puramente fisica. Jutsu può essere totalmente mentale come gli scacchi o il go (antico gioco giapponese). Il suffisso do invece, vuole sottolineare un aspetto più spirituale, cioè dare la sensazione che l’arte marziale è seguita come filosofia di vita e che possiede profondi obiettivi spirituali. Assistiamo da svariati anni alla tendenza di alcuni di sostenere che il bu-jutsu, l’arte della guerra sia per autodifesa o per scopi sportivi, mentre il budo, la Via della guerra, sia una strada ( per pochi eletti) che porta all’auto-perfezionamento. Personalmente la trovo una semplificazione limitante e poco corretta.

Non possiamo ancora distinguere in questo modo Jutsu e do, lascia molto a desiderare. La confusione è data dal fatto che molte scuole (ryu) utilizzano i suffissi Jutsu e do come parte del loro nome commerciale anziché usarli nel senso specifico. L’esempio principale è rappresentato dal Judo moderno.  Quando l’arte viene praticata solo come sport competitivo, gli studenti che la praticano stanno usando solo tecniche per superare l’altro quindi praticano un Jutsu (è indiscutibile  che O’Sensei Kano avesse in mente ben altri e più nobili obiettivi). Mentre al contrario i discepoli di una scuola di ju-jutsu tradizionale praticano il vero Judo! (Vedo già il mio maestro storcere il naso…)

Perché? Perché il Do va oltre la tecnica, e quindi  diventa un qualcosa che non può essere compreso ne comunicato a livello verbale, la sua conoscenza viene dall’interno. Comprendere il Do (kendo, aikido, judo, ecc) significa capire ciò che è inafferrabile al di là della singola tecnica (qualcuno chiama questo satori “illuminazione”).

Il maestro si limita a mostrare una tecnica ma è l’allievo che è chiamato a comprendere non la singola tecnica ma l’intera filosofia della scuola. E’ l’allievo che viene invogliato a raggiungere la Via il Do il maestro la può solo indicare.

Certo questo non risponde alla domanda: “cos’è la Via?” Per trovare una risposta, dobbiamo scendere in profondità e, per comprendere questa realtà suprema non bastano le parole di questo articolo. Per questo motivo ti invito a salire sul tatami e a cercare in prima persona il tuo Do.

Scritto da Giampaolo Quaresmini, Bugei Italy.

Marzialmente parlando Paolo Quaresmini  nasce il 3 ottobre 1983. È’ allora che comincio la mia “Via”, precisamente con il karate Shotokan. Resto affascinato come altri, dall’ambiente, dalla regole, dallo spirito di corpo, dall’atmosfera un po’ mistica un po’ sudaticcia che avvolge il dojo… Ma sono sopratutto i kata a incuriosirmi e comincio allora uno studio forsennato che ancora oggi non è terminato…  Così dopo 14 anni di pratica e un secondo Dan arrivo a conoscere 22 dei 26 kata che compongono il curriculum Shotokan. Ma purtroppo non trovo nessuno che mi da spiegazioni convincenti…

Decido così di passare ad un’ altra arte marziale magari  che ne so, al Tai Chi per esempio. Durante la ricerca, casualmente incontro il Maestro Sandro Savoldelli e il suo Ju Jutsu e ne resto affascinato. Comincio così una prima pratica che mi porta alla cintura blu  (per sei mesi pratico anche Aikido con il Maestro Valle) poi per motivi famigliari sono costretto a sospendere l’attività.

Ricomincio da zero qualche anno dopo, trovo Sensei Sandro al Tani no Dojo e ritorno cintura blu, poi qualche anno fa passiamo a una scuola di Bugei antico composta da molte discipline (Kenjutsu, iaijutsu, jujutsu, aikijujutsu, Tantojutsu solo per citarne alcune) e per ora sono a livello Seito 2 (qualcosa di simile al primo Dan in tutte le discipline citate).

E per il futuro? Siamo qui sul tatami pronti a ricominciare a sudare… La ricerca del mio Do è appena cominciata…

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