Uno dei criteri per la diagnosi: il tuffo del cellulare nel WC. Cosa che mi è successa due volte nell'ultimo anno: oddio, sono malata..In altre parole: multitasking, forse uno dei mali del secolo. Mentre si fa una cosa, se ne fanno altre tre o quattro o anche di più. In letteratura scientifica il multitasking è una delle fonti di errore medico più comune (e vai).Ma anche a livello più generale sommi studi hannno dimostrato che il cervello del multitasker lavora male: poco concentrato, poca memoria, disattenzione cronica, insomma pare che i multitasker alla resa dei conti siano anche intellettualmente in svantaggio.L'origine del multitasking è stata attribuita alla volontà dell'uomo di andare alla stessa velocità delle macchine (così dicono), ma riflettendo sul mio caso, ho capito che non tutti multitasker sono uguali. Che ne esistono di congeniti e di acquisiti e allora un po' il discorso cambia.
Cambia perchè una cosa è essere, un'altra diventare.Per esempio da bambina ero capace di trastullarmi per ore con lo stesso gioco, senza avere la benchè minima necessità di fare altro (come leggere il giornalino di gianburrasca o fare la gara di biglie o tirare con la fionda al primo bersaglio semovente in circolazione). Poi. Da adolescente ero capace di stare ore sotto il sole (senza peraltro abbrozzarmi ndr) o davanti al mare, senza che mi scoppiasse la testa in un'espolosione di pensieri. Ne bastava e avanzava uno, così nascono le grandi idee. Ero anche capace di leggere più volte lo stesso libro, iniziandolo e finendolo di continuo per non farlo finire mai (sì sono anche compulsiva e allora?), ma per lo meno non facevo nel frattempo niente altro, che non fosse ingoiare chili di caramelle gommose alla liquirizia.Poi. Università: solo studiare, per qualche anno. E non c'era tempo davvero di fare niente altro, neanche a volerlo. Poi. Specializzazione, poi lavoro. E qui si comincia a declinare. Non so se per recuperare il tempo perduto, non so se per quella fottutissima espressione tipo “the final countdown” che leggi sui volti degli altri quando gli dici che hai da poco superato i trenta (ma dai, ne dimostri 20..), ma incominci a dire sì a tutto. Sì.Sì a tre ambulatori oltre al lavoro ospedaliero. Sì a rinfrescare l'inglese, “perchè serve sempre sai”. Sì al mutuo a 30 anni per la casa. Sì al fantastico mondo della ristrutturazione (che merita un post a parte). Sì a qualcuno che venga dopo di te, qualunque cosa significhi e da qualunque parte venga.Sì davanti al sindaco (all'assessore nel nostro caso). Sì a la cucina che passione, investiamoci tempo e fatica. Sì a questo blog (ennesima prova irrefutabile del mio multitasking). Sì anche (esageriamo, tanto ormai) ai sogni che avevi accantonato quasi per sempre.
La terapia ufficiale proposta dagli studiosi è ovviamente la deprivazione assoluta dai molteplici tasks d ella durata variabile da una settimana a più.
Ecco. Se applicassi su me stessa l'esperimento arriverei a
perdere il lavoro prima o poi perchè non è proprio possibile uscire vivi da una mattinata di reparto senza fare più di una cosa alla volta
andare in rovina perchè non pago il mutuo perchè ho perso il lavoro
andare in depressione perchè, oltre a non avere più lavoro e casa, non posso cucinare ascoltando musica
E di conseguenza addio sogni (che come disse una volta qualcuno, richiedono- eccome- fatica).
Forse il fatto di diventare multitasker ha a che fare con la consapevolezza che il tempo trascorre troppo velocemente per la nostra capacità di viverlo. Che è passato tutto troppo in fretta. Che hai scelto, un pò sul serio, un pò per gioco, e queste scelte sono diventate la tua vita. E allora all'improvviso ti viene voglia di riscegliere ancora, sempre, di aprire di nuovo il libro alla prima pagina più e più volte. E dentro il magma della tua vita ci infili tre, quattro altre vite possbili. E vuoi, pretendi di gestirle tutte.
Mentre sto scrivendo il post, il mitico Charles BB mi sta chiedendo dove si trova il suo accappatoio e mi sta anche proponendo di iniziare un corso di francese quest'inverno, caso mai venisse voglia di trasferirci a Parigi.
E poi si lamentano se qualcuna dice di avere la sindrome di Wonder Woman.