Il mercato dell’eleganza è incredibilmente tenuto su da un branco di genitori aspiranti borghesi o tragicamente borghesi che nelle occasioni speciali investe cifre sproporzionate in accessori che il figlio laureato con lo sputo a Scienze della Comunicazione - e scientificamente stagista per le prossime tre vite – non potrà mai sfoggiare se non alla festa in maschera dei fuoricorso.
Non badare a spese – in quale secolo i mercanti sono riusciti a far diventare quest’espressione tipica dei grandi momenti nell’esistenza di un uomo?
Momenti che comprendono il morire, se non il più importante sicuramente l’ultimo.
E morire costa, anche quando si bada a spese.
Poco meno di un matrimonio, a occhio, forse per l’indubbio risparmio sulle decorazioni delle torte.
Meno noto è invece quanto costi rimanere morti.
L’ho scoperto stasera per contrappasso dantesco.
Ovvero mi avevano rimosso la macchina.
Una curiosa pratica del comune che consiste nel farti credere te l’abbiano rubata.
Il dubbio ti porta quindi a cercare su google rimozioni – che probabilmente ha un sito su freud come terzo risultato – e a telefonare alla signorina delll’ufficio rimozioni, che dopo averti chiesto targa e modello osa un “dove l’aveva parcheggiata?” – domanda da un milione di dollari ogni lunedì mattina.
Capita insomma di ritrovarsi in quegli uffici comunali tappezzati di ordinanze che vanno dall’incombente minaccia del tarlo asiatico ai brillanti progressi del sito dell’anagrafe.
Una parlava appunto di quanto costasse rimanere morti.
L’annuncio, con tono incredibilmente simile a quello dell’ufficio rimozioni, ricordava che nell’anno 2010 saranno eseguite esumazioni dei campi decennali - indecomposti e acattolici.
Ovvero, Nonno sta finendo i buoni del parcheggio.
Nei cimiteri pochi riposano: una buona parte sta lì solo finché qualcuno ha voglia di pagare la stanza (celletta, tecnicamente).
Ma l’annuncio – seppur con modalità e sintassi oscure – dice di più: parla dell’esistenza di due categorie(ulteriori oltre ai semplici morti? Non è chiaro) di trapassati.
Gli indecomposti, espressione che cercando di essere medicale si candida a nuovo splendido titolo di filmaccio zombo, e gli acattolici, termine a dir poco inusitato e presuntuoso che essendo parola del nemico farò mia (salve, sono acattolico. Posso chiederle un caffè?)
E continua: per informazioni e prenotazioni appuntamento con ufficio rinnovo sepolture esumazioni ed estumulazioni, per celletta ossario trentennale chiamare lo 020202.
Un’occasione per farla finita, tra l’altro. Perché come aggiunge subito dopo: richieste di cremazione salme indecomposte – tariffa cremazione 145 euro (di cui 89,32 di cremazione, 46, cassa, 7.92 piastra, 1.81 bolli).
Nonno sta diventando una spesa, non finisce più di morire.
Neanche ha avuto la decenza di decomporsi. E’ un indecomposto, è maledetto.
Chiudiamola qui e cremiamolo che oggi fa anche chic.
Ma 145 euro sono tanti. Alla Lidl una fortuna.
Nonno non si è decomposto e ci vado di mezzo io.
Con tutti i soldi che lo stato e altri ottocento molluschi affini gli avranno succhiato nei tot anni che ha passato al mondo, ancora gliene (anzi me ne) chiedono per disfarsene.
Con l’aggravante della tristissima nota spese – che include 46 euro di cassa (che potrebbe essere la cassa in cui viene cremato – e allora si tratterebbe di legno da fondo cassetto armadio ikea - o forse il recipiente col nonno in polvere dentro. Nel qual caso: avete mai comprato un portacenere da quarantasei euro?), i 7.92 di piastra (per i capelli? Dai cinesi me li taglierebbero anche) e 1.81 di bolli. Bolli? Bolli.
L’acattolico, dice google, è uno scomunicato, un apostata, un battezzato che ha cambiato idea o semplicemente se n’è fatta una.
Dal cartello non è chiaro cosa gli succeda e che rapporto abbia con questo giro di vite e con la decomposizione. Basta non battezzarsi, per non rischiar nulla.
Ma c’è dell’altro. C’è lo sportello per il ritiro ricordi, che solo a dirlo ti viene da vendere l’idea a Gondry. Con richiesta in carta semplice (specifica l’ordinanza), recuperi le cianfrusaglie e gli amuleti che avevi messo accanto a Nonno prima che chiudessero la bara.
E infine, i decomposti.
Il nome continua a far paura, ma implicitamente indica che sono morti senza complicazioni.
E che, volendo, non devi tirar fuori altri soldi: sfrattano Nonno dalla celletta e custodiscono quello che resta nell’attesa che tu vada a prenderlo. Non è chiaro di che tipo di resti si tratti, e non conosco nessuno con una tibia del caro estinto sopra al camino, ma fatto sta che qualcuno te li mette da parte e si fa pagare 93 centesimi al giorno per il parcheggio. Hai tempo trenta giorni per andare a recuperarli, poi finisce tutto nell’ossario comune – luogo di oscura ubicazione che mi immagino (o mi auguro) simile al cratere di un vulcano, profondo da non sentire il rumore del sassolino che cade e possibilmente lontano tot chilometri dall’acquedotto.
Alla luce di tutto ciò, della mia macchina rimossa (non a caso ritirata nel parcheggio comunale per le macchine rimosse di Via Messina, attaccato al Cimitero Monumentale), del ritiro ricordi, dell’esercito degli indecomposti che lotta senza fine con quello dei decomposti, dell’ossario comune e dei bolli sulla cremazione, alla luce di tutto ciò i cinesi che fan sparire i nonni nei container o sadiodove mi risultano ragionevoli, risparmiosi e tutto sommato sinceri.
Ho una famiglia cinese sopra casa mia, di quelle che potresti passarci una vita accanto e riceveresti sempre la stessa gentilezza e la stessa ostinata riservatezza.
Se la passano bene, parcheggiano l’Audi in cortile e dalla faccia sembrano avere meno problemi di me nell’aprire la busta delle spese condominiali.
Poi, la notte, spostano mobili come architetti impazziti. Un continuo, come se non riuscissero a capire dove sta meglio il divano.
Mi piace immaginarmeli alle prese con i cadaveri di molti nonni - di quelli degli amici e dei conoscenti, nonni negli armadi e nelle cassettiere, nelle cassapanche e nelle valigie – darsi da fare per evitar loro cellette e ordinanze comunali, riesumazioni e tumulazioni.
Come dire, almeno la morte non fatecela pagare, evitiamo di annacquare nella burocrazia il dolore, il sollievo e il distacco.
Ci fu un tempo in cui credevo che una parte importante della vita fosse occuparsi di avere una bella morte. Ma il fatto che da un certo punto in poi non si possa evidentemente più curare l’organizzazione del tutto, del come, del dove e del quanto, toglie comunque fascino all’evento.
Quindi, fatemi un funerale alla cinese.
Un baule grosso, l’Amsa che arriva e mi piglia su assieme a un divano sfondato e, quelle dieci persone che contano, salutino dal balcone il camioncino verde che se ne va.
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