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DOC TRENTINO: SOTTO IL V(estit)INO QUASI NIENTE. FUGATTI INTERROGA

Da Trentinowine
DOC TRENTINO: SOTTO IL V(estit)INO QUASI NIENTE. FUGATTI INTERROGA

CONSIGLIO PROVINCIALE

QUALE LA VALORIZZAZIONE DEL TERRITORIO?

Nei giorni scorsi su Trentino Agricoltura, rivista di settore della Provincia Autonoma di Trento, è stato pubblicato un interessante articolo del professor Sergio Ferrari, decano dei giornalisti di settore, già professore all'Istituto Agrario di San Michele all'Adige, dal titolo: " Partite di minor pregio acquistate fuori provincia per produzioni Charmat". Nell'articolo, Mauro Baldessari, direttore della cantina Vivallis Sav di Nogaredo, molto candidamente ammette che le partite di minor pregio di vino base spumante Chardonnay, sono destinate alla produzione di vino spumante metodo Charmat fuori dai confini provinciali. "Una cantina di Modena - dichiara Baldessari - leader nella produzione e vendita di Lambrusco, acquista da due anni da Vivallis 2.500 ettolitri di vino base Chardonnay e ne ricava dopo 30 giorni un apprezzato vino spumante in quantità pari a 320 mila bottiglie che vende a 4,20 euro".

Da queste parole capiamo che una parte importante di Chardonnay trentino, Trentino Doc, se ne va fuori provincia e diventa altro, ben che vada in questo caso Charmat emiliano. Portando ovviamente poco favore e scarsa reputazione alla territorialità trentina che non trae vantaggio da siffatte scelte imprenditoriali.

I dati della Camera di Commercio di Trento anno 2014 riportano una produzione denunciata di uva Doc in Trentino pari a 717.665 quintali, con un volume di produzione di vino certificato pari a 286.672 ettolitri.

Sono dati purtroppo chiari che spiegano la situazione suddetta: quasi la metà di produzione denunciata Doc in Trentino non si ritrova poi nel vino certificato Doc. Infatti dagli oltre 700.000 quintali di uva Doc prodotta, ci dovremmo aspettare circa 500.000 ettolitri di vino Doc certificato. Invece ciò non avviene. Dove finisce il resto? Finisce probabilmente dentro denominazioni meno prestigiose quali IGT Dolomiti, IGT Venezie o venduto sfuso come vino comune, pur nascendo da uve DOC Trentino. Con tutto ciò che poi ne consegue in termini di specificità del prodotto trentino e valorizzazione del territorio.

Un altro dato da tenere in considerazione riguarda il confronto con il vicino Sudtirolo. Il rapporto Ismea 2015 dichiara che il Trentino produce 292.000 ettolitri di vino Doc, lo stesso volume del Sudtirolo. Il valore in Euro però si discosta considerevolmente: 47.842.000 Euro per il Trentino; 83.663.000 per il Sudtirolo. In pratica il valore del vino sudtirolese, forse anche perché sul mercato il vino trentino paga i declassamenti di cui abbiamo detto sopra e quindi un danno di immagine importante, risulta quasi doppio: 2.86 Euro/Lt per il vino sudtirolese contro gli 1,65 Euro/Lt per il vino trentino.

    Provincia ritiene utile che la metà della potenziale produzione di vino certificato Doc Trentino venga imbottigliata non come Doc Trentino ma con altre denominazioni sicuramente di minor pregio;

A norma di Regolamento, si chiede risposta scritta.

DOC TRENTINO: SOTTO IL V(estit)INO QUASI NIENTE. FUGATTI INTERROGA

Nacque a La Fratta nella seconda metà del XIII secolo, oggi nel comune di Sinalunga (SI). Figlio del conte ghibellino Tacco di Ugolino e di una Tolomei e fratello di Turino, era un rampollo della nobile famiglia Cacciaconti Monacheschi Pecorai, e insieme con il padre, il fratello e uno zio commetteva furti e rapine, nonostante la caccia che gli veniva data dalla Repubblica di Siena. Una volta catturati, i membri maggiorenni della banda vennero giustiziati nella Piazza del Campo di Siena, mentre Ghino e il fratello si salvarono grazie alla loro minore età. Rifugiatosi a Radicofani (SI), una rocca sulla Via Cassia, al confine tra la Repubblica di Siena e lo Stato Pontificio, Ghino continuò la sua carriera di bandito, ma in forma di "gentiluomo", lasciando ai malcapitati sempre qualcosa di cui vivere. Boccaccio, infatti, lo dipinge come brigante buono nel suo Decameron parlando del sequestro dell'abate di Cluny, nella II novella del X giorno: Ghino di Tacco piglia l'abate di Clignì e medicalo del male dello stomaco e poi il lascia quale, tornato in corte di Roma, lui riconcilia con Bonifazio papa e fallo friere dello Spedale. Dante, invece, gli concede un posto tra i personaggi citati nel sesto canto del Purgatorio della sua Divina Commedia, quando parla del giurista Benincasa da Laterina (l'Aretin), giureconsulto a Bologna, poi giudice del podestà di Siena, ucciso da un fiero Ghino di Tacco.


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