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Doctor Who è una serie vecchia quanto il mondo. Anzi no, non quanto il mondo e non vecchia. E' piuttosto una costante dagli anni '60 ad oggi. Il Dottore, cavaliere dello spazio errante a cavallo del suo TARDIS, invece esiste da sempre, o quasi. E' il tempo stesso che ha preso forma, il suo è un ruolo messianico che oscilla costantemente come un pendolo sui destini dell'umanità. E dell'universo intero. Doctor Who è una serie meravigliosa ma la penultima stagione era stata abbastanza zoppicante, quella del nuovissimo e Dodicesimo Dottore, quella dell'esordio di Peter Capaldi a dargli nuovo volto e nuova voce, nuova personalità. Io però sono uno che non perde mai la fiducia e, dopo aver aspettato che si giungesse alla penultima puntata, me la sono guardata tutta d'un fiato lasciandomi l'epilogo come ciliegina sulla torta, senza sentirmi prevenuto, con le solite aspettative altissime. Inutile dire che il Dottore non mi ha deluso.
La nona stagione di Doctor Who, come al solito trasmessa dalla BBC One, è stata un uragano e non ha (quasi) perso un colpo. Ovviamente è un mio parere personale ma, in linea di massima sia i whovian che i normali spettatori sembrano avvallarla. Questa stagione però si differenzia dalle altre da un punto di vista strutturale: se solitamente Doctr Who presenta una gestione episodica sorretta da una linea generale che trova il suo apice espressivo nell'ultimo, in questo caso ci siamo trovati di fronte ad uno sviluppo su episodi doppi dal primo all'ottavo e poi quattro episodi conclusivi che, esclusa la parentesi sperimentale (ma ci torneremo dopo) del nono, si sono rivelati estremamente connessi tra loro, quasi a rappresentare un unico, grande epilogo in cui tutti i nodi sono venuti al pettine (?).
Cos'è però che ha reso questa stagione una delle migliori di sempre o, almeno, una delle migliori nella gestione Moffat? La risposta, secondo me, risolve anche il più grande dubbio che aveva assillato gli who addicted fino al 19 Settembre scorso: Peter Capaldi. Ecco, Capaldi aveva lasciato l'amaro in bocca a molti (me compreso) e, chi più chi meno, tutti dopo il suo arrivo avevamo percepito la solita forte nostalgia per il Dottore precedente, in questo caso Matt Smith che, non mi stancherò mai di dirlo, per me ha sempre rappresentato l'essenza più intima del personaggio. più del tanto amato David Tennant che, dal punto di vista interpretativo, è stato il miglior in assoluto. Nessuno, quindi, aveva avuto voglia di scommettere su Capaldi. E, ammettiamolo, non perché Capaldi non sia un bravo attore ma, semplicemente, perché ancora non ci eravamo abituati. Questo capita sempre, ad ogni avvicendamento. ed è stato ottimamente rappresentato con questo schemino:
Quando però Peter Capaldi è salito in cattedra, le mascelle sono crollate a terre: e chi se l'aspettava un tale livello interpretativo? Perché il nuovo Dottore regge sulle spalle episodi ed episodi interi arrivando a risollevare le sorti di puntate meno riuscite o divenendone l'unico one men show. Ma andiamo con ordine: non si comincia di certo in sordina e i primi due episodi, The Magician's Apprentice e The Witch's Familiar, fanno salire subito l'hype alle stelle con non uno ma ben due graditi ritorni, che sono poi i due arci-nemici del nostro: Missy (ovvero il Maestro) e Davros (il papà dei Dalek). In questo caso è però Missy la vera colonna portante della vicenda, dotata di un carisma e un'energia che superano persino quella del nostro Signore del Tempo preferito. Inizio col botto quindi, che pone in germe un elemento indispensabile alla classica chiusura del cerchi di fine stagione. Con la terza e la quarta puntata (Under the Lake e Before the Flood) si cambia registro e si passa a quello che secondo me è sempre stato un punto di forza della serie, ovvero il miscelare elementi scientifici e sci-fi con quelli sovrannaturali. Il risultato è una storia di fantasmi originalissima e sui generis. Con The Girl Who Died e The Woman Who Lived si saltella un po' nel passato, dai vikinghi al 1600, viene introdotto un nuovo personaggio (direi essenziale) che ha il volto di Maisie Williamsse (Aria Stark, per gli amici), ne citano di vecchi e si trova un perché al nuovo volto del Dottore, senza forzature e con incredibile naturalezza. Poi si passa a gli episodi credo più politici che siano mai stati girati per Doctor Who: The Zygon Invasion e The Zygon Inversion, strettamente collegati allo speciale per i 50 della serie (Il Giorno del Dottore) che danno modo a Capaldi di dimostrare la sua grandezza in uno dei monologhi più belli della televisione mondiale, roba da far studiare nelle scuole ma soprattutto ai capi di stato mondiali proprio in un periodo come questo.
Ed ecco arrivare alla prima nota dolente della stagione, ovvero Sleep No More, il nono episodio. Ecco, questo è uno one shot girato in stile found footage. anche qui, ancora una volta. La cosa bella è che il genere è funzionale alla storia narrata, caratterizzata da continui cambi di prospettiva. Il problema invece è che la noia dilaga e la confusione anche, ovviamente secondo il mio modesto modo di vedere le cose.
Per fortuna dal decimo al dodicesimo c'è una vera e propria escalation, prima con Face the Raven, passando per Heaven Sent e concludendo con Hell Bent. Ma da qui in poi meglio avvisarvi che il post può contenere piccoli spoiler.
E alla fine doveva accadere. Lo sapevamo tutti, erano stati fatti degli annunci: se ne va Jenna-Louise Coleman e con lei anche Clara Oswald, la Compagna del Dottore. Distacco che, vi dirò, non mi dispiace più di tanto: col tempo ho iniziato a mal sopportare questo personaggio che, per ovvie ragioni di trama, ho sentito sempre più esagerato, sempre più "primadonna", sempre più al livello del protagonista, senza poterselo permettere. Cosa indubbiamente voluta che porta l'ormai spericolato personaggio all'addio. Un addio sospeso, perché se il Decimo aveva fatto esplodere soli pur di rivedere Rose un'ultima volta, il Dodicesimo affronterà miliardi di anni di solitudine pur di riportare in vita la sua migliore amica. Sono episodi densi, questi, colmi di riflessioni sulla perdita, riflessivi e introspettivi. Capaldi gestisce il personaggio alla perfezione, sorregge un'intero episodio da solo (nel vero senso della parola), affronta i propri demoni e torna su Gallifrey trasformando però quel che sembrava il leitmotiv dell'intera stagione in un pretesto. Perché poco importa a Moffat del ritorno a casa del suo personaggio, poco importa della leggenda dell'ibrido, quel che conta e spaesare lo spettatore in un brillante gioco delle parti, contano i sentimenti, le ragioni, gli intenti e i loro significati. Allo stesso tempo però tale scelta si rivela un mezzo passo falso che trasforma un tragico e bellissimo addio in un drammatico arrivederci. Io avrei preferito una Clara morta piuttosto che una Clara "sospesa" che abbandona il Dodicesimo per continuare la propria "non vita" lontana da lui, verso un infinito che non verrà mai raccontato.
Fine spoiler
Al di là di quel che non mi ha convinto, questa resta secondo me una stagione incredibile con il nuovo Dottore che prende in mano le redini dello show, sfaccettato come non mai, tra genialità e sociopatia, follia e lucidità, pragmatismo e romanticismo. Il solito Dottore al di là del tempo e dello spazio, che da solo può distruggere o salvare l'universo. Ma soprattutto alieno e terrestre, divino e umanissimo, con i suoi pregi e i suoi difetti. Un nuovo dottore che si fa amare, che mostra caratteristiche psicologiche inedite, più rock che pop questa volta, da cui sarà difficile separarsi. Sempre sperando che non sia l'ultimo.
Intanto noi attendiamo l'ormai vicinissimo speciale natalizio (torna River Song, finalmente). E poi all'anno prossimo Doctor Who, noi già non vediamo l'ora.
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