Poco prima che iniziasse (o poco dopo essere iniziata) questa ottava stagione avevo fatto un pezzo sul blog che spiegava, in maniera “empirica”, perché Russel T. Davies fosse migliore di Steven Moffat. Al termine di questa ottava stagione, quel post prende potenza e la differenza tra i due showrunner diventa improvvisamente palese a tutti. Dodici episodi abbastanza mediocri hanno segnato l’ottava stagione di Doctor Who, non tutti da buttare certo, ma in linea complessiva abbastanza sotto tono. Alcuni giustificano il tutto dicendo che questa season serviva solamente a presentare il dodicesimo Dottore…beh, ma ci devi sprecare una stagione intera per farlo? Devi obbligatoriamente fare delle puntate con il pathos sotto le scarpe per presentare i nuovi lati del protagonista? Io non credo o almeno finora non era mai successo. Per quanto odiassi l’interpretazione di Matt Smith, la sua prima stagione è stata avventurosa e folgorante, mentre questa – con la presenza di un attore che adoro e che ha interpretato un ottimo Dottore – è stato veramente sotto le aspettative.
Episodi bruciati o di poca levatura in questa ottava stagione, che fortunatamente è stata arricchita anche da un due o tre puntate degne di note, come la bellissima Listen (che rimane un po’ incompiuta, forse la nona stagione ci porterà un finale), Mummy on the Orient Express e Flatline. Il doppio episodio conclusivo parte bene con Dark Water, che fa salire un po’ di tensione grazie alla morte di Danny Pink e all’arrivo di Missy aka il Maestro in versione donna, ma poi tracolla con la conclusione troppo veloce e rattoppata. Non può un personaggio come il Maestro essere rappresentato così alla buona, non si può proprio.
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Vi lascio comunque al trailer dello speciale di Natale, sperando che Clara e Steven Moffat vengono fatti fuori dal mostro che si intravede.