Il Brigadiere stava parcheggiando la sua vecchia auto davanti alla caserma dei Carabinieri. Aveva affrontato il lungo viaggio da Casoria a Castel San Pietro Terme, paese di nuova assegnazione dopo l’avanzamento di grado in carriera, in cinque ore senza sosta. Sceso dall’auto si fermò a massaggiarsi le reni cercando di sciogliere il dolore sottile e persistente che lo colpiva al nervo sciatico quando restava seduto per lungo tempo. Contorcendosi e stirandosi non si era accorto che il maresciallo comandante della caserma si era affacciato al portone e lo stava guardando incuriosito:
“Mi scusi, lo sa che è proibito fermarsi qui davanti?”
Preso alla sprovvista il brigadiere ebbe un sussulto, automaticamente scattò sull’attenti, portò la mano tesa alla fronte per salutare militarmente e battendo i tacchi, rispose pronto:
“Brigadiere Raffaele Di Martino a rapporto. Comandi maresciallo!”
“Ma quale comandi, Di Martino ti stavo aspettando vieni dentro.”
Il maresciallo, dopo avergli mostrato gli alloggi e presentato alcuni colleghi, lo invitò a sedersi nel suo ufficio per le prime disposizioni:
“Allora sentimi bene Di Martino, questo è un paese tranquillo, non agitarti e non andare in giro a fare lo sceriffo come siete abituati giù a Napoli”
“Casoria marescià…!”
“Che c’entra Casoria?”
“No. Io stavo a Casoria per la precisione.”
“E va bene Casoria, Napoli sempre lo stesso è! Attieniti al tuo ordine di servizio e non sgarrare se vuoi andare d’accordo con me, chiaro? Da domani andrai di pattuglia e per oggi sei in libertà”
Si avviò a piedi verso il centro del paese per sgranchirsi un po’ le gambe e per cominciare a conoscere i luoghi dove avrebbe dovuto operare. Le strade si presentavano diritte, larghe, alberate e soprattutto pulite. Non si trovava a terra una cartaccia nemmeno a pagarla e via via che camminava il brigadiere sempre più stupito guardava in basso, ispezionando il territorio incredulo e dando l’impressione, a chi lo incontrava, di essere all’affannosa ricerca di qualcosa smarrito in precedenza. Arrivò così lungo il viale che portava allo stabilimento termale e rimase colpito dall’abbondanza di prati verdi, di aiuole fragranti e fiorite che costeggiavano la strada. Sul lato sinistro di fronte a una fontana, Fegatella, questo nome compariva sulle colonne di marmo della sorgente, si estendeva un enorme parco fluviale con alberi, ponti e giochi per bambini. Si inoltrò respirando l’aria profumata di erba fresca e cominciò a sentirsi rilassato. Gli piaceva questo paese ed era certo che si sarebbe trovato bene. Era ormai l’imbrunire, le ombre si allungavano e i colori dei prati si tingevano di verde più scuro.
Il brigadiere stava per riprendere la strada del ritorno quando fu colpito da una macchia di colore rosso in una grande aiuola sull’argine del fiume che attraversava il parco. La sua indole curiosa gli impedì di andarsene, si avvicinò e rimase senza parole scoprendo, seminascosto da un cespuglio di lavanda, il corpo di una donna. Era riversa nel folto dei fiori e si scorgeva soltanto, da lontano, un lembo del suo gabardine color rosso fuoco. Il brigadiere impietrito, per un attimo, si limitò a osservare attentamente la scena, memorizzando tutti i particolari, senza toccare nulla come aveva appreso alla scuola per allievi sottufficiali, poi telefonò in caserma e dette l’allarme.
“Si può sapere che ci facevi qui Di Martino? Ti avevo detto di stare lontano dai guai, mi pare” il maresciallo era giunto sul posto e non sembrava contento del ritrovamento.
Il gruppo dei carabinieri mandati dalla compagnia di Bologna fece tutti i rilievi necessari e, giunto il magistrato, dispose la rimozione del corpo e l’autopsia per l’indomani stesso.
“Potrei presenziare?” chiese il brigadiere spinto dalla sua invincibile curiosità
“Di Martino, tu domani sei di pattuglia 7-13….” Il tono del Maresciallo non ammetteva repliche e il brigadiere si allontanò.
Nei giorni successivi, tramite i giornali, sbirciando di nascosto tra i verbali raccolti in caserma, Di Martino venne a sapere che la donna si chiamava Melania Varani, trentacinque anni, separata dal marito, era una biologa e lavorava presso il laboratorio di analisi del dottor Condello Alfredo. L’autopsia non lasciava adito a dubbi: colpita da malore, probabilmente mentre faceva footing, era caduta nel cespuglio ed era morta all’istante per arresto cardiocircolatorio.
Il brigadiere, tra un 7-13 e un 13-19 di pattuglia, continuava ad interrogarsi su quella morte, che per lui non era così chiara e senza misteri come lasciavano intendere i colleghi.
Ricordava benissimo quel corpo con gli occhi ancora stupiti, spalancati verso il cielo, e ne era rimasto impressionato, come se in essi avesse raccolto una muta richiesta di aiuto e dal resoconto freddo e sintetico dell’autopsia qualcosa gli stonava con ciò che ricordava.
Una donna che sta facendo footing non va con un bell’impermeabile rosso firmato Versace a correre sul fiume e non porta un paio di decolté dello stesso colore. Pensò fra sé. Poi ricordava benissimo quel viso piacente, leggermente truccato, pieno di punture di api. Questo sì, era compatibile con la caduta nel cespuglio, che brulicava di insetti. Aveva ancora in mente, infatti, il ronzio insistente che aveva sentito quella sera quando si era avvicinato.
Le api sono ghiotte del nettare dei fiori di lavanda, ma qualcosa non mi convince.
Continuava a interrogarsi e a elaborare le sue teorie su cosa invece fosse successo. Così, di turno in turno, essendo capo pattuglia, faceva passare il collega davanti al laboratorio dove aveva lavorato la vittima, si fermava al bar vicino a fare quattro chiacchiere con i pensionati e raccoglieva quante più informazioni gli fosse possibile.
Si vociferava in paese che la donna fosse di piuttosto facili costumi e che avesse lasciato il marito, un serio apicoltore della zona, per diventare l’amante del suo titolare, sposato a sua volta con un’altra imprenditrice del settore. Un giorno, mentre apparentemente distratto sorseggiava un caffè, carpì frammenti di una conversazione di due ragazze inerente la morta e la sua attività su Facebook.
Così nel pomeriggio stesso, finito il turno, aprì un profilo sotto mentite spoglie: Giovanna Liguori, anni 30, castellana. Su Facebook, si sa, l’amicizia non si nega a nessuno e nel giro di pochi giorni era già una delle tante ragazze facenti parte del gruppo di amiche a cui era appartenuta la morta.
Non gli era mai piaciuto quello strano modo di comunicare e di fare conoscenza, lo aveva snobbato, quando qualcuno gli aveva proposto di iscriversi, ma dovette ammettere con se stesso che era molto efficace e molto più “vero” di quanto non avesse immaginato. Le persone si parlavano, si confrontavano e si confortavano a vicenda. C’era, insomma, da fare amicizia sul serio, fermo restando prendere con le pinze ogni cosa detta e ogni persona contattata. Infatti lui era un impostore.
Questo gli consentiva, fingendo di sapere molto dicendo poco, di chiedere alle amiche qualcosa sulla povera Melania. E, di confidenza in confidenza, scoprì, ad esempio, che la donna aveva pubblicato, sul suo profilo, nei giorni precedenti il decesso, una lettera d’amore del suo titolare, nonché amante Alfredo Condello. Scoprì inoltre, grazie ai racconti delle nuove amicizie, che la relazione tra i due non era più tanto segreta. Da quando lei lo aveva lasciato, lui, incapace di accettarlo, aveva cominciato a minacciarla di licenziamento e la tormentava giorno e notte con telefonate e messaggi. Le amiche ravvisando un vero e proprio caso di stalking, l’avevano incoraggiata a denunciarlo, ma lei aveva preferito vedersela da sola e aveva reso pubblica la lettera in cui l’implorava di non abbandonarlo, accompagnata dalla descrizione “SE NON LA PIANTI, LA MANDO A TUA MOGLIE”
La moglie del dottore infatti non era su Facebook e da pochi giorni anche Condello stesso aveva prontamente tolto il suo profilo.
Essere su facebook sotto mentite spoglie, farsi scambiare per una donna addirittura, il brigadiere pensava cosa sarebbe successo se il maresciallo lo fosse venuto a sapere. C’era però qualcosa che lo tratteneva, che lo spingeva a continuare, quel mezzo di comunicazione a lui inviso e sconosciuto fino a poco tempo prima, gli procurava una sorta di richiamo, come per Ulisse il canto delle sirene e la sera, la notte, in qualunque ora del giorno, non appena aveva un momento libero, correva ad accendere il computer. C’era fra le sue amiche una certa Anna Benfanti che risultava essere la più ciarliera, la più disponibile verso il tipo di chiacchiera che a lui interessava e sembrava anche molto informata sulla vita del dottor Condello. Insospettitosi, il brigadiere decise di chiedere un favore personalissimo a un fidato amico, carabiniere come lui, ex compagno di corso. Un esperto informatico, abilissimo con i computer e, sapendo che per lui la rete non aveva segreti, gli domandò di svolgere un’indagine su quella donna che a lui sembrava sapere più cose di quante dicesse in realtà.
“Ma tu si’ pazzo? Io non posso farlo. Se lo viene a scoprire il colonnello son guai e poi serve il mandato del magistrato per un’indagine del genere!”
Il brigadiere, conoscendolo, sapeva però di aver già stuzzicato la sua anima di “hacker” e gli ci volle poco a convincerlo, così che, trascorsi appena due giorni, era stato l’amico stesso a richiamarlo:
“Rafe’, ho i risultati ma non ti dico nulla per telefono, incontriamoci per un caffè”
La sorpresa più grande fu che aveva scoperto che dietro Anna Benfanti altri non vi era che Luisa Forti in Condello, moglie del dottore titolare del laboratorio ove aveva lavorato la povera Melania e la soddisfazione per il brigadiere fu doppia perché in tal modo capì anche che il suo fiuto non si era sbagliato.
C’era qualcosa di strano dietro la morte, apparentemente naturale, della Varani, ne era sempre più certo. Ragionando provò a tirare le somme di quanto aveva fino ad allora scoperto: Il dottore, dopo essere stato lasciato, aveva molestato la ragazza, lei lo aveva minacciato di informare la moglie sulla loro relazione e lui avrebbe potuto desiderare di ucciderla. In più, ora, si era aggiunta alla lista dei suoi sospetti anche la moglie del dottore che, contrariamente a quanto gli altri credevano, era informata di tutto e spiava su Facebook marito e amante.
C’è puzza di bruciato lontano un miglio rimuginava il brigadiere i colpevoli ci sono a bizzeffe, i moventi pure… l’unica cosa che manca è l’omicidio!
Fino a prova contraria infatti da tutti i referti non si era potuti risalire che a una morte naturale, improvvisa. Ciononostante il brigadiere pensò di andare a far visita alla signora Forti presso la sede della sua azienda di apicoltrice.
Luisa Forti era una donnina gracile dal sorriso dolce, sempre indaffarata a correre tra un’arnia e l’altra, gli occhi azzurri e lo sguardo sereno. Il brigadiere si era presentato con la sua qualifica e aveva spiegato di essere arrivato da poco in paese, di aver saputo che lei produceva un ottimo miele e di volerne acquistare un po’. Mentre gli faceva visitare la sua azienda e gli spiegava come avveniva la produzione, procedimenti ai quali lui si mostrava molto interessato, la donna gli raccontò della sua vita spesa dietro le api e a ogni piè sospinto nominava il marito, ottimo dottore, grande amante della natura, che conosceva le api come e meglio di lei, mostrandogli tutto il suo amore senza vergogna verso il coniuge e soprattutto di esserne totalmente succube.
L’impressione che aveva avuto il brigadiere, andandosene col suo barattolino di miele di acacia in mano, era che la donna fosse incapace di nuocere a chiunque. Secondo lui era il classico tipo che seguiva di nascosto il marito, magari lo vedeva con l’amante e la sera a casa faceva finta di niente per paura di perderlo definitivamente. Spiarlo su Facebook le era servito solo a soffrire di più. Aveva scoperto anche, fra una chiacchiera e l’altra, che il mestiere di apicoltore non era sempre rose e fiori. La signora per esempio soffriva di allergia al veleno delle api. Allergia che si era acuita praticando quel mestiere e che, ogni volta uno dei suoi amati insetti la pungeva, lei si gonfiava come un mostro e il marito la curava con unguenti e pomate varie, da lui stesso preparate nel suo laboratorio.
Tutto questo però non gli era di nessun aiuto per la sua testarda indagine, qualora anche la Varani avesse sofferto di un’allergia al veleno delle api e fosse stata proprio una puntura a causarne la morte, un eventuale shock anafilattico sarebbe stato facilmente evinto in sede di autopsia. Cominciò a pensare che il maresciallo avesse ragione, che non c’era nulla da scoprire e che tutto si era svolto esattamente come gli investigatori avevano ricostruito.
Non andare in giro a fare lo sceriffo ricordava bene le parole con cui era stato redarguito il primo giorno, dunque pensò di arrendersi e che già a partire da quello stesso pomeriggio, fattosi un bel thé, avrebbe spalmato quella delizia di miele fresco su una fetta biscottata e si sarebbe messo davanti al computer, cancellando il suo falso profilo. Voleva iscriversi con il suo vero nome, “postando” anche una fotografia che aveva scattato l’estate prima al mare e lo ritraeva bello, abbronzato e con la camicia bianca aperta sul petto.
Hai visto mai che faccio qualche conoscenza per trovare un po’ di compagnia! Pensò fra sé sorridendo.
Invece quella sera stessa, come sempre, non seppe tenere a freno la sua curiosità e si mise a navigare su Internet e a cercare di capire se il veleno delle api si poteva usare in altro modo e di veleno naturale in veleno naturale, si trovò di fronte a una notizia che lo lasciò perplesso:
“Nel 1984 un giovane scienziato di nome Wade Davis riuscì a procurarsi con poche difficoltà ad Haiti la misteriosa polverina usata dagli stregoni…. Facendola analizzare scoprì che conteneva tetradotossina, estratto di pesce palla, un veleno potentissimo che uccide un uomo per arresto cardiocircolatorio con soli 1-2 mg.…” seguiva una pagina di informazioni su come riuscire ad acquistarlo.
Dunque si poteva comprare attraverso Internet un veleno sconosciuto ai più, che uccideva senza lasciare traccia! Nulla poté distoglierlo dall’idea di approfondire anche quella ulteriore ricerca. E chi meglio del suo amico informatico avrebbe potuto aiutarlo di nuovo a cercare di far luce nella sua testarda idea che si trattasse per forza di un omicidio?
“No, Raffaele. Assolutamente non è possibile questa volta.”
Il brigadiere sapeva che se l’amico lo chiamava col suo nome per intero erano guai, sarebbe stato difficile smuoverlo dal suo diniego, ma dopo un tira e molla durato qualche giorno riuscì a farlo crollare:
“Va buo’ Rafe’ , facimm’ come vuo’ tu!”
“Cerca se un tale Condello Alfredo di Castel San Pietro ha acquistato veleni via Internet, anche per uso medicinale, sai lui è medico, titolare di un laboratorio e… po’ te prumett’ ca nun me sient’ chiù!”
Il brigadiere nel dargli le ultime direttive gli assicurò che non lo avrebbe mai più messo così in difficoltà. Cominciava a far fresco la sera, la fine dell’estate era alle porte e i viali si coprivano di foglie gialle e rosse che svolazzando piano piano cadevano a terra. Lui si intristiva sempre all’arrivo dell’autunno, fra poco sarebbe arrivato un altro compleanno, l’ennesimo, senza che avesse incontrato l’amore. In più in questo periodo aveva anche l’assillo di quel caso irrisolto. O meglio che lui si era convinto fosse irrisolto, ormai da giorni nemmeno più il suo amico lo chiamava per dargli notizie fresche. Decise così di andare a trovarlo:
“Rafe’, meno male che sei qui , ti avrei cercato. E’ stato lungo e difficile, ma ci sono riuscito. Eccoti i risultati dell’ultima ricerca che ho fatto per te” e calcò sulla parola ultima a ricordargli la sua promessa, poi continuò “Come puoi vedere nessun Condello ha ordinato veleni in nessuna parte del mondo via Internet.”
Gli passò i fogli con i risultati dell’ indagine condotta e aggiunse “A Castel San Pietro, nell’ultimo anno solo un ordine è andato a buon fine” continuava a sfogliare, a cercare “aspetta, l’ho messo qua, mo’ non lo trovo più, comunque si tratta di un’azienda che fa uso di veleni per l’apicoltura”
“Apicoltura? Chi è il titolare? Una donna?”
“No. Perché me lo chiedi? Ah ecco qua l’ho trovato è un certo Mariano Silenzi. Lo conosci?”
“No. Cioè so chi è ma non l’ho mai visto e che veleno ha ordinato? “
“Tetadrotossina”
Aveva lasciato tutto sul tavolo e si era precipitato via di corsa senza nemmeno salutare e ringraziare l’amico. Doveva correre dal maresciallo, questa volta avrebbe dovuto ascoltarlo, troppe erano le coincidenze per non coinvolgerlo direttamente nella sua indagine. Appena giunto nell’ufficio del suo superiore però fu preceduto dallo stesso:
“Di Martino, proprio te cercavo, mi devi accompagnare a fare un colloquio con l’ex marito della donna che hai trovato morta, hai la macchina pronta?”
“Qui fuori signor maresciallo, ma perché andiamo da lui? “
“Un ultimo, superfluo controllo. Dai tabulati telefonici risulta che il giorno del rinvenimento avevano parlato per qualche minuto la mattina.”
Il brigadiere tacque, essere presente all’interrogatorio di Mariano Silenzi, nonché ex marito della vittima, era più di quanto si sarebbe aspettato in quel momento e non voleva rinunciarvi per nessuna ragione.
“Lei ha telefonato a sua moglie la mattina del giorno in cui poi è stata trovata morta?” il maresciallo aveva cominciato il colloquio e il brigadiere fingendosi distratto, scrutava l’ufficio in cui erano stati ricevuti, cercando di trovare qualcosa che potesse colpire la sua curiosità.
“Sì “
“E come mai?”
“Siamo, eravamo anzi, separati ma ci sentivamo spesso.”
“Come stava sua moglie quel giorno?”
“Bene che io sappia”
“Non glielo chiese? Siete stati al telefono per più di qualche minuto, cosa vi siete detti?”
“Veramente “ l’uomo sudava visibilmente senza motivo dato che non faceva assolutamente caldo ”io l’ho invitata ad assaggiare l’ultimo miele che avevo preparato. Lo facevo sempre ogni volta che riuscivo a produrne un nuovo tipo. Lei era un’ottima assaggiatrice”
“E la signora venne poi da lei?”
“Sì certo”
“A che ora?” intervenne il brigadiere
“Poco dopo aver terminato la telefonata, diciamo verso le undici ”
Il brigadiere si era informato bene. La tetadrotossina, una volta ingerita nel giro di qualche ora comincia a dare i primi sintomi: intorpidimento della lingua e delle labbra per arrivare a una paralisi progressiva che porta la vittima ancora cosciente a non potersi muovere fino al completo arresto cardiocircolatorio.
“E cosa le ha fatto assaggiare? Questo? ” chiese. E gli sbatté sul tavolo il piccolissimo barattolo di miele che aveva notato poco prima poggiato su una mensola seminascosto da una pila di libri.
L’uomo visibilmente nervoso e agitato si era alzato di scatto e gli aveva tolto di mano il barattolino
“No, no, questo no!”
“Le spiace assaggiarne un po’?”
Il maresciallo non sapeva dove volesse arrivare il suo collaboratore, ma capiva bene quando un colpevole mentiva o era in difficoltà e continuò sulla stessa strada, senza battere ciglio:
“Allora ha sentito cosa le ha chiesto il brigadiere? Perché non vuole assaggiarlo?”
“Non posso farlo” si metteva le mani davanti la faccia, si massaggiava i capelli e si fermava stringendo i pugni quasi se li volesse strappare. Iniziò a piangere e crollò:
“Mi aveva tradito, umiliato, deriso. E io niente, sono stato sempre comprensivo, ho cercato di esserle amico, sperando che un giorno sarebbe tornata da me, ma il tempo passava, lei non mi voleva più. In me cresceva la rabbia, la voglia di vendicarmi e di fargliela pagare una volta per tutte. Così ho ordinato del veleno via Internet, l’ho chiamata con una scusa e le ho fatto assaggiare il miele in cui avevo sciolto la polverina. L’ho seguita da lontano, volevo godermi lo spettacolo e quando ha iniziato a sentirsi poco bene deve aver pensato che le serviva un po’ d’aria, perché si è incamminata lungo il fiume. Erano le dodici e mezza, non c’era nessuno, ha cominciato a muoversi a fatica poi è caduta nel cespuglio e da lontano si scorgeva solo il suo gabardine rosso. Mi sono avvicinato e l’ho vista cosciente, incapace di reagire, che implorava aiuto con gli occhi, mentre alcune api le pungevano il viso, per aver invaso il loro territorio. In quel momento ho avuto la mia rivincita, finalmente era lei che soffriva…….”
Il caso era stato risolto, l’omicida portato dal giudice e poi in carcere. Il brigadiere Di Martino pensò a quanto male può fare l’amore. Gli mancava il dolce e amaro sapore di una relazione importante. Sapeva che forse non sarebbe mai riuscito ad averne una, la cercava e la sfuggiva al tempo stesso da sempre, e amaramente concluse:
la mia donna sarà bella, sarà in gamba, sarà dolce….sì dolce come il miele.
(f.p.)