di Silvia Mariaelena Damiani
Le voci di Nike
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Titolo: Dolce Fiele
Serie: Le voci di Nike (2)
Genere: fantasy
Autore: Silvia Mariaelena Damiani (la sua libreria su aNobii)
Nazionalità: italiana
Anno prima pubblicazione: 2013
Ambientazione: una non specificata città dei giorni nostri, ma anche un regno antico e dimenticato
Personaggi: Nicole detta Nike alias Nirheake, Kaspar, Derreck, Lear, Demian, Clod, Nabil, Amelia, Malesius detto Mal, Rhea
Casa Editrice: Senso Inverso
Disegni e Copertina: Marta Andreuzza
Pagine: 173
Provenienza: donato dall’Autrice
Link al libro: SITO UFFICIALE – FACEBOOK – IN LETTURA – ANOBII – GOODREADS – BOOKTRAILER
inizio lettura: 27 luglio 2014
fine lettura: 9 agosto 2014
Voto: 7 e 1/2/10
Con quanti nodi mi legheresti?
Sei nodi, uno per ogni senso.
Uno per la vista che ci riduce a strisciare.
Uno per la musica corruttrice delle nostre abitudini.
Uno per il freddo pavimento delle nostre dimore.
Uno per il sapore aspro dell’autunno.
Uno per la potente fragranza della morte.
Per il battito del tuo cuore.
Questo è il seguito di un romanzo che ho molto amato, e mi spiace dire non mi è piaciuto come il precedente, perché mi ha lasciata insoddisfatta. Sempre una bella lettura, però.
Kaspar e Nike sono l’esempio più puro del concetto di amore. Inaspettatamente però, come spesso accade nella vita, qualcosa va storto. All’improvviso, infatti, un tragico accadimento spezza per sempre quella relazione che per entrambi era una ragione di vita.
Ma l’amore vero non ha confini e Kaspar, seppur rimasto solo, continua ad aggrapparsi alle visioni che nella sua mente tengono in vita l’amata Nike.
(Dalla quarta di copertina)
Nike e Kaspar
Ho ricevuto questo romanzo direttamente dall’autrice perché avevo molto apprezzato il precedente, Le Voci di Nike. Purtroppo ricordavo assai poco dell’altro libro, e forse è stato anche per questo che ho faticato tanto a entrare in sintonia con questo seguito. Non che l’altro romanzo fosse chiaro e lineare, anzi, ricordo che proprio il fatto che raccontasse eventi sovrapposti facendoci comprendere a poco a poco cosa stava succedendo e cosa era successo in passato, era stata una delle cose che mi aveva affascinato di più. Stavolta la trama è complicata dalla presenza di allucinazioni che colpiscono il protagonista. Anche qui ci sono più storie parallele, che portano avanti la stessa tragedia, con una differenza però: stavolta è Nike ad essere morta, e Kaspar ad essere rimasto col dolore. E’ stata la vecchia Rhea ad introdurre questa “variante”, facendoci sperare che stavolta sia davvero “per l’ultima volta”…
Anche questo romanzo, come il precedente, è diviso in “voci” invece che in capitoli, e l’ultima, la sesta (sei nodi, uno per ogni senso…), è stata quella che mi è piaciuta di più.
Le rovine del castello.
L’ambientazione è stavolta moderna, in una non meglio precisata città di cui vediamo qualche appartamento, una clinica per malati mentali e, soprattutto, le rovine di un antico castello, sicuramente il luogo che mi è piaciuto di più: così affascinate, straordinariamente bello, e pieno di mistero, e di ricordi… è stato reso veramente bene da Silvia tutto il potere di questo luogo così evocativo!
I personaggi… ecco, i personaggi purtroppo sono una delle cose che mi ha fatto un po’ abbassare il voto. Innanzi tutto, ho fatto veramente tanta confusione tra di loro: meno male che all’inizio del libro c’era una sorta di dramatis personae perché altrimenti mi sarei persa del tutto! Poi, e questo ha pesato maggiormente sul giudizio, il protagonista, Kaspar, non è riuscito a conquistarmi, e nonostante mi dispiacesse molto per lui non sono proprio riuscita ad entrarci in sintonia. Ora, sono ormai un po’ di recensioni che lo ripeto, e ogni nuova lettura mi pare confermarlo: io ho evidentemente qualche problema con le storie d’amore. Non è sempre stato così, e credo non lo sia ancora del tutto, ma, non so, forse la mia zitellaggine ha alfine preso il sopravvento rendendomi insensibile ai dolori del cuore, fatto sta che la straordinaria storia d’amore che ne La Voci di Nike mi aveva emozionato tanto, qui mi ha un po’ annoiato.
Nike e Kaspar in una “posa” particolare.
Lo stile invece mi è piaciuto molto. Anche quando non ci stavo capendo niente, anche quando Kaspar mi faceva un po’ storcere il naso, comunque ho apprezzato sempre la lettura. Anche in questo romanzo ci sono alcune frasi che si ripetono, le famose “voci” che tormentavano Nike e ora se la prendono con Kaspar, e come nel precedente romanzo queste continue, ossessive ripetizioni, lungi da risultare petulanti contribuiscono invece a creare l’attesa, ad affascinare, e ovviamente anche a collegare i vari avvenimenti tra di loro. Peccato per i soliti refusi (sì, non lascerò mai passare inosservato un “gli” al posto di “le” oppure un accento e/o apostrofo messo nel posto sbagliato, fatevene una ragione!), grande applauso invece per i disegni, opera di Marta Andreuzza, che accompagnano il testo: sono veramente bellissimi! Qui nel post ve ne ho proposto qualcuno, quelli che mi sono piaciuti di più e che non erano troppo spoiler! :)
La parte superiore della copertina rappresenta il volto di Kaspar e delle mani (quelle di Rhea?) che incombono su di lui. All’inizio non mi era piaciuto tanto questo disegno, forse perché pensavo alla bella copertina del precedente romanzo, che si allungava fino alla quarta, creando un unico disegno. Ma osservando l’immagine a libro finito, cercando di valutarne puramente l’effetto estetico, trovo che sia invece proprio un bel disegno, che l’aggiunta del colore rendo molto diverso da quelli dell’interno, realizzati dalla stessa autrice. La parte inferiore, con i famosi nastri rossi (con quanti nodi mi legheresti?) che circondano il titolo, mi è piaciuta invece fin da subito.
Il titolo è interessante, non eccessivamente originale, ma calzante, e questa è sempre una cosa che apprezzo molto.
Il segnalibro che ho usato durante la lettura è stato realizzato da me.
Commento generale.
Nel complesso un bel romanzo, che però mi ha lasciata un po’ insoddisfatta a causa soprattutto dell’ovvio, ma forse un po’ ingiusto, confronto col precedente, Le Voci di Nike. Infatti Dolce Fiele mi è parso un po’ come la ripetizioni del precedente, solo ambientato ai giorni nostri, e dal punto di vista di Kaspar.
Il finale in un primo momento mi aveva lasciata insoddisfatta, ma mentre scrivevo questa recensione mi sono accorta che continuavo a pensarci, a formulare svariate interpretazioni, ci trovavo tanta speranza invece della disperazione che mi aveva colpito in un primo momento, e mi sono allora resa conto che l’unico motivo per cui di primo acchito non mi era piaciuto è che avrei voluto qualcosa di assolutamente chiaro e conclusivo, ma onestamente non sono quelli di solito i finali che preferisco, anzi! E un finale del genere avrebbe stonato moltissimo con questo romanzo!
Curiosità
Nel libro viene citata spesso una canzone dei NowHere. All’inizio io credevo fosse una band inventata ai fini della storia, invece esiste davvero! Ed ecco qui la canzone le cui parole sono strettamente legate alla storia di Nike e Kaspar. Il titolo è 6000 lives.Grazie a…
…Silvia, che mi ha regalato questa bella fiaba due volte: prima scrivendola e poi inviandomi il libro!
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