“Evoluzione della specie” questo il titolo del nuovo tour teatrale di Dolcenera, approdato in questa fine d’autunno, in una notte “finalmente” fredda, al Teatro delle Celebrazioni di Bologna. Un’interessante opportunità per apprezzare più da vicino Dolcenera che, confesso, conoscevo solo attraverso qualche video su YouTube e MTV. Seppure ancora breve, una carriera già importante quella di Dolcenera, al secolo Emanuela Trane, nata in territorio salentino il 16 maggio 1977. Nel 2003 si fa conoscere dal grande pubblico italiano vincendo la 53esima edizione del Festival di Sanremo Giovani con il brano “Siamo tutti là fuori”. Da quel momento inizia ad ottenere vari riconoscimenti quali ad esempio il Premio De Andrè come “Miglior artista emergente” al M.E.I. e il Leone d’argento nel 2005 come “Rivelazione musicale dell’anno”. Ben presto si fa conoscere anche fuori dall’Italia e, nel maggio 2011, esce il suo ultimo album “Evoluzione della specie”, presentato durante questo tour. Ebbene, mai serata ed occasione sono state le più indicate per cogliere la più profonda ed intima scintilla che accende le sue canzoni, ma, soprattutto, la sua voce incredibile e suggestiva, che ben si sposa al suo fido pianoforte, accompagnata e supportata magnificamente dalla sua band. Davanti ad un pubblico entusiasta e partecipe, Dolcenera ha dato vita ad uno show estremamente variegato e, a tratti, non di immediata e facile fruizione, esibendosi in una corposa scaletta che ha sapientemente mixato la sua produzione recente e passata con l’interpretazione di alcune cover che hanno rappresentato importanti passi per la sua crescita artistica e professionale. Davanti ai nostri occhi si è potuto assistere ad uno spettacolo, per la regia di Anna Maini, ricco di musica, ma non solo. Al suo interno recitazione, movimento scenico, costumi e luci, parlano tutti di una profonda e importante evoluzione, che si svolge a 360 gradi e che tocca soprattutto il suono: si passa infatti, senza soluzione di continuità, dall’acustico all’elettronico, dal jazz al rock, dal piano bar alla disco, con alcuni brani caratterizzati da forti contaminazioni, fino ad un profondo “trattamento elettronico”.
Il concerto si svolge in due tempi ben distinti e quasi in antitesi tra loro: una prima parte cupa, quasi tetra, sospesa tra le favole di Hans Christian Andersen e il mondo incantato e surreale di Lewis Carroll e della sua “Alice nel paese delle meraviglie”, con Dolcenera nel ruolo narrante della regina delle nevi prima di bianco vestita, algida ed irraggiungibile, poi, liberata da sovrastrutture e legacci, aggressiva e dark nella sua scollata tuta nera, quasi da Mistress sadomaso; la seconda parte è di contro molto più solare, gioiosa e positiva, trascinante ed orecchiabile, fino ai bis con “Il sole di domenica” e “L’amore è un gioco” che accendono di genuino entusiasmo la platea del teatro. L’evoluzione del titolo riguarda, tra l’altro, la specie maschile e femminile, e narra dell’antica ed eterna lotta nelle relazioni tra uomo e donna, tra l’istinto primordiale al sesso e alla procreazione darwiniana dell’uomo; ma è anche una profonda meditazione sulla complessità della donna in tutte le sue sfumature di pensiero, carattere e psicologia che, in fondo, sogna un amore per salvare il mondo. Si alternano dunque sul palco canzoni profondamente diverse per tonalità, genere, tematiche e influenze (“Nel regime delle belle apparenze”, “Survivor”, “Dagli occhi di una donna”, “Il mostro”, “La Canzone dell’amore perduto”, “Fino a domani”, “Un giorno strano”). Quello che ci resta a fine concerto è dunque un caleidoscopio di colori, sensazioni e note che tocca il cuore e l’anima, ben sottolineando quell’evoluzione del personaggio che, alla fine, è prima di tutto artistica, perché nasce da un nuovo modo di ascoltare e scrivere musica e testi, ma, in fondo, anche dalla necessità di una trasformazione lenta e graduale verso una nuova epoca.
L’immagine di Dolcenera è stata gentilmente concessa dal Teatro delle Celebrazioni di Bologna