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Dolomiti Contemporanee: Casso e la carica propulsiva dell’arte contemporanea

Creato il 26 agosto 2014 da Ilnazionale @ilNazionale

image (2)26 AGOSTO – Ha aperto i battenti nel 2012 lo spazio espositivo di Dolomiti Contemporanee nell’abitato di Casso (Pordenone) ed ogni anno ha saputo riproporsi al pubblico e al mondo dell’arte contemporanea come un format vincente di laboratorio creativo ed artistico, rigorosamente gratuito. L’edificio che ospita permanentemente la mostra è l’ex-scuola del paese che, dopo la catastrofe del Vajont nel 1963, non era più stata aperta. Dopo mezzo secolo il curatore Gianluca D’Inca Levis ha deciso di recuperarla e farne un centro per la cultura contemporanea della montagna, inserendolo all’interno del progetto Dolomiti Contemporanee: laboratorio di arti visive in ambiente.  Oltre allo spazio di Casso, sono stati recuperati e aperti altri otto spazi nelle Dolomiti: fabbriche abbandonate, complessi industriali inutilizzati, elementi chiusi ed “artificiali” inseriti all’interno del contesto naturale delle Dolomiti, patrimonio Unesco, che hanno riacquistato vita e valore grazie alla concreta forza propulsiva dell’arte contemporanea.
image (1)La conferma della riuscita del progetto museale di D’Inca Levis è confermata non solo dall’affluenza di visitatori – cultori di arte contemporanea e numerosi turisti che d’estate visitano il caratteristico abitato di Casso – ma anche dalla presenza di notevoli personaggi di spicco come Philippe Daverio e Vittorio Sgarbi (attesi a fine agosto), nonché Marc Augé, il noto antropologo francese, che è stato ospite nel paese durante il weekend di ferragosto per intervenire il 17 a Forni di Sopra all’incontro L’uomo è il territorio: antropologia dei luoghi, dove ha trattato temi legati al paesaggio contemporaneo e al ruolo dell’uomo all’interno ed in relazione ad esso.

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In esposizione dal 18 luglio al 31 agosto 2014 notevoli artisti dello scenario italiano ed internazionale dell’arte contemporanea (Abate, Arruzzo, Bosco, Fogarolli, Gala, Grotto, Hundun, Manzini, Martini, Menchini, Penso, Tomè) che hanno interpretato il tema “The inner outside (bivouacs)”, ovvero il “bivacco”: un piccolo spazio interno, involucro minimo di sussistenza, che viene posto all’esterno, una cellula di sopravvivenza da cui preparare l’immersione nello spazio esterno. Da questo concetto esce ad esempio l’opera “Esoscheletro” di Michelangelo Penso, una vera e propria ricostruzione in gomma ed alluminio di quello che potrebbe essere la struttura ossea interna di un animale, oppure la video performance “Questa sosta non è un orto” di Mario Tomè: l’artista in prima persona sospeso all’interno di un box in legno getta dei messaggi verso il basso, al mondo esterno.

Martina Napolitano

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