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Domande alla 24enne in palestra

Creato il 05 gennaio 2016 da Marina Viola @marinaviola
Domande alla 24enne in palestraSono tornata in palestra dopo mesi di assenza. Da casa mia sono sette minuti a piedi, e durante il tragitto ho quasi fatto marcia indietro dodici volte. Ma èbello arrivare dopo così tanto e scoprire che non è cambiato quasi nulla: rimane nell’aria lo stesso odore di linoleum, dello shampoo e del balsamo della doccia, gli stessi suoni dei tapis roulant che girano e girano facendoti fare chilometri senza andare da nessuna parte, la musichetta inutile, la signora che pulisce gli spogliatoi che mi saluta con affetto. Sono entrata fingendo una convinzione tipica del 4 gennaio, dopo i vari buoni propositi che si fanno, sperando che durino. Mi sono messa i miei vestiti della palestra: pantaloni che uso ormai da mesi come pigiama, una t-shirt con una patacca davanti, un paio di scarpe di sei anni fa un po’ sporche di fango perché le uso a Becket, calze spaiate. Tanto, mi dico sorridendo da sola, non siamo mica qui per farci notare, no? Ho riempito la mia bottiglietta d’acqua e ho schiacciato start sul tapir roulant, il penultimo nella fila centrale che uso sempre. Ho cominciato con i classici cinque minuti di riscaldamento, a passo lento, mentre sul mio iPhone cercavo la musica giusta: ho scartato a priori Dalla, che poi mi commuove, Bob Dylan e Guccini, perché non approverebbero di essere ascoltati in un posto così poco proletario e ho optato per Vado al Massimo (tutto il cd) di Vasco. Sono pronta, mi dico aumentando la velocità.Alzo gli occhi e vedo lei: ventiquatto anni al massimo, pantaloncini corti e neri che mostrano una depilazione raffinata e fresca, una canottiera aderente rosa che sottolinea la perfezione di due seni piccoli, perfetti per il corpo, magro e slanciato. I calzini, ovviamente non spaiati, dello stesso rosa della canottiera, le scarpe nuove e belle. I capelli, di un biondo schifosamente naturale e lisci, sono raccolti in una coda di cavallo lunga giusta, che fa sciuf sciuf: destra, sinistra, ad ogni falcata di corsa, ritmata da una musica dell’ipod sicuramente scelta per aiutare a mantenere il ritmo della corsa. Non una goccia di sudore, non un accenno di affanno. Ogni tanto, sempre correndo, la ventiquattenne guarda il telefono e risponde ai messaggi che riceve, senza perdere né ritmo né velocità, e senza cadere.Queste sono le domande che avrei voluto farle, se non avessi avuto un fiatone da fumatrice incallita.Cara ventiquattrenne che vieni qui, di fronte a me, conciata così:Invece non le ho detto niente. Vasco mi cantava una canzone dolce quando ho deciso, 45 minuti dopo, di andare a fare una sauna e una doccia calda. Mi sono asciugata, incremata, rimessa la mia canottiera di lana, i miei vestiti normali e sono andata a casa, ad aspettare che Richard mi dicesse a che ora incontrarci. Sarà un anno lunghissimo, me lo sento.

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