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Domande oziose

Creato il 21 ottobre 2011 da Antonio

Domande oziose

William Turner, Il ramo d'oro, 1834.
Londra, Tate.


All'inizio di Il Ramo d'oro Frazer narra di quanto accadeva nei tempi antichi nel bosco sacro dove si ergeva il santuario di Diana Nemorensis. "In questo bosco sacro cresceva un albero intorno a cui, in ogni momento del giorno, e probabilmente anche a notte inoltrata, si poteva vedere aggirarsi una truce figura. Nella destra teneva una spada sguainata e si guardava continuamente d'attorno come se temesse a ogni istante di essere assalito da qualche nemico. Quest'uomo era un sacerdote e un omicida; e quegli da cui si guardava doveva prima o poi trucidarlo e ottenere il sacerdozio in sua vece. Era questa la regola del santuario. Un candidato al sacerdozio poteva prenderne l'ufficio uccidendo il sacerdote, e avendolo ucciso, restava in carica finché non fosse stato ucciso a sua volta da uno più forte o più astuto di lui.
L’ufficio tenuto in condizioni così precarie gli dava il titolo di re; ma certo nessuna testa regale riposò tra maggiori inquietudini, né fu mai turbata da più diabolici sogni. Anno per anno, d'estate o d'inverno, col tempo buono o con la bufera egli doveva proseguire la sua solitaria vigilia, e se cedeva a un tormentato sonno lo faceva a rischio della sua vita. Una diminuita vigilanza, la più piccola diminuzione nella forza delle sue membra o della destrezza della sua guardia, lo metteva nel più grave pericolo; l'imbiancarsi dei suoi capelli poteva segnare la sua condanna a morte." James George Frazer, Il ramo d'oro. Studio sulla magia e la religione, 1922.
***
Ieri è stato ucciso Gheddafi e oggi qualche giornalista si chiede se la fine di un regime debba coincidere necessariamente con la morte del dittatore. Trovo la domanda terribilmente oziosa, figlia forse di una retorica tipicamente occidentale che tenta di salvare la faccia in extremis. Non amo assistere a scene cruente ma ancora meno sopporto gli esami di coscienza tardivi.
La morte di un dittatore dopo la caduta del suo regime non è un fatto emotivo, come le folle inferocite e poi esultanti potrebbero far pensare, bensì un fatto di una razionalità quasi hegeliana. Non dico si tratti di un fatto ragionevole ma razionale, nel lucido delirio di Hegel la ragionevolezza lasciava il posto alla razionalità!
Se un uomo lega indissolubilmente la sua persona ad un regime, si identifica con quel regime, allora ne consegue che la fine del suo regime deve coincidere con la sua fine, non può non coincidere con la sua fine.
Da qui a provare allegria per la morte francamente per me il passo è troppo grande, non per buonismo o per pacifismo ma perché mi risulta difficile pensare che la morte possa accompagnarsi all'allegria.
E' noto che la democrazia è l'unico regime in cui chi governa non viene sostituito in modo cruento, per questo conviene soprattutto a chi vuole governare farlo in modo democratico.
Questo per quanto riguarda la notizia della morte di Gheddafi, riguardo invece la morte di altre persone nei giorni scorsi permettetemi di rimandarvi al  post di Nicola Pezzoli (alias Zio Scriba), a mio avviso scritto in maniera sublime per far capire quale peso viene dato ai fatti che accadono.

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