Domani non sarà futuro

Mi trovo a Palermo.
Che non è una città lenta, è una città immobile, soddisfatta e ghignante sul suo stesso immobilismo. Una città in cui un certificato di disponibilità al lavoro ti prende quasi cinque ore per un foglio di carta stampata. Ed è la norma.
Mi trovo in una città, Palermo, in cui in certi angoli strategici staziona sempre qualcuno e guarda. "Perché, non si può stare qui?". Una città dove quasi tutti i pezzenti si sentono padroni del mondo. E alcuni pezzenti sono in effetti i veri padroni della città. Pezzenti pieni di soldi, ma pezzenti pezzi di merda.
Mi trovo a Palermo che ha confuso il futuro col domani, col tempo che passa, quando il tempo che passa, cazzo, il tempo che passa è passato, il tempo che passa e non dà niente non è futuro, perché futuro è ciò che io sto progettando, è il mio credere nel domani e scommetterci su.
Odio questa città bellissima, odio Palermo, non perché ingessata nel suo rifiuto di darmi qualcosa oggi, bensì perché incapace di concedermi la speranza in un domani. "E che ti aspetti, le cose così vanno qui. E andranno sempre peggio."
Io, io non confondo il domani col futuro. Io non ho niente, ma ho il tempo che mi resta e ne sono padrone. Sarò padrone della mia fortuna e della mia fine, nei modi che non so, in un tempo che non mi è dato conoscere.
Ma non mi arrendo a non credere nel futuro, a confondere il futuro con ciò che mi si destina a perdere irrimediabilmente, a meno che non mi "faccia furbo" e non riesca a fregare il sistema. Ma io non voglio fregare il sistema, il sistema della mafia, si chiami essa coi nomi di un boss o del baronetto del cazzo.
Io non voglio qualcosa ora, tutto e subito, io voglio riconosciuto il mio diritto a essere sempre migliore e a veder riconosciuto il cammino che faccio e ciò che so fare e che saprò fare domani. Domani, dopodomani, tra tutto il tempo che mi resta, meno un attimo per dire: ho vissuto.
La mia vita è mia. Palermo, se la prenda chi vuole.