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Domenica d’agosto

Creato il 02 gennaio 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Domenica d’agosto Era molto tempo fa. Una domenica d’agosto. La ricordo perché quella mattina, verso mezzogiorno, venni folgorato dalla figlia del maresciallo dei carabinieri del mio paese. Potrei dire perfino l’ora, visto che avevo al polso l’orologio della Prima Comunione che i miei genitori mi facevano portare solo la domenica, ma non credo sia importante. Come accadeva a chi non poteva permettersi una gita al mare, la pineta del paese era il luogo dove ci si incontrava finita la messa. Spesso mio padre mi comprava un ghiacciolo alla menta (il mio preferito), che se lo avesse saputo mia madre si sarebbe incazzata come una belva perché mi “rovinava il pranzo”, qualche volta neppure quello perché mia madre aveva deciso di accompagnarci. Ma quella domenica, seduto sulla panchina vicino a mio padre che leggeva “Il Messaggero”, ebbi la folgorazione di cui ho parlato all’inizio. Ad un certo punto, come Chiara nel film Fratello Sole, Sorella Luna di Zeffirelli, la figlia del maresciallo mi apparve in lontananza inondata dalla luce del sole. Mi sembrò di rivivere la stessa scena con tanto di “effetto flou” che ammorbidiva il mondo intorno rendendolo magico. Lei vestiva un abito bianco senza maniche, scarpe di vernice rossa aperte e una chioma di capelli biondi che si muovevano seguendo i passi del suo andare cadenzato. Rimasi affascinato a guardarla mentre si avvicinava, non riuscendo più a succhiare il ghiacciolo che stancamente mi stava gocciolando sulla mano. Mi ero innamorato, fulminato all’istante da tanta grazia e da tanta bellezza. Ed era accaduto seguendo le regole romantiche dell’innamoramento ai miei tempi, con tanto di cinguettare di uccelli e di svolazzare di farfalle. La figlia del maresciallo (della quale ricordo perfettamente il nome ma non ve lo dico), si avvicinava sempre di più alla nostra panchina tanto che avrei voluto alzarmi, correrle incontro ed abbracciarla e, anche se Francesco nel film non lo aveva mai fatto, darle un bacio come Tony Musante a Florinda Bolkan in Anonimo veneziano. In pieno tumulto da ragazzino in overdose d’amore, non sapevo più cosa fare perché sembrava che lei stesse venendo proprio da me. E infatti la direzione era quella, solo che il destinatario di tanta grazia era il suo genitore, il maresciallo dei carabinieri del mio paese che, in borghese, era seduto accanto a mio padre a leggere il Resto del Carlino. Quando arrivò per sederglisi affianco, mi ripresi in un attimo dalla trance nella quale ero caduto, ma averla ad un metro bastava per sentire il mio cuore andarsene per fatti suoi. Continuando a leggere i rispettivi giornali, mio padre e il maresciallo stavano parlando di settembre non guardandosi mai, ma dall’aria che avevano assunto sembravano tutti e due molto preoccupati. “Certo – disse il maresciallo – a settembre saranno cavoli amari”. “Beh maresciallo – rispose mio padre – non mi puoi dire che le cose vanno bene”. “Certo che non vanno, però c’è troppa tensione in giro. Ma hai visto che gli operai si sono messi con gli studenti? Studenti – sottolineò il maresciallo – figli di papà che non hanno voglia di fare un cazzo e che fanno i cortei per non studiare”. “Ma maresciallo non è che la situazione a scuola sia molto diversa da quella delle fabbriche”, provò a replicare mio padre. “Non sapevo che nelle scuole ci fossero le catene di montaggio”, rispose sprezzante il maresciallo. “No – disse allora mio padre – e meno male, almeno gli studenti non verranno fuori tutti uguali”. Fu in quel momento che, per la prima volta da quando avevano iniziato la discussione, si guardarono. “Ce lo prendiamo un aperitivo?” disse il maresciallo. “Si però stavolta pago io”, rispose mio padre. Si alzarono dalla panchina e si avviarono verso il bar. Io rimasi solo con la figlia del maresciallo che, maledizione, nel frattempo era diventata ancora più bella. “A quale scuola ti sei iscritto?” mi chiese. “Alle Magistrali – risposi – e tu?” “Anch’io, allora saremo in classe insieme”. Balbettando risposi “Magari”. Quella domenica d’agosto avevo quattordici anni che non erano i quattordici anni di oggi. Allora, al massimo, si poteva andare a vedere un film “vietato” e scoprire quello che le donne avevano sotto la camicetta, mentre oggi la camicetta la si toglie direttamente (alle donne). Però quella domenica d’agosto capii due cose: la prima, che in autunno sarebbe successo un mezzo disastro, gli studenti e gli operai insieme rappresentavano più di un corteo, erano un movimento di massa. La seconda, che sarei andato a scuola con la ragazza più bella del paese che, quella domenica, mi aveva detto che saremmo stati in classe insieme. Ma non accadde, purtroppo. Suo padre a settembre fu trasferito e io non la rividi mai più. Avevo perso la mia “Chiara” ma avevo anche deciso che non sarei mai stato San Francesco.

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