Magazine Cultura

Domenica Luise “L’usignola stonata”

Creato il 05 ottobre 2012 da Viadellebelledonne
Domenica Luise “L’usignola stonata”   immagine di Domenica Luise
 
 

I testi di Domenica Luise possiedono tutte le sfaccettature della poesia moderna, originale e agile, mai farraginosa. I suoi versi “vibrano di puro colore, di luce che esplode e si tinge del rosso dei papaveri estivi, divenuti metaforicamente timbri di ceralacca da rompere e spezzare, sigilli di un inconoscibile che si palesa attraverso richiami, simboli, intuizioni.”*
La poetessa ha un talento speciale per palesare sentimenti in espressioni che traspongono dal personale quotidiano all’universale in cui tutti possono riconoscersi.
E con il linguaggio semplice che chiarifica anche laddove si addensa l’ombra del dolore, porgendo le immagini salvifiche del credente che, pur di fronte al male, non si arrende, non smette di indicare il cielo.
Dalla terra si alza il suo sguardo e certamente trova le parole in quel rarefatto contesto in cui l’anima ha il sopravvento sulla stanchezza del corpo: “Il tempo e la materia, con cui necessariamente dobbiamo confrontarci, riconoscendone la nostra sostanza (l’essenza è oltre), non sono visti da Domenica Luise con freddo distacco intellettuale, in essi e di essi siamo noi, gli altri, il nostro reciproco parlare, gli affetti, la permanenza degli stessi nelle cose.”*
Così nei suo versi ci si sente spesso sospesi, tra materia e spirito, e sorpresi di come l’Autrice riesca a intessere quotidianità e pensiero poetico, a creare nella sua cucina-fucina prelibatezze per la mente.

*I corsivi sono tratti da una presentazione ai testi di Flavia Isetta sul “Giardino dei poeti” che ben ne riasume l’essenza.

Cogli la vita
come i papaveri in estate, bocche
che ridono ai misteri, timbri di ceralacca
su lettere strettamente personali da cielo in terra e le più dolci
ferite
con quel colpo nello stomaco dove la fiamma
ha toccato e appiccato.
Dalla goccia al mare in schiuma d’onda.
E non dovrò più tagliarmi le unghie
nemmeno entrare e uscire da una porta
o tingermi i capelli. Libera
poesia
e fiato semplice.
Il caleidoscopio ricompone l’immagine
con l’ultima tessera d’oro.
Ecco, ora vedo. Quasi.
Buonanotte, le ore
si sgomitolano, fili di seta
sulle palpebre.
.
Ignari o quasi
Ognuno ha la sua goccia. Così andiamo
infiniti
ascoltando il brulichio
di vermi e grandi ali
con colori e tutù e dna.
Esistiamo. Pianeti di contrasti
in orbite senza occhi per vedere
sufficientemente
gli strani umori dell’erba
e le galassie di cui siamo il granello. Il giro
di un’armonia che non abbiamo suscitato
in equilibrio nel vuoto
fra altri equilibri e intelligenze
e grosse pietre che si muovono, ciò che sorprende
è l’ordine e come scintillano la notte
lucciole nelle siepi e stelle. La vis a tergo
del sangue nei nostri corpi. Nascono
crescono muoiono nascono.
.
Gluoni
C’è un’ala che batte libera da qualche parte
o è il cuore? Si può volare
con un’ala? Se la luce mi prendesse
ancora dalla pietra. Strano, crescono
unghie e capelli, il tempo
è dritto, ha inizio durata fine, quale Maciste
ha la forza di piegarlo a cerchio
e farne un punto? Gluoni
è una parola strana che mi piace
misteriosa, ecco. Imbevuta
come il pan di Spagna della torta nel suo liquore.
Coincidenza di inizio e fine nel momento perfetto
amore pensiero slancio gratitudine
perché la scintilla della vita ha appiccato.
Dov’è Dio?
Così battiamo parole sui tamburi di pelle
inchiodate nella terra dei morti
in Golgota nuovissimo quotidiano. Qui
e ora.
Dagli effetti li distinguiamo
ma non si lasciano acchiappare. L’origine
ignota del tutto ignoto quasi per intero
irrisolvibile indicibile non immaginabile
imprevedibile. Strano.
E noi qui dentro sempre oltre. Addensamento oscuro
per eccesso di luce.
Le domande zampillano trafitte.

Argentea
Tutti i colori delle parole
dal prato all’eterno, così
ecco
perché? Poi prima
ora.
Fummo saremo
siamo. E soltanto
un punto di ossa e sangue
momentaneamente animati
che si toccano
forse
a sprazzi, ma osiamo
dire per sempre.
Ricordi le favole? I giochi
e il meglio che avemmo, quando
sognavamo il radioso avvenire
per il quale bastava studiare
e che poi venne, con la luna
dietro la finestra
a bussare sull’albero di arance
e i figli e i nipoti
e ogni caduta sotto la croce.
Libertà
fra le mani e le foglie, quali
fragranze ai giorni. Il mercurio
delle parole che restano
in memoria. Ho spalancato
quella persiana.

Domenica Luise è presente in alcune antologie, in molti siti web, ha partecipato al poemetto corale La versione di Giuseppe, Accademia di Terra d’Otranto, Neobar e gestisce diversi blog, quello principale è http://usignolamimma.wordpress.com/
http://usignolastonata.wordpress.com/
http://beatiipoeti.blogspot.it/



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :