
Nell’organizzazione sociale di molte specie animali si creano delle gerarchie che si basano fondamentalmente sull’aggressività e la dominanza
Nell’organizzazione sociale di molte specie animali si creano delle gerarchie che si basano fondamentalmente sull’aggressività e la dominanza.
In campo etologico, il termine aggressività sta a indicare quei comportamenti di confronto che hanno come esito il predominio su uno o più contendenti. Il termine comportamento agonale viene utilizzato per indicare tutti i moduli comportamentali dell’aggressione, ossia quelli della lotta e della fuga. I moduli della lotta o dell’attacco sono comportamenti che portano ad una posizione di dominanza e ad un distanziamento spaziale e sociale del contendente. Includono sia la lotta, reale e ritualizzata, sia la minaccia. I moduli della fuga sono comportamenti di rinuncia alla competizione o al superamento di ostacoli, includono sia comportamenti di fuga, ossia di allontanamento fisico, sia tutti i moduli della sottomissione.
J. Archer distingue tre tipi di aggressività:
1. Aggressività protettiva (in caso di attacchi da parte di cospecifici o predatori, per dolori improvvisi o intrusioni territoriali).
2. Aggressività parenterale (volta a proteggere i nuovi nati).
3. Aggressività competitiva (finalizzata a ottenere territorio, accessi preferenziali alle risorse, precedenza su partner sessuali e alleanze opportunistiche).
L’aggressività protettiva e competitiva sono quelle coinvolte in situazioni che riflettono interazioni di dominanza.
Per studiare l’influenza dei rapporti di dominanza e il comportamento aggressivo, sugli ormoni da stress e sulle funzioni immunitarie, sono stati utilizzati modelli animali, in particolare ratti e primati.
Nei ratti subordinati i livelli basali di corticosterone sono più elevati in rapporto a quelli dei ratti dominanti. Inoltre, dopo uno stress acuto, gli animali subordinati presentano una resistenza ai glucocorticoidi e non secernono un incremento di corticosterone in risposta a stress acuti, come invece si verifica in quelli dominanti.
In base al comportamento, durante le interazioni, i subordinati possono essere distinti in subdominanti (quando conservano un comportamento attivo, ad esempio tentano di combattere), o sottomessi (quando sono totalmente passivi, si nascondono o fanno atto di sottomissione mostrando le zone vulnerabili). I sottomessi hanno un’attivazione cronica dell’asse HPA e un incremento di glucocorticoidi. I subdominanti presentano un incremento di adrenalina e una diminuzione di corticosterone-binding globulin (CBG), associata ad un aumento del corticosterone libero che comporta un incremento della sua funzione.
A livello immunitario si ha un incremento della risposta Th2, per aumento dei corticosteroidi, diminuzione dei linfociti nei subordinati e aumento dei leucociti negli animali feriti.
Studi sui primati hanno evidenziato l’influenza del rango, ma anche della personalità sull’attivazione dell’asse HPA. Ad esempio, i macachi Rhesus con alti livelli di eccitabilità (eccitati, attivi e subordinati) e meno fiduciosi, hanno di base livelli più bassi di cortisolo rispetto a quelli che hanno più fiducia e aggressività.
I soggetti di basso rango hanno un rischio maggiore di contrarre malattie, dopo inoculazione virale, e hanno un livello di cortisolo più elevato rispetto a quelli di alto rango. Si è visto che due fattori contribuiscono ad elevare il livello di cortisolo nel gruppo dei subordinati: il livello di esperienza di stress e la disponibilità di un supporto sociale da parte di altri membri del gruppo. Inoltre, i subordinati spesso non si riproducono.
Studi sulle interrelazioni tra aspetti sociali del comportamento (socievolezza, aggressività e rango) e risposte immunitarie in vivo e in vitro, hanno evidenziato che livelli di basso rango sociale e situazioni di instabilità si associano ad un aumentato rischio di morbilità e mortalità. Inoltre, il supporto sociale modera questi effetti, indipendentemente dallo stato sociale, e sono le caratteristiche individuali del comportamento e della personalità che contribuiscono in modo sostanziale ad instaurare queste relazioni.
Per ulteriori approfondimenti su questo argomento si rinvia al testo Multidisciplinarietà in Medicina
