La costruzione imperiale alla nostra epoca è guidata da fattori endemici rafforzati da estremismi ideologici. I tentativi semplicistici di spiegare la guerra con riferimenti all’influenza del complesso militare industriale non prendono in considerazione il relativo declino nella classifica dei settori più importanti dell’aerospaziale e della difesa tra il 2001 ed il 2002 tra le 500 società leader.
Le conquiste imperiali di oggigiorno sono basate sulla spinta alla conquista del mondo, un progetto che le Nazioni Unite dovevano prevenire (per questo erano state create), e sull’apertura a future opportunità per le MNC degli USA. Il dominio militare è concepito per assicurare accesso futuro alla ricchezza e non per generarla nel processo della conquista. La guerra e la rete dei satelliti militari sono intesi a creare una rete mondiale per facilitare profitti monopolistici grazie a governanti clienti disposti ad offrire diritti di sfruttamento alle MNC americane.
“La costruzione dell’impero non è un tè pomeridiano”, disse una volta un colonnello dei marines USA in pensione, riferendosi alla violazione sistematica dei diritti umani che accompagna le guerre imperiali e le conquiste. Niente riesce a far comprendere meglio la conquista violenta, deliberata e programmata e l’occupazione brutale intrinseca alla costruzione imperiale degli Stati Uniti, quanto l’opposizione USA alla corte criminale internazionale ed il maligno braccio di ferro che ha forzato più di 50 paesi a firmare accordi bilaterali che danno impunità al personale militare americano. Ma non è certo la natura inumana delle guerre imperiali e neppure la violazione evidente della legge internazionale né la creazione di imbrogli per giustificare la conquista imperiale che causano delle creppe nel blocco di potere al governo (funzionari di Stato ed elite aziendali), quanto piuttosto le discussioni tra i rappresentanti delle lobbies militari dell’impero al potere e i rappresentanti del potere economico sulla migliore tattica per costruire l’impero e consolidare il dominio senza erodere la capacità della “repubblica” a finanziare lo Stato imperiale.
Luciano Vasapollo, Mauro Casadio, James Petras, Henry Veltmeyer – “Competizione globale: imperialismi e movimenti di resistenza”, Jaca Book, 2004