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Don Bosco 1815-2015: post #23

Creato il 03 maggio 2015 da Tgs Eurogroup @tgseurogroup
Leggendo le “Memorie dell’Oratorio” di Don Bosco, nell’anno del Bicentenario della Nascita, oggi ricordiamo il momento in cui l’Oratorio si stabilì a Valdocco…
logo_bicentenario_don_bosco_2015_04Memorie dell’Oratorio
Trasferimento dell’Oratorio presso al Rifugio.

La seconda domenica di ottobre sacra alla Maternita di Maria partecipai ai miei giovanetti il trasferimento dell’Oratorio presso al Rifugio. Al primo annunzio provarono qualche turbazione, ma quando loro dissi che colà ci attendeva vasto locale, tutto per noi, per cantare, correre, saltare e ricrearci ne ebbero piacere, ed ognuno attendeva impaziente la seguente domenica per vedere le novità che si andavano immaginando. La terza domenica di quell’ottobre, giorno sacro alla purità di M. V., un po’ dopo il mezzodì ecco una turba di giovanetti di varia età e diversa condizione correre già in Valdocco in cerca dell’Oratorio novello.
– Dove è l’Oratorio, dovè D. Bosco? – si andava da ogni parte chiedendo. Niuno sapeva dirne parola, perché niuno in quel vicinato aveva udito a parlare né di D. Bosco né dell’Oratorio. I postulanti credendosi burlati alzavano la voce e le pretese. Gli altri credendosi insultati opponevano minacce e percosse. Le cose cominciavano a prendere severo aspetto, quando io e il T. Borrelli, udendo gli schiamazzi, uscimmo di casa. Al nostro comparire cessò ogni rumore, ogni alterco. Corsero in folla intorno a noi, dimandando dove fosse l’Oratorio.
Fu detto che il vero Oratorio non era ancora ultimato, che per intanto venissero in mia camera, che, essendo spaziosa, avrebbeci servito assai bene. Di fatto per quella domenica le cose andarono abbastanza bene. Ma la domenica successiva, agli antichi allievi, aggiugnendosene parecchi del vicinato, non sapeva più ove collocarli. Camera, corridoio, scala, tutto era ingombro di fanciulli. Al giorno dei Santi col T. Borrelli essendomi messo a confessare, tutti volevano confessarsi, ma che fare? Eravamo due confessori, erano oltre dugento fanciulli. Uno voleva accendere il fuoco, l’altro si adoperava di spegnerlo. Costui portava legna, quell’altro acqua, secchia, molle, palette, brocca, catinella, sedie, scarpe, libri ed ogni altro oggetto era messo sossopra, mentre volevano ordinare ed aggiustare le cose. Non è più possibile andare avanti, disse il caro Teologo, uopo è provvedere qualche locale più opportuno. Tuttavia si passarono sei giorni festivi in quello stretto locale, che era la camera superiore al vestibolo della prima porta di entrata al Rifugio.
Intanto si andò a trattare coll’Arcivescovo Fransoni, il quale capì l’importanza del nostro progetto. Andate, ci disse, fate quanto giudicate bene per le anime, io vi dò tutte le facoltà che vi possono occorrere, parlate colla Marchesa Barolo; forse essa potra somministrarvi qualche locale opportuno. Ma ditemi: questi ragazzi non potrebbero recarsi alle rispettive loro parocchie?
– Sono giovanetti per lo più stranieri, i quali passano a Torino soltanto una parte dell’anno. Non sanno nemmeno a quale parocchia appartengano. Di essi molti sono mal messi, parlano dialetti poco intelligibili, quindi intendono poco e poco sono dagli altri intesi. Alcuni poi sono già grandicelli e non osano associarsi in classe coi piccoli.
– Quindi, ripigliò l’Arcivescovo, è necessario un luogo a parte adattato per loro. Andate adunque. Io benedico voi e il vostro progetto. In quel che potrà giovarvi, venite pure e farò sempre quanto potrò!
Si andò di fatto a parlare colla Marchesa Barolo, e siccome fino all’agosto dell’anno successivo non si apriva l’Ospedaletto, la caritàtevole signora si contentò che noi riducessimo a cappella due spaziose camere destinate per la ricreazione dei preti del Rifugio, quando essi avessero colà trasferito la loro abitazione. Per andare adunque al novello Oratorio passavasi dove ora e la porta dell’ospedale, e pel piccolo viale che separa l’Opera Cottolengo dall’edifizio citato, si andava fino all’abitazione attuale dei preti, e per la scala interna si saliva al 3º piano.
Lì era il sito scelto dalla Divina Provvidenza per la prima chiesa dell’Oratorio. Esso cominciò a chiamarsi di S. Francesco di Sales per due ragioni: la Perché la Marchese Barolo aveva in animo di fondare una Congregazione di preti sotto a questo titolo, e con questa intenzione aveva fatto eseguire il dipinto di questo Santo che tuttora si rimira all’entrata del medesimo locale; 2a perché la parte di quel nostro ministero esigendo grande calma e mansuetudine, ci eravamo messi sotto alla protezione di questo Santo, affinché ci ottenesse da Dio la grazia di poterlo imitare nella sua straordinaria mansuetudine e nel guadagno delle anime. Altra ragione era quella di metterci sotto alla protezione di questo santo, affinché ci aiutasse dal cielo ad imitarlo nel combattere gli errori contro alla religione specialmente il protestantismo, che cominciava insidioso ad insinuarsi nei nostri paesi e segnatamente nella città di Torino.
Pertanto l’anno 1844 il giorno 8 Dicembre, sacro all’Immacolato Concepimento di Maria, coll’autorizzazione dell’Arcivescovo, per un tempo freddissimo, in mezzo ad alta neve, che tuttora cadeva fitta dal cielo, fu benedetta la sospirata cappella, si celebro la santa messa, parecchi giovanetti fecero la loro confessione e comunione, ed io compii quella sacra funzione con un tributo di lagrime di consolazione; perché vedeva in modo, che parevami stabile, l’Opera dell’Oratorio collo scopo di trattenere la gioventù più abbandonata e pericolante dopo avere adempiùti i doveri religiosi in chiesa.

Giovanni Bosco, “Memorie dell’Oratorio di S. Francesco di Sales dal 1815 al 1855″, con saggio introduttivo e note storiche a cura di Aldo Giraudo, Roma, LAS 2011.Link correlati:

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