Torino, Velvet Club.
Fresco di stampa, Fiume Nero viene subito testato dal vivo dal musicista membro dei Cannibal Movie.
In apertura assistiamo con curiosità al nuovo progetto di Rella The Woodcutter (Eternal Zio, Ca’ Blasè) in combutta con Ilce. È appena uscito un lavoro, Arimo, e a un primo ascolto sembrano già sapere il fatto loro. Nella presentazione della band si fanno i nomi di primi Black Dice e Animal Collective, e a noi pare di capire che la proposta del duo sia molto più “storta” e orientata a una forma di trance, devota a canovacci dove l’attitudine free è ancora più messa a fuoco. Tant’è, performano per tre quarti d’ora, e resta complicato capire a fondo certi suoni, tanto melmosi risultano alle nostre orecchie. In fin dei conti si tratta di una rimasticatura di elementi pop, traghettati con forza verso un mare psichedelico, con i synth di Ilce che miscelano le basi fino a creare una sorta di drone gassoso e insistente, e Rella che si alterna tra le macchine e la chitarra, mostrandosi in grado di tirare fuori accordi che si attorcigliano su loro stessi. Da seguire con attenzione.
È molto tardi, ma Donato Epiro e il socio Gaspare Sammartano, che avevano in precedenza montato per bene tutta la strumentazione, si mettono con caparbietà a creare quei cangianti tappeti sonori che ci accompagneranno per tutta la serata. Si comincia con particelle che aumentano di numero, e col passare dei minuti si amalgamano impetuose (un fraseggio di tastiera, una base ritmica sparuta). Anche qui, circa tre quarti d’ora di note che si rincorrono, facendosi tutt’uno con l’ambiente (e con gli spettatori, che rimangono particolarmente catturati dalla prova), in un’esibizione senza sbavature (tranne un frangente, dove sembra di ascoltare uno sfarfallio quasi anarchico che spezza il ritmo generale). Nella parte centrale del concerto abbiamo avuto poi davvero la sensazione di venire inghiottiti in un vortice, che ci accompagna, metaforicamente, al largo del mare in tempesta. Dunque anche la prova dal vivo conferma che un disco come quello appena uscito ha molte frecce al suo arco: Epiro riesce a domare una molteplicità di suggestioni quasi mostruosa. Non era facile, va ribadito, d’altronde quando si hanno nella mente ben chiare quelle che sono le proprie radici culturali (mettendo in atto una strategia consapevole) e si guarda in avanti con curiosità e spirito critico (alludo alle tradizioni folk che intimamente ci appartengono), si va molto lontano. Il musicista pugliese continuerà con tranquillità per la sua strada, ne siamo certi.