"Mamma sei tornata? Mamma guardami ti prego Mamma" La madre lo guarda gli sorride.
La febbre è calata, la sua fronte è intiepidita. Il figlio si stende vicino alla madre e si addormenta abbracciato a lei. Sovente si abbracciava alla madre affondando il volto nel suo grembo, e stretto a lei ascoltava il battito del cuore che era musica per la sua anima.
Donna Leo, diminutivo di Eleonora che è il suo nome, è chiamata Lio mahilà in segno di rispetto dai locali (in hindi donna leo-ne).
Viso scarno, naso affilato, occhi verde scuro e sguardo dolce, un bel sorriso addolcisce la sua espressione accigliata e indagatrice.
Instancabile lavoratrice, gestisce l'ambulatorio, assiste partorienti, si occupa del lavoro del conte, della casa, del figlio e poco di se stessa.
Arrivata in India all'età di 26 anni con un figlio piccolo, la conoscevano come moglie del conte, morto all'improvviso per una febbre. Con un cospicuo patrimonio si erano stabiliti in quella comunità dove tutti conoscevano la moglie e il figlio del conte. Un Baba, caro amico spirituale del conte, si occupò dell'istruzione del ragazzo, iniziandolo alle arti marziali, alla cultura indiana insegnandogli l'hindi e il sanscrito, iniziandolo alle filosofie orientali e ai suoi misteri.
Amico e protettore di Eleonora, il Baba l'aveva aiutata ad aprire un ambulatorio dove poter aiutare gli indigenti: le portava erbe per decotti e tisane risanatrici da integrare ai pochi farmaci che arrivavano dall'Europa con la nave, due volte l'anno.
L'attività di famiglia l'aveva affidata al signore del porto, socio e amico intimo del conte, mentre Eleonora si occupava di tutta l'amministrazione.
Una mano gli tocca la spalla svegliandolo. "L'altra" lo trova ancora abbracciato alla madre, con lo sguardo basso gli annuncia la visita del Baba. Lui non gradiva più le visite del Baba lo temeva, aveva una forte influenza sulla madre e ne era geloso.
Guarda alla madre, mentre si alza dal letto e le prende una mano per baciarla, sente il calore della febbre che la divora. La chiama e la scuote, mentre le sue urla concitate fanno accorrere la servitù e il Baba, che fa uscire tutti dalla stanza e allontana anche il figlio che si rifiutava categoricamente di lasciare la madre. Rimane chiuso per tutta la giornata in quella stanza il Baba e quando esce dà disposizioni alla servitù e al figlio per curare donna Leo.
Eleonora migliora e ogni mattina riceve le cure della giovane ragazza inglese. Lui aspetta con piacere la visita della ragazza, è bella e stà volentieri con lei e la madre. L'aiuta ad accudirla, la prende fra le braccia e la solleva mentre la ragazza chiama la schiava per rifare il letto. L'altra non si sente umiliata ma gelosa, vede con quanta dolcezza lui si rivolge a lei e la gelosia le rode il cuore e sente la fredda fitta, stringe i denti e finisce il suo lavoro.
Lui, con in braccio la mamma si inginocchia sul letto aiutato da lei per adagiare donna Leo. Lei si china e sfiora il volto del ragazzo con i capelli, lui ne avverte l'odore ne immagina il tatto e li guarda e immagina di poter passare la sua mano in quella chioma rossa, un brivido sale dalle reni e lo disorienta. Stranamente non era eccitato come gli capitava quando annusava o pensava ad una donna, ma un sentimento di quasi tristezza mista a passione che dallo stomaco gli esplodeva nel cuore. A Lui piace questa nuova sensazione e non perde occasione per stare vicino o alle spalle di lei e annusarla, e sentire con un respiro profondo l'odore della giovane donna che, ancora priva di malizia, non profuma di acqua di colonia ma di pelle pulita e fresca. Donna Leo non si lascia sfuggire l'espresione del figlio mentre alle spalle della ragazza chiude gli occhi nell'inspirare quell'effluvio di giovinezza. "Ecco- pensa Eleonora- Questa è la sua parte mancante!"
Lui si era portato nelle sue stanze il diario della madre e l'anello. Quella sera, deciso a finire di leggerlo indisturbato, si ritirò presto salutando la madre con un bacio in fronte.
Trasse dall'involucro, slegando il nastro di raso bianco, il diario e con rispettoso tocco lo aprì:
<<Il padrone mi prese l'innocenza e ogni notte straziava le mie carni e insieme alla violenza seminò anche un "frutto". Lui non voleva quel figlio, non voleva nessuno. Ero sua proprietà e non voleva dividermi con nessuno. Avrebbe ucciso la piccola vita in me, lo aveva urlato:"Nascondere il disonore in quella casa onorata e benedetta dal signore, estirpando l'erba cattiva che stà crescendo dentro la fanciulla!" Un nipote della signora, cugino del padrone, mi aiutò a scappare e mi portò a casa sua consegnandomi alla servitù e alla cura di una sua vecchia parente che abitava con lui e se ne andò in India, dove aveva interessi.Un rumore fece trasalire il ragazzo che nascose frettolosamente il diario, e la porta si aprì lentamente...
Quella signora mi insegnò a leggere e a scrivere ...e mentre ti aspettavo con tutta la gioia nel sentire crescere la vita dentro me, leggevo tutto il possibile dalla grande biblioteca...e pregavo ..!!!quanto pregavo , stavo ore nella cappella in ginocchio con la fronte appoggiata ad un gradino e per tutta la giornata mi rimaneva il solco sulla fronte …...>>