Ormai la sua vita si era incanalata in una dolce e piacevole abitudine, ma
sempre abitudine era, e sempre più spesso uguale a se stessa. Ma viveva serena
questo ritmo dolce della sua vita; rimasta ormai sola, a sessant’anni suonati,
fortunatamente ancora in discreta salute, godeva delle piccole cose che le
giornate le offrivano, fosse anche solo una passeggiata sotto un tiepido sole o
un gelato. Poche erano le amicizie che coltivava; non le dispiaceva la
solitudine di serate con un libro o con un telo da ricamare o un lavoro con l’
uncinetto o, semplicemente, un bel film.
Frequentava la Biblioteca dell’Archivio Storico e dopo una vita lavorativa
come insegnante, continuava a mantenere attiva la mente con letture e altri
interessi culturali.
In quell’Archivio erano custoditi tutti i documenti relativi alla città, dalla
sua nascita, e spesso incontrava scolaresche o singoli studenti alla ricerca di
notizie o approfondimenti.
Quella mattina Lidia aveva deciso di volersi bene, coccolarsi insomma, e dopo
aver oziato per buona parte della mattinata, decise di uscire sotto
il bel sole di maggio, così, senza meta, dove l’avrebbero portata i piedi lì
sarebbe andata.
Si vestì con cura: tailleur gessato sobrio ed elegante, un filo di perle sulla
camicetta fucsia, un velo di trucco sul viso curatissimo e l’immancabile
foulard indossato come un cravattino. Scelse anche le scarpe color fucsia,
forse un po’ troppo appariscenti per la maggior parte delle donne della sua
età, ma Lidia non era “la maggior parte”, e lei si piaceva così, libera di
usare i colori della primavera.
Si avviò, molle e leggera, senza una meta precisa, nelle stradine della sua
piccola città, ed entrò, senza neanche pensarci, in un salone di bellezza da
poco aperto; non frequentava tanto questi locali, ma oggi aveva voglia di
coccole. Alla ragazza che si avvicinò, disse che non voleva niente di
particolare, ma solo una… rinfrescatina generale; la ragazza sorrise, disse:
“Beh, lei è già abbastanza piacevole, ma venga, cominciamo dai capelli…”.
Fresca di manicure, i capelli pieni di luce, rilassata dal massaggio appena
fatto, decise di pranzare in un ristorantino dove andava talvolta, non aveva
proprio voglia di rincasare e prepararsi un pranzetto solitario.
Dopo il sobrio ma ottimo pasto in cui si era concessa anche un bicchiere di
buon vino, uscì dal ristorante con uno stato d’animo veramente disteso e
sereno.
“Forse è questa la felicità – si disse – e comunque si avvicina molto” e
sorrise. Ora ci voleva un bel libro e una poltroncina tranquilla, ma
non aveva voglia di tornare a casa, sarebbe andata nella Biblioteca dell’
Archivio, e per arrivarci avrebbe anche fatto una bella passeggiata, tutto
molto piacevole.
*********
Lo notò subito, non perché fosse particolare ma perché lui la guardava come
affascinato. Incrociò il suo sguardo e ne colse la luce, ed era molto
piacevole, ne fu lusingata; da quanto tempo un uomo non la guardava così? o
era lei che non sapeva più leggere gli sguardi? Sorrise in silenzio, mentre
entrava nel vano “segreteria” per chiedere notizie sugli ultimi libri, e poi si
diresse agli scafali per prenderne uno consigliatole. Ne udì la voce alle
spalle: “Signora, posso aiutarla?”
Si volse e rivide la stessa luce in quegli occhi, ma, Dio mio, quanto giovane,
quasi un ragazzo… sui quarant’anni, non di più, e la guardava con un’intensità
brillante di gioia.
“Sì, grazie… terzo volume del quarto ripiano, deve essere ben pesante… e lei è
molto gentile”.
“Eccolo qua, signora… in effetti, è pesantuccio… dove glielo poso? Se vuole
leggere con una bella luce naturale, glielo appoggio al tavolo vicino al mio,
si sta davvero bene”.
“Sì, seguirò il suo consiglio, la ringrazio…”.
Il giovane sembrava intento in qualche ricerca, aveva attorno documenti e
mappe da cui copiava dati e poi impilava con cura.
Lidia si immerse nella lettura, cosa sempre gradita, e in effetti era stata
ben consigliata dalla segretaria, il libro era tanto coinvolgente che il tempo
volò. Si alzò dalla poltroncina quasi di scatto, un po’ intorpidita, e guardò l’
orologio… il pomeriggio galoppava. Chiuse il libro e lo lasciò sul tavolo,
sapeva che il personale addetto lo avrebbe rimesso al giusto posto.
Rivolse al giovane sul tavolo a fianco un cenno di saluto, e andò a prendere
la borsa nel deposito effetti personali; e, all’uscita, ecco il giovane! La
precedeva di poco e si fermò per cederle il passo e tenerle la porta aperta.
Come un gentiluomo d’altri tempi, pensò Lidia, e sorridergli ancora era stata
la cosa più naturale.
“Signora, non mi consideri invadente, ma permetta che mi presenti… mi chiamo
Michele, sono avvocato e vengo qua per una ricerca su un vecchio fatto
ereditario… ma per stasera basta lavoro… gradirei offrirle un caffè, un the, se
lo accetta…”.
Ecco ancora la luce degli occhi di lui nell’attesa della risposta, e Lidia ne
fu lusingata e intenerita.
“Sì, perché no? Un the andrebbe benissimo, c’è giusto un localino delizioso
qua vicino, lo frequento qualche volta con le amiche”.
Si avviarono vicini, lui camminava lentamente, come se volesse gustare più a lungo quello stare insieme, e lei sentiva tutta la tensione della novità,
questo passeggiare con un giovane che, perché negarlo, risvegliava una parte
che forse aveva trascurato: il piacere di piacere.
Davanti al the fumante tutto divenne più facile, anche lo sfiorasi le mani nel
porgere lo zucchero, sorridere per banalità, o raccontarsi. Michele aveva
quarantatré anni, viveva in un paese vicino con la mamma in un bel rapporto di
confidenza e tenero affetto. Non si era mai sposato, e tutto sommato stava
bene così; ogni tanto una fiamma, una storia, ma niente di concludente.
Neanche Lidia si era mai sposata; forse – raccontava – non era fatta per il
matrimonio o non aveva incontrato la persona giusta, chi lo sa!
Ormai stava calando la sera, e Lidia voleva rientrare. Disse: “E’ tutto il
giorno, oggi, che sto fuori di casa, e alla mia età…”.
“Alla sua età? – Michele parlò come un ragazzino, d’impulso – che c’entra l’
età, lei è una bella donna e, una donna, è donna sempre!”.
Lidia sorrise, compiaciuta, e lusingata per quel fervore giovanile.
“Vado comunque, sono un po’ stanca – appena si alzò anche Michele era in piedi
- ed è quasi notte, ormai”.
“Signora…”.
“Va bene anche solo Lidia”.
“Lidia, sono felice, posso accompagnarla, almeno un tratto?”
“Non abito lontano, ma certo!, facciamo ancora due passi insieme”.
Le sere di Maggio sono le più belle di tutto l’anno, e quella sera in modo
particolare.
L’aria era profumata e i loro passi lievi.
“Ecco, siamo arrivati, la mia casa è quella alla fine di questo vialetto… è
stata una serata piacevole, anzi, per me tutta una giornata piacevole. Grazie
per la compagnia… sono stata bene con lei, Michele…”.
“Sono io che ringrazio lei, Lidia, sono stato benissimo, felice proprio, una
bellissima serata… spero si possa ripetere…”.
Lidia sorrise e gli tese la mano, lui la prese e la portò alle labbra.
“Buona notte, Michele…” e porgergli la guancia per un bacio fu naturale.
Fece per incamminarsi nel viale e gli rivolse ancora un sorriso…
“Lidia, aspetti… ho paura di perderla… almeno un cenno di appuntamento, un
numero di telefono…”.
Questa è la sera delle emozioni, pensò Lidia; sorrise ancora, si fermò e prese
dalla borsetta un biglietto da visita. Glielo porse, e sfiorò la sua mano.
“Buona notte…” .
“Buona notte Lidia…”. Si chinò appena e sfiorò, con le sue, le labbra della donna.
*********
La giornata era stata davvero serena, bella, senza niente di strepitoso. ma
bella, e Lidia andò in camera per prepararsi per la notte. Non aveva voglia di
cenare, sarebbe bastata una tazza di latte con qualche biscotto.
Si tolse le perle e il foulard che ripose con cura, poi il tailleur che appese
per essere spazzolato l’indomani, indossò le pantofole e si apprestò a una
doccia mettendo la biancheria nel cesto. Il contatto col bagnoschiuma la
deliziò per il profumo e lo scorrere dell’acqua calda sul corpo completava quel
massaggio; si attardò sotto quella carezza… e ne gustò tutto il piacere.
“Incredibile come piccoli gesti quotidiani, se vissuti intensamente e
consapevolmente, possano essere fonte di gioie” pensava Lidia, e
asciugandosi si guardò al grande specchio prima di infilarsi la camicia da
notte. Sì guardò, anzi, si contemplò, e con una punta di orgoglio si disse che
sì, era ancora desiderabile e bella… e pensò a Michele, e al suo bacio fugace,
e ripensò alle sue parole: “…Una donna, è donna sempre!”
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“Michele, oggi hai tardato più del solito, la cena è ormai fredda… aspetta che la riscaldo…” .
“ No, mamma, non ho appetito, stasera… e ho tardato perché ho incontrato una
mia vecchia insegnante di italiano, di quando ero al liceo…”.
Michele era molto legato alla mamma, una deliziosa signora sulla settantina;
il suo per lei era un affetto viscerale e gli piaceva confidarle la sua vita.
“Ah, che bello! Chissà quanti bei racconti… e quanti fatterelli avrete
ricordato…”.
“No, mamma, non le ho detto che sono un suo ex alunno…”.
“Ma perché, come mai?”
“Mamma, ricordi? Avevo quindici anni ed ero innamorato della prof… Lo sono
stato sino alla maturità, diciannove anni…”.
“Sì, vero, lo ricordo… ma eri un ragazzino…”.
“Bene! ho pensato tante volte di cercarla, dopo il liceo, ma mi sentivo sempre
l’alunno, il ragazzino! Poi non ci ho pensato più, anzi, mi sono imposto di non
pensarci più, era più saggio. Oggi l’ho vista per puro caso, e mi è passata
tutta la saggezza!”
“Michele, continuo a non capire perché non le hai detto che sei un ex suo
alunno…”.
“Mamma, perché avrei continuato ad essere il suo ex alunno, e lei la mia ex
insegnante. Adesso, invece, siamo un uomo e una donna…”.
“Ma, Michele… è tanto più grande di te… Che dici?”
“Mamma, una donna, è una donna, sempre!”
Lis
Illustrazione tratta da Google immagini