Donne che corrono coi lupi

Da Fioridilylla @c_venturini

Copertina del libro Donne che Corrono coi lupi -
Clarissa Pinkola Estés

Donne che corrono coi lupi e Clarissa Pinkola Estés mi accompagnano ovunque. Non è detto che abbia il tempo di leggere. Mi basta averli al mio fianco, quasi fossero un alano gigante e un rottweiler che montano la guardia, difendendo il mio territorio d'anima con la loro presenza. Ho letto questo libro un numero non più calcolabile di volte. Dopo alcuni incontri al Cenacolo di Psicologia Archetipica di Roma, sono tornata ad annusare le sue pagine. Queste serate all'insegna degli archetipi, di Jung, dell'alchimia, del mito, queste serate popolate da persone i cui livelli di cultura invidio, mi hanno fatto capire quanto profonda sia diventata l'aridità dentro di me. ho dimenticato e allontanato, censurato molta anima. Da tempo ho perso la capacità di immaginare, la fantasia, l'attitudine allo scrivere libera. L'obbligo di sopravvivere e di lottare mi ha costretto in un cubo di ferro nel quale non c'è spazio per la vita. Le difficoltà nel trovare la mia strada - e un lavoro - mi hanno impoverita nei contenuti e nell'esperienza, chiudendomi al mondo e mettendo barriere invalicabili per sostenere una fatica mentale pesante oltre le mie capacità. Mi trovo in un deserto psichico; Clarissa Pinkola Estés mi parla nella favola de "La Loba". La lupa. Devo andare alla ricerca delle ossa.
La Loba è la storia che apre Donne che corrono coi lupi. Parla dell'antica forza vitale, che regola il ciclo Vita-Morte-Vita di tutte le cose. La lupa è una vecchia che vive nei luoghi naturali più selvaggi; raccoglie le ossa, in particolare quelle che rischiano di essere perdute. Le cerca tutte, ma predilige quelle del lupo. Quando riunisce l'intero scheletro dell'animale, crea i suoi rituali, canta e più canta più il lupo torna in vita, ricoprendosi di muscoli, pelle, peli. Più canta, più si attivano le forze vitali, la circolazione sanguigna e la respirazione a tal punto che il lupo si sveglia e, con un balzo, corre lontano, nel Canyon. La corsa è così veloce che l'animale si trasforma in donna, che corre libera verso l'orizzonte.  Clarissa ha avuto accesso alle ali più segrete della mia psiche. Mi ha risposto così: "Tutti noi cominciamo con un mucchietto di ossa abbandonate da qualche parte in un deserto, una scheletro smantellato sotto la sabbia. Sta a noi recuperare le parti: meglio farlo quando le ombre sono dritte, perché molto c'è da guardare". Mi ha spiegato che cosa significa cantare sulle ossa. "Cantare significa usare la voce dell'anima. Significa dire nel respiro la verità del proprio potere e del proprio bisogno, soffiare l'anima nella cosa che soffre o ha bisogno di reintegrarsi. Si fa discendendo nel più profondo umore dell'amore grande e del sentimento, finché il desiderio di una relazione con l'Io selvaggio straripa, fino a esprimere l'anima da questa struttura.". E' un lavoro solitario, dice l'Estés, che si svolge nel deserto della psiche. Non so se sono riuscita a trovare tutti i resti delle falangi, i frammenti del cranio, l'ulna, la tibia del mio lupo. E' un lavoro di cui ho bisogno.  Come iniziare gli scavi archeologici alla ricerca delle parti mancanti? Donne che corrono coi lupi è scritto da un'analista junghiana e, quindi, i suoi suggerimenti sono evidentemente l'analisi, le arti, la creatività, l'ascolto dei sogni, l'intimità. E le domande "giuste", quelle che ricordano tanto la chiave di Barbablù. "Ecco alcune domande da porsi prima di decidere quale canzone, la propria vera canzone: che cos'è accaduto alla voce della mia anima? Quali sono le ossa sepolte della mia vita? In che condizione si trova la mia relazione con l'Io istintuale? Quand'è stata l'ultima volta che ho corso libera? Come posso fare in modo che la vita torni viva? Dov'è andata La Loba?" Non so rispondere a queste domande. Davanti al alcune, c'è il vuoto più completo, come quando ti trovi davanti all'esaminatore e non sai che cosa dire, come rispondere al suo banale quesito, che pare tanto un tranello eppure richiede solo la semplicità. Davanti ad altre, sento solo le lacrime salire. Non dipingo, sogno poco, non scrivo di fantasia, non faccio analisi e nemmeno auto analisi. Avrei bisogno di tutte queste cose, avrei bisogno di allentare la morsa. Non so come fare. Per questo leggo Donne che corono coi lupi. Perché, tra le pagine, c'è una via. Tra le righe, incontro  i messaggeri capaci di superare le mie barriere e andare dritti dove il fuoco brucia, portando in dono una manciata di magia. E i sogni parlano. E le immagini tornano. Rapide, si dissolvono. Eppur mi dicono, che la poesia ancor esiste. 

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