Ci sono paesi nel mondo in cui per il solo fatto di essere donna si rischia la vita e paesi, come il nostro, in cui le donne sbagliano a considerarsi categoria a parte, quasi “specie” da proteggere alla stregua dei panda a rischio di estinzione. Mi sembra già di sentire le obiezioni: “La parità non si vede da queste cose, la donna in Italia è considerata un oggetto, non ci sono politiche per la famiglia, non ci sono donne ai vertici della politica e delle grandi aziende”… in parte verità sacrosante. Proviamo ad analizzarle.
Le donne sono considerate un oggetto: quali donne? Le famigerate Bunga Bunga girls? Le Veline? Quali? A parte il fatto che, secondo me, queste ragazze sono sufficientemente attrezzate -intellettualmente e culturalmente- per sfruttare piuttosto che farsi sfruttare. Sono loro le donne italiane? Quante di voi si prestano a vendere il proprio corpo per ottenere vantaggi di qualsiasi tipo?
Non ci sono politiche per la famiglia: è vero! Non c’è una cultura di sostegno alla famiglia e alle madri lavoratrici, non tanto dal punto di vista legislativo, ma sociale e culturale. Però –fortunatamente c’è sempre un però– le famiglie non sono composte SOLO da donne. “Sono loro che sopportano il peso maggiore": probabilmente 20, 10 anni fa era vero anche questo, ma nelle famiglie giovani siamo sicuri che sia ancora così? I maschi di oggi sono TUTTI come i loro padri, no come i loro nonni, che tornavano dal lavoro e si mettevano in pantofole?
Non ci sono donne ai vertici della politica e delle grandi aziende: e su questo punto il discorso si complica e la questione richiede almeno due considerazioni. Innanzitutto, è innegabile che la politica non sia ancora una cosa per donne, ma non lo è nemmeno per gli uomini giovani. Non si tratta solo di una questione di sesso, ma di un problema di ermetismo giurassico che impedisce l’accesso al potere a chi non è “maggiorenne”, intendendosi per tale gli over 50 con radici consolidate nel passato partitocratico elitario degli ultimi decenni.
Prima di passare alla seconda considerazione, che mi attirerà addosso l’ira di molte, a mia discolpa faccio una professione di fede: sono una femminista patologica che non solo crede nella parità, ma che addirittura è convinta che le donne, soprattutto nella gestione della cosa pubblica, hanno capacità infinitamente superiori. Detto questo,vi dico quale secondo me è uno dei problemi (forse Il Problema!) che ci impedisce di accedere al potere: le donne, soprattutto ad alti livelli, odiano le donne, alla faccia della tanto decantata solidarietà femminile (che esiste, ma purtroppo è rara).
Donne crudeli, aggressive, competitive, insidiose, disposte a tutto pur di arrivare e che, per raggiungere i loro scopi sono, come ha spiegato brillantemente la femminista americana Phyllis Chesler in un noto saggio di qualche anno fa («Woman´s inhumanity to woman», La disumanità delle donne contro le donne) riescono ad essere spietate e manipolatrici, non con l’aggressività plateale degli uomini ma in un modo più subdolo (ricordate la strega di Biancaneve?), il cui obiettivo principale non è tanto annientare i rivali in genere, ma mettere ko LE rivali.
Anna Bernardini de Pace, notissima matrimonialista, ebbe modo di dire in una intervista su Repubblica che le “donne hanno confuso l’affermazione dei loro diritti con la prepotenza”. E’ un’affermazione che fa male e che, ribadisco, è la chiave della nostra mancata scalata al potere, quello vero. La cattiveria delle donne contro le donne si concretizza in molti aspetti del vivere quotidiano: da quello personale (quando il marito tradisce, la colpa non è sempre dell’amante?), a quello professionale dove addirittura si esaspera. Se il capo è donna, state certi che la dipendente avrà meno comprensione nel caso di malattia di un figlio e se la stessa dipendente ha capacità e meriti, sicuramente le saranno riconosciuti meno facilmente che ai colleghi uomini i quali, nelle eventuali promozioni, le saranno sempre preferiti. Lo so, lo so che ci sono le eccezioni …
Alla base dell’antagonismo incandescente tra donne c’è, secondo me, e sembra quasi una giustificazione anche se vorrebbe essere un’aggravante, la convinzione che, essendoci posto per poche nella nostra società maschilista, per emergere bisogna far fuori le altre. Errore gravissimo! Se continuiamo così non saremo mai tante, se continuiamo a farci la guerra saremo sempre minoranza, come dicevo all’inizio, panda da proteggere dall’estinzione.
Io non voglio essere un panda! Voglio un futuro con reali pari occasioni a prescindere dal sesso. Se lo volessimo veramente tutte (anche quelle che al potere più o meno, a vari livelli, ci sono già) non sarebbe impossibile. Basterebbe smetterla di temere la concorrenza delle altre. Ce la possiamo fare!