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Donne disoccupate, inattive, meno “attaccate” al mercato del lavoro

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

0,6 punti percentuale è l’aumento del tasso di disoccupazione giovanile (18-24 anni) registrato in Italia rispetto al mese scorso. Disoccupazione che, come sentiamo spesso, colpisce principalmente giovani e donne, giovani, meno giovani, un po’ di tutte le età. I nuovi indicatori previsti dall’Eurostat dal 2001 permettono di evidenziare meglio la situazione della componente femminile rispetto a quella maschile sul mercato del lavoro. Questi indicatori, che si vanno ad aggiungere alla “classica” distinzione in occupati-disoccupati-inattivi, valutano la condizione delle persone con impiego part-time, ma che vorrebbero lavorare di più, delle persone che cercano lavoro, ma che non sono immediatamente disponibili sul mercto e di quelle che sono disponibili ma inattive nella ricerca.
Valutando la situazione alla luce di questi nuovi indicatori si evidenzia la presenza massiccia di donne in queste nuove categorie atipiche di “disoccupati” . E’ altissima la presenza di donne che svolgono lavori part-time, ma che vorrebbero lavorare di più, si parla di quasi due terzi del totale. Questo significa che il lavoro a tempo parziale per le donne spesso non è una scelta, ma una condizione obbligata. Anche nelle alre due nuove categorie è più forte la presenza femminile, svelando così un attaccamento minore, o comunque più debole, delle donne rispetto agli uomini, al mercato del lavoro.
Se a ciò si aggiunge che in Italia le donne sono ancora gravate, quasi interamente, dai lavori di cura, ovvero casa, figli, genitori e suoceri anziani che vanno a configurarsi come secondi, terzi e quarti lavori non retribuiti e non riconosciuti, la situazione è veramente drammatica.

Se è corretto affermare che, in generale, il grado di attaccamento al mercato del lavoro delle donne è mediamente inferiore a quello degli uomini, i dati rivelano una situazione particolarmente critica in Italia. E’ sufficiente ricordare che le donne in Italia rappresentano il 6,2% della popolazione europea totale (15-75 anni), il 5,1% dei disoccupati ma il 21% degli inattivi disponibili a lavorare. Si può pertanto affermare che una parte consistente delle persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo in Europa è costituita da donne italiane. Ciò che manca è la domanda di lavoro e condizioni lavorative (e retributive) in grado di accogliere e impiegare questo enorme potenziale femminile, a vantaggio di tutti: la qual cosa non andrebbe solo a beneficio delle stesse donne oggi inattive, ma anche delle loro famiglie e della società in generale.

Citato da qui, dove potete trovare fonti e tabelle che illustrano la situazione.

 



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