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Donne e filosofi: un viaggio per immagini lungo la storia del pensiero.
Creato il 04 dicembre 2011 da Pasquale Allegrodi Miriam Rocca
di Pasquale Allegro
Tra le righe verrebbe da evocare profumo di donna.
Non già il film, ma quella sublime sensazione di respirare un’atmosfera intelligente e delicata che solo il gentil sesso riesce a creare; lei, donna, creatrice di per sé e per gli altri.
Madre, figlia, sorella, moglie o amante; categorie asettiche davanti all’indulgere della speculazione filosofica nei pressi dei massimi sistemi. Ma se solo in cuor suo il pensatore rivolge la sua attenzione, allora nell’interrogare la storia del pensiero ci s’imbatte nell’impasse di quel pizzico di privato che ci permette di riscoprire la faccia nascosta di quell’immensa e fulgente luna che, perseverando nella metafora, rappresenta quel complesso armamentario cognitivo con cui reconditi meccanismi psicologici ne regolano il movimento dialettico attorno alla realtà delle cose del mondo.
Questo lavoro di ricerca, questo tentativo, pressoché riuscito, di “dare un volto femminile alla filosofia” non è ovviamente frutto di una serie di intercettazioni telefoniche private (sarebbe stato comunque curioso conoscere i pensieri reconditi e inconfessionabili di Socrate nei confronti dei “magistrati” del tempo, quelli che l’avrebbero poi giudicato e condannato in un processo... breve), bensì il risultato di uno studio appassionato e molto particolare svolto dalla prof.ssa Miriam Rocca, lametina doc, docente di Filosofia e Storia, nonché pensatrice folgorata sulla via di Damasco di una rinascita culturale tutta al femminile, che vede, nel ruolo che la donna ha sempre rivestito all’interno della società intellettuale, le dinamiche che hanno ingentilito le riflessioni dei grandi pensatori del passato e che permettono di riconoscervi “un’impronta di sensibilità e di acume propri dello spirito femminile”.
Questo saggio filosofico ovviamente ha una faccia e un contenitore, una copertina e un dispiegamento di pagine imbevute di aneddoti e dotte citazioni, di confessioni strappate e cronache cifrate, ancora incastonate tra gli anfratti inamovibili della memoria, inappuntabili testimonianze di chi ha condiviso l’umanità di figure considerate, a volte con esagerazione, senza tempo.
Pertanto Il volto femminile della filosofia, edito da Rubbettino, è l’involucro di siffatta esperienza teoretica, ma anche pratica, perché l’autrice confessa che il suo “vuol essere un tentativo di umanizzare la figura del filosofo, calato in un contesto familiare e sociale che non è avulso da ciò che lo circonda, ma che anzi assimila le esperienze e i rapporti quotidiani, per poi esplicarli nel suo pensiero e nel suo modo di concepire il mondo”. Sapevate voi, ad esempio, che Socrate - sì proprio lui, uno dei più importanti esponenti della Grecia antica - tra un sollazzo dialettico e l’altro, tra un “so di non sapere” buttato in pasto ai suoi discepoli fedeli ed affamati di scienza e una bevuta strabordante di alcool, doveva costantemente evitare gli strali (utensili di cucina vari, immagino, come da vita quotidiana che si rispetti) della, di lui moglie, per niente mite Santippe? O ancora, come non restare attoniti di fronte ad un Rousseau, donnaiolo e libertino impenitente, tanto assiduo nel distribuire a destra e a manca pillole di saggezza pedagogica, mentre i suoi piccoli Emilio venivano impietosamente abbandonati in un orfanotrofio? Certo, direte, gli autori vanno giudicati dalle opere e non dalla loro biografia, ma come si fa a restare indifferenti davanti ai loro vissuti, davanti alle loro esacerbanti contraddizioni?
Ma ciò che più importa all’autrice di questo appetibile saggio non è, comunque, avviare un’operazione di discredito demistificante, piuttosto riluce nella sua ricerca il desiderio consacrante di restituire, alle cosiddette “compagne” di vita dei grandi pensatori della storia, quella dignità di una presenza fondamentale, qualità importante che raramente viene avvertita tra le righe sbrigative di determinati esercizi biografici: “Allora vogliamo dare giustizia alle donne, perché la filosofia ha un volto femminile”, è scritto nel capitolo I filosofi e le donne, “e lo ha nei volti di tutte quelle donne che da madri, da mogli o amanti, figlie o sorelle” hanno dato un enorme contributo all’elaborazione del loro pensiero filosofico.
Le madri. Madri assenti, madri che abbandonano i figli, egoiste o in difficoltà, invadenti e iperprotettive, manipolatrici e possessive, ossessive fino al midollo. Madri che amano i figli e che seguono il loro pensiero; o che non lo conoscono affatto, prese come sono da faccende ben più pragmatiche. Sono tutte uguali le mamme del mondo? Certo pensare a Sant’Agostino concepito da cotanta santa, donna Monica, come in procinto di convertirsi dopo una vita di lussuria, di morte e di altre sciocchezze, grazie alle preghiere incessanti di sua madre, ci convince con compiutezza della teoria della Rocca, secondo cui “parte della loro stessa filosofia sia stata influenzata da questo rapporto”. Di contro, in tale Immanuel Kant si avverte, come causa del suo risaputo bigottismo morale con punte di lieve misoginia, l’eccessiva educazione religiosa della madre.
Le figlie. Filosofi e figlie. I figli so' piezz 'e core? Al Rousseau, tutto preso dalle rivoluzioni sociali e dai poco meno sovversivi giacigli d’amore, abbiamo già chiesto qualche riga sopra. Leggete allora del rapporto stupendo che aveva il nemico numero uno del capitale, tale Karl Marx, con le sue tre figlie e come queste si siano imbevute totalmente del suo pensiero tanto da sposare la causa del comunismo, come tanti piccoli rossi anatroccoli compatti dietro mamma anatra e la lotta di classe. Stessa sorte toccherà ad Anna Freud, figlia di Sigmund, che tutta immersa nel morboso rapporto con il padre – e nell’approfondimento della scienza della psicoanalisi stessa - ha sacrificato gran parte della sua vita di spensierata ragazza, di quegli anni fiorenti del periodo post-complesso di Edipo.
Ma Il volto femminile della filosofia di Miriam Rocca è soprattutto un libro che riscrive l’amore, come se questo venisse riformulato, come se venisse ripensato. Perché si tratta pur sempre di filosofia, di amore per il sapere e di saperne dire. Di saperne dunque scrivere, poetare. Sono preziosi infatti i lirismi che Kierkegaard affida alla penna innamorata di Regina Olsen: “E sarebbe stata una beatitudine poter incantarle la vita, una beatitudine vedere la sua beatitudine indescrivibile”. E ancora il filosofo danese: “Il pensiero (e questo era amore) era: io sarò tuo, o ti sarà permesso di ferirmi così profondamente, di ferirmi nel più intimo della mia malinconia e nel mio rapporto a Dio, così che, benché da te separato, tuttavia sarò tuo”. O come non considerare un idilliaco verso l’epitaffio nascosto nella confessione che Simone De Beauvoir farà dopo la morte del suo grande amore/non amore Jean-Paul Sartre: “Sarà così e resterà nella mia vita: avrò amato senza il passionale e il meraviglioso, ma dal di dentro”. E poi Heidegger che acclama metafisicamente la storia con Hannah Arendt come “il dono” ed evoca la loro stagione come “il nostro autunno”.
Sono tutte espressioni che solamente contemplando un volto femminile sfuggono alla rigida e soffocante sistematicità della scienza filosofica. Ma qui si tratta di vite, pur sempre vissute, di lacrime e sangue.
Titolo: Il volto femminile della filosofia
Autore: Miriam Rocca
Editore: Rubbettino
Data di pubblicazione: 2010
Pagine: 250
Prezzo: € 20,00
Da "Il Lametino", 19 novembre 2011
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