In occasione della Festa della Donna, abbiamo scelto otto personaggi femminili che più di ogni altri hanno lasciato il segno nel mondo dei videogame
L'8 marzo è un giorno di celebrazione per le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, e noi abbiamo pensato di omaggiare a modo nostro "l'altra metà del cielo" con semplicità e un pizzico di rispettosa ironia, stilando una Top 8 di quelle che sono state alcune delle più influenti figure femminili nell'universo dei videogiochi. Otto "donne" digitali, otto eroine che per un motivo o per un altro si sono ritagliate un loro spazio nella storia dei videogiochi. Donne normali, dall'indole pacifica o super addestrate al combattimento, dal fisico palestrato, esile o stilizzato, ma tutte dotate di "carattere", che incarnano a loro modo almeno un aspetto di una certa femminilità. In ogni caso, la nostra è stata una scelta difficile, perché di personaggi femminili di un certo spessore tra protagoniste, antagoniste o semplici spalle è pieno il mondo dei videogiochi e, certo, anche "eroine" come Cortana, Yuna, Sonya Blade, la Principessa Zelda o Alyx Vance, giusto per citarne alcune, avrebbero meritato una voce in questo articolo. Ma lo spazio è quello che è, e la nostra non vuole in nessun modo essere una classifica definitiva. Anzi, come amiamo sempre sottolineare in questi casi, auspichiamo che possa essere spunto di discussione e riflessione tra i nostri lettori.
twittalo! Festa della Donna anche in digitale: abbiamo scelto le 8 eroine più influenti del mondo dei videogiochi
Lara Croft (Tomb Raider)
Uno dei personaggi - icona del mondo dei videogiochi, soprattutto alla voce "eroine", Lara Croft rappresenta forse meglio di tante altre l'evoluzione, l'emancipazione, per così dire, della figura femminile all'interno dell'universo dei videogiochi. Da ricca archeologa tutta salti e tette, icona sexy degli anni '90 e oltre per migliaia di ragazzini in piena tempesta ormonale, è infatti diventata nel tempo qualcosa di più: una ragazza moderna, tenace, sicura di sé, ma al contempo emotivamente fragile davanti al dolore, alla paura e alla fatica come ogni normale individuo a questo mondo. La sua storia inizia nel 1993, quando Core Design guardava con interesse alle nuove tecnologie, in particolare a quelle legate alle console a 32-bit. In quel periodo il team inglese aveva messo le mani sul kit di sviluppo del SEGA Saturn, piattaforma che doveva essere immessa sul mercato e che in molti nell'ambiente ritenevano ideale a livello di hardware per poter dare vita a progetti più ambiziosi dal punto di vista tecnico rispetto all'allora corrente generazione di console. Come quello che da tempo aleggiava nelle menti di alcuni membri di Core Design: un'avventura dalle ambientazioni esotiche e dalla grafica 3D caratterizzata da un ritmo di gioco lento e ragionato, in cui buona parte del gameplay sarebbe stato basato sulla risoluzione di enigmi. Intitolato Tomb Raider, il progetto vide inizialmente Paul Douglas e il disegnatore Toby Gard impegnati per settimane a discutere su come poteva essere il suo protagonista, fino a quando arrivarono a elaborare un personaggio femminile. Dopo vari disegni preparatori, infatti, i due avevano abbandonato l'idea iniziale di dar vita a un avventuriero uomo armato di pistola e di frusta alla Indiana Jones: una vera e propria svolta epocale, dato che fino ad allora la figura femminile era vista nei videogiochi quasi sempre come una presenza di contorno. Core Design non poteva ancora saperlo, ma con Tomb Raider e con la sua eroina, chiamata Lara Croft, non stava solo inventando un nuovo genere e introducendo una filosofia di gioco inedita, ma stava dando vita a un autentico fenomeno di costume. Qualcosa che trascendeva e trascende i videogiochi, ancora oggi che, come detto prima, Lara è un personaggio per certi versi meno stereotipato, più simile a un essere umano che a un oggetto sessuale, come forse veniva vista da alcuni in passato.
Ellie (The last of Us)
Sono pochi i giochi che hanno saputo coniugare bene intrattenimento in senso lato, giocabilità e trama, fondendo il tutto in un prodotto magari non originalissimo, ma ugualmente capace di emozionare e far riflettere l'utente lasciandogli spesso quella sensazione di amaro in bocca per aver trattato senza banalizzarle tematiche forti e scomode. The Last of Us di Naughty Dog c'è riuscito, regalando al pubblico un'avventura desolante, brutale e spietata, ambientata in un mondo dove non esistono più regole morali e dove ogni azione, anche la più barbara e atroce è ritenuta normale. Eppure anche nel deserto più arido può nascere un fiore, e in alcuni casi questi può diventare un segno di speranza in un pianeta morente. È il caso di Ellie, la giovane protagonista che con la sua purezza interiore, la sua voglia di contatto umano, di vivere in un mondo diverso da quello in cui è nata, diventa a un certo punto il carburante che spinge il cupo contrabbandiere Joel a ritrovare sentimenti sopiti dal tempo e dal dolore. I suoi occhi ingenui aperti su un mondo in rovina, diventano per chi le sta accanto l'antidoto per sopravvivere alla crudeltà di ciò che è rimasto dell'umanità, prima ancora del vaccino che potrebbe essere ricavato dal suo prezioso sangue. Ellie donna non lo è ancora, se consideriamo l'età. Ma lo è e lo diventa sempre di più mentalmente e moralmente nel corso dell'avventura, con quel suo senso del dovere e del sacrifico tipico quasi di una mamma, pronta a dare tutta se stessa per amore e per il bene dei propri cari, forte di una compassione che non sembra volersi piegare neanche dinanzi alla bestialità di creature deformi e alle azioni negative di persone cattive. Anche nel suo momento più difficile, dopo la violenza scampata e la morte evitata per mano di David, diventa taciturna e pensierosa, ma in lei rimane quella scintilla di speranza, quella convinzione che grazie al suo dono e al lavoro delle Lucciole, la civiltà rinascerà e i mostri come gli infetti o come David spariranno in automatico dalla faccia della terra. E le basta vedere la natura incontaminata rappresentata da un branco di giraffe a Salt Lake City, miti ed eleganti nel loro incedere, per ritrovare di nuovo il sorriso, quella voglia di vivere che l'hanno resa pian piano speciale agli occhi di Joel, e di conseguenza a quelli dei videogiocatori. Ellie è un personaggio simbolo nel mondo dei videogiochi perché con la sua umanità è stato capace di scuotere tutti dal torpore stanco del quotidiano, insegnando agli altri ad apprezzare la bellezza della natura, della vita in ogni sua sfumatura, da assaporare attimo dopo attimo, in quel luogo, in quel momento. Quasi a voler ricordare a tutti noi che ci sono momenti da godere fino in fondo, finché durano, perché "del domani non v'è certezza".
Samus Aran (Metroid)
Samus Aran ha l'onore di essere una delle donne più toste dei videogiochi. Per molti appassionati è lei l'incarnazione della forza, della potenza al femminile. Alta un metro e novantuno, fisico atletico ma con le curve al posto giusto nonostante i 90 chili di peso (così viene descritta nel manuale di gioco di Super Metroid), indossa generalmente un esoscheletro che le dona particolari poteri e armi. Il suo esordio nel mondo dei videogiochi avviene in Giappone nell'agosto del 1986 in Metroid, un innovativo sparatutto a scorrimento laterale a tema sci-fi con elementi puzzle per Famicom Disk System. Fra le tante novità proposte dal prodotto c'era proprio il fatto di avere una delle prime protagoniste femminili in un videogioco (non la prima, che fu in realtà Toby Masuyo ("Kissy") del gioco Alien Sector di Namco, uscito l'anno prima). Anche se questo in realtà veniva scoperto solo alla fine e in particolari condizioni: il titolo diretto dal duo Satoru Okada e Yoshio Sakamoto contava infatti su una serie di finali alternativi legati al numero di ore impiegate dall'utente per finirlo: solo se si completava la campagna entro cinque ore, Samus si toglieva il casco e svelava la sua identità femminile. Fino ad allora per tutti lei era apparentemente un "lui", un'ex soldato della Federazione Galattica che diventava poi cacciatore di taglie. D'altronde anche il "cognome" Aran, ispirato da quello del calciatore Pelè, al secolo Edson Arantes do Nascimento, non aiutava a capirlo. Una scelta voluta dal team di sviluppo e un segreto mantenuto pure nel manuale per preservare la sorpresa. A tal proposito il co-creatore del gioco Yoshio Sakamoto ha raccontato in una vecchia intervista che l'idea di una Samus donna venne per puro caso a un membro del gruppo. "L'atmosfera del gioco originale è stata influenzata da Alien di Ridley Scott e, a un certo punto durante il processo di sviluppo, uno dei ragazzi del personale disse: 'Ehi, ve l'immaginate quanto sarebbe sorprendente e originale scoprire dopo aver eliminato decine di mostri che la persona all'interno della tuta è una donna?' L'idea piacque a tutti e così la realizzammo".
Jill Valentine (Resident Evil)
L'ex agente del reparto speciale della polizia di Raccoon City denominata S.T.A.R.S. è sicuramente una delle donne forti del panorama videoludico internazionale. Jill Valentine è allo stesso tempo forte e coraggiosa, ma anche dolce ed empatica. Doti che mette subito in campo fin dal suo esordio nel 1996 nel primo Resident Evil, dove insieme ai suoi colleghi Chris Redfield, Barry Burton e al traditore Albert Wesker rimane bloccata all'interno di una villa popolata da creature spaventose e da zombi famelici. Di lei il papà della saga, Shinji Mikami, ha detto che è stato concepita inizialmente più debole fisicamente dei suoi compagni d'avventura, ma al contempo migliore nelle competenze relative all'uso delle armi. "Quando creo dei personaggi femminili", ha dichiarato tempo fa il game designer, "non li immagino mai come degli oggetti erotici o come personaggi sottomessi a quelli maschili o alle situazioni in cui si trovano. Non voglio rappresentare le donne in quel modo, le mie devono essere persone normali che scoprono la loro interdipendenza con il progredire del gioco, o che sono già preparate a quanto dovranno affrontare grazie alla loro esperienza, a una serie di sfide che hanno vissuto in precedenza". In realtà nel corso degli anni e dei vari giochi che l'hanno vista protagonista o co-protagonista, la figura di Jill è cambiata dal punto di vista estetico, diventando fisicamente più attraente, soprattutto a partire dal remake del 2002 su GameCube, quando il disegnatore Kenichiro Yoshimura, su input del produttore Capcom Hiroyuki Kobayashi e dello staff la rese più bella in viso e nel fisico ispirandosi alla modella e attrice canadese Julia Voth. Altri cambiamenti si sono poi registrati sul personaggio per esigenze di copione (Resident Evil 5), ma ciò che conta è che in tutti i casi tutto è avvenuto senza esagerare nelle forme (a parte il fondoschiena), e senza intaccare la personalità forte e decisa dell'agente.
Chun-Li (Street Fighter)
Grazia e potenza, agilità ma anche sensualità nonostante le gambe muscolose, rese d'acciaio dai duri allenamenti eseguiti soprattutto per perfezionare quelle tecniche delle arti marziali legate ai calci. La più famosa, Hyakuretsukyaku, le permette restando salda su una gamba, di colpire ripetutamente gli avversari muovendo l'altra in aria ad alta velocità, mentre un'altra delle più conosciute, la Spinning Bird Kick, vede Chun-Li alzarsi in aria e roteare gli arti inferiori simulando il movimento delle eliche di un elicottero. Una delle icone della serie Street Fighter è stata anche una delle prime donne protagoniste di un videogioco, contribuendo con la sua presenza e le sue capacità di lottatrice a sdoganare la figura femminile dai ruoli secondari a cui spesso era relegata nei giochi, come abbiamo scritto in precedenza. Dal suo debutto nel 1991 in Street Fighter II, la quasi cinquantenne Chun-Li (è nata in Cina il 1º marzo del 1968), col suo qípáo blu è diventata di fatto un pilastro del franchising e una delle sue figure più popolari, che appare in quasi tutti gli episodi della serie, diversi spin-off e in molti dei prodotti di intrattenimento correlati alla saga di picchiaduro, dai film agli anime, passando per i fumetti, i gadget e così via. Esordisce come un agente infiltrato dell'Interpol che cerca di vendicare la morte del padre per mano di M. Bison e della sua organizzazione criminale, ma allo smembramento di quest'ultima decide di ritirarsi e di dedicarsi all'insegnamento delle arti marziali.
Elena Fisher (Uncharted)
"Elena Fisher è la versione femminile di Drake": a dirlo è stata la stessa persona che ha contribuito, e di molto, a tracciarne i tratti caratteriali, vale a dire Amy Hennig, ex direttore creativo e sceneggiatrice della serie Uncharted. In effetti la bionda e affascinante giornalista che compare in tutti i giochi principali della saga, bionda, atletica e con un viso un po' spigoloso, è certamente scaltra, spiritosa e intelligente (conosce bene la Storia e conosce tra l'altro molte lingue, tra cui il tibetano e l'arabo) come Nathan Drake, anche se appare spesso più compassionevole verso gli altri. Insomma, la potremmo definire simile al protagonista di Uncharted ma non per questo uguale, cioè a dire un semplice clone in gonnella. Piuttosto la sua è una figura complementare (come quella di Nate lo è per lei), visto che entrambi i personaggi si completano a vicenda. Quel che è certo è che Drake sembra diventare una persona migliore in sua presenza, e con lei si lascia andare senza timori, consapevole del fatto che comunque la donna sembra talvolta leggergli dentro come in un libro aperto, e che nei momenti bui sa come motivarlo a non mollare, a tirarsi su e ripartire. In tal senso Elena si rivela una persona ottimista, e quando le cose non vanno per il verso giusto, questa qualità viene fuori, come detto, per ridare morale e fiducia al protagonista di Uncharted. Certo, anche lei ha i suoi momenti di rabbia dove non disdegna di lanciarsi a capofitto nella mischia, caratteristica che è andata a modificarsi col tempo. Ma in fondo, come hanno spiegato in passato anche quelli di Naughty Dog, nel primo gioco Elena era molto più giovane, inesperta di certe situazioni e forse un po' più ingenua. Ma col trascorrere degli anni e con l'esperienza, le cose che ha visto e le avventure a cui ha preso parte, è cresciuta diventando anche un tantino più cinica e dal grilletto facile dinanzi a certi eventi, dove evidentemente non bastano la sua proverbiale intelligenza e astuzia.
Principessa Peach (Super Mario)
Da un certo punto di vista Peach ha rappresentato per anni la tipica principessina da salvare vista in tanti film, fumetti, romanzi e videogiochi. Bionda (ma in origine era rossa), occhi azzurri, carattere dolce e modo di fare elegante, col suo abitino rosa è finita spesso tra le grinfie del cattivo di turno in attesa che arrivasse l'eroe a salvarla, in questo caso il baffuto Mario. Vero è che nel corso degli anni anche lei ha subito delle modifiche ed è un po' cambiata rispetto alle origini, pur mantenendo determinati tratti canonici. Il personaggio venne ideato da Shigeru Miyamoto, che poi lasciò il compito di completare l'opera a Yoichi Kotabe. Questi, su indicazione del papà di Mario e Zelda, la plasmò disegnandole gli occhi "un po' da gattina" e donandole un immagine generale da "ragazzina carina", seppur con un carattere "un po' testardo", che andava a completare una figura emotivamente capace di essere anche altruista, vivace e generosa a seconda dei casi e dei giochi. In appresso, infatti, la dolce Peach mostrerà pure un lato competitivo e vanitoso in quelle produzioni dove si troverà a gareggiare (Mario Kart) o a sfidare qualcuno (Super Smash Bros.). La sua prima apparizione ufficiale fu nel celebre Super Mario Bros. per Famicon (Nintendo Entertainment System) del 1985, dove viene rapita da Bowser, il malvagio re dei Koopa Troopa, che mira a conquistare il Regno dei Funghi di cui la giovane è la Principessa. Che per l'occasione non si chiamava ancora Peach, ma Toadstool (che significa "fungo a ombrello" e "fungo velenoso"). Da lì in poi è comparsa in molti giochi della serie ed alcuni spin-off e crossover, e nel 2006 ottenne pure il ruolo da protagonista in un videogioco, Super Princess Peach.
Miss Pac-Man (Ms Pac-Man)
Ultima presenza femminile del nostro articolo ma non per questo meno importante delle altre, è quella di una "signora" gialla a forma di pizza a cui sembra essere stata tolta una fetta triangolare. Il suo nome è Ms. Pac-Man (Pepper Pac-Man nel cartone animato dedicato alla famiglia Pac-Man), ed è la moglie del più famoso Pac-Man, dal quale si distingue per il fiocchetto rosso, il rossetto e un neo sul viso, e mamma di Baby Pac-Man e Pac-Man Jr. Ms. Pac-Man è probabilmente la co-protagonista più importante della saga della pallina gialla, basti pensare all'impatto che ebbe sul pubblico il primo gioco che la vide protagonista assoluta sia in termini di gradimento di pubblico che di vendite. Tra l'altro si dice che al pari del marito, la simpatica pallina gialla spinse tantissime ragazze a giocare per la prima volta ai videogame. Il personaggio venne creato agli inizi degli anni '80 da Midway Corporation, all'epoca publisher nord americano dell'originale Pac-Man di Namco, con la quale tra l'altro non mancheranno inizialmente una serie di cause legali per l'uso non autorizzato della "pallina gialla" e del suo gioco come base per la nuova produzione. Ad ogni modo, quando venne rilasciato nelle sale giochi nel lontano 1982, il trionfo fu immediato, al punto che Ms Pac-Man divenne in breve tempo il gioco arcade di produzione statunitense di maggior successo. In alcune zone del mondo ebbe perfino più successo del Pac-Man originale, grazie a una serie di modifiche e migliorie al gameplay, all'aggiunta di una protagonista femminile e di nuovi labirinti. Cos'altro aggiungere per questa sferica mamma divora palline sempre in movimento, se non che è probabilmente la più simpatica fra i personaggi femminili fino a qui presentati? Da semplici comparse agli inizi dell'Era videoludica, da deboli creature indifese da salvare alla fine di un livello, a protagoniste assolute delle nostre avventure in digitale: l'evoluzione della donna all'interno del mondo dei videogiochi si è svolta di pari passo con quella della società, talvolta addirittura anticipando i tempi. In ogni caso oggi anche nell'universo dell'intrattenimento elettronico la figura femminile non è più considerata per fortuna come di contorno, ma come protagonista, elemento chiave di storie, eventi e situazioni. Perché non importa la loro forma o la loro natura, l'altra metà del cielo, come le definì Mao Tse-Tung, per noi maschietti resta "quella parte di mistero e compiutezza che avvolge la terra e che la rende più viva ed arcana", che noi amiamo così tanto.