Donne Madonne e Santi

Creato il 02 novembre 2012 da Viadellebelledonne

Maria Teresa Ciammaruconi - Donne Madonne e Santi

Edizioni Lepisma, Roma 2006

Giunta al suo terzo volume edito, nuovo, prezioso palinsesto stralciato dalla sua

multiforme e sinestetica attività di alto artigianato alchemico della scrittura poetica,

sondata in tutte le sue potenzialità espressive più raramente esplorate, in questi tempi

di pedissequo epigonismo, Maria Teresa Ciammaruconi ci offre, con questa densa

raccolta di composizioni brevi, più eterogenee, e tre poemetti, dall'altisonante titolo,

Donne Madonne e Santi, la sua opera più vitale ed organica, in cui l'Autrice

non recede da una più perentoria incursione nel terreno di una visionarietà viscerale,

alimentata da una quanto mai eterodossa mitografia, affollata di fertili innesti di

tradizioni religiose, popolari, antropologiche e di sanguigni recuperi del suo fervido

retroterra etnologico, dalle sue salde radici calabresi, con funambolici assalti al corpo

vivo della tradizione orale più affabulatoria della cultura meridionale e mediterranea,

nella sua accezione più vasta ed autentica, al riparo da ogni larvato compiacimento

folcloristico.

In un dettato, qui, finalmente più lineare e disteso, ricco di fasi generosamente

votate ad una rotonda, non franta, narratività, pur mantenendo la sua ostinata,

coerente propensione ad un collaudato, appassionato mestiere di manipolatrice

di non omologabili linguaggi, con frequenti richiami dialettali, al tardo latino, nonché

brevi ma deflagranti impennate di una sua personalissima glossolalia, costruita

su fonemi e sintagmi di arcaismi, ora riemersi dalla lingua ancestrale, ora reinventati,

su elementi neo-etimologici, per la loro evocativa sonorità, o seduttività archetipica.

Affascinanti figure storiche, leggendarie e della tradizione religiosa si susseguono,

con intima consonanza, in tutta la loro vivezza cromatica, la loro scintillante dinamicità,

la loro sottile ambiguità ieratico-dionisiaca, offrendoci un affresco composito e potente,

di grande pathos epico, che suggerisce, già alla prima lettura su pagina, un suo ulteriore

arricchimento di sfumature espressive in una sua elettiva oralità.

A conferma di una sfida, coraggiosa ed accorta, appartata, ormai più che ventennale,

portata avanti con un armamentario compositivo e stilistico che non concede mai nulla

all'ovvio, al consolidato, cercando la sola consacrazione di una verità espressiva di un

verbum tramite e trauma, profonda scossa semantica, in tutta la sua dirompente necessità.

*(da "La Mosca di Milano" n. 16 - Ed. "La Vita Felice", 2006)

[...]
"E con la spada nuda

all'incanto della santità

e fila d'armi in folgore a seguire

azzurro di donna incoronata

vergine alla follia di un dio
bianca di faccia accesa accusa

l'ombra di dare refrigerio

la donna degli innocenti senza donna

aria azzannata dentro i sassi

a sostenere il peso del cielo

senza nostalgia del paradiso.

E' godimento il vento nel vuoto

dello strapiombo l'assenza

fiorita nel fiore dell'agave

l'indistinto della coscienza

al sogno neutro dell'assoluto.

della stupidità primordiale

fuggita alla servitù del pensare

la lingua liberata confonde

idiomi intrecciati di uomini

a cavallo del tempo che non sa

degli olivi e del carrubo

e del sole che consuma i corpi

rinascono alla potenza verticale

della lotta di chi torna al grembo

sul taglio della spada la lingua

lacerata nel gemito e nell'urlo

inintelleggibile la vista

dalla chiaroveggenza il nulla

è ventre dove tornare a nascere

nell'isola dei ciclopi senza legge

di latte raccolto nella pietra."

(dal poemetto "La madonna con la spada")


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