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Donne: merce alla mercé degli uomini

Da Goodmorningumbria @goodmrnngumbria
Donne: merce alla mercé degli uomini

Costanza Bondi

di Costanza Bondi

Ieri, 14 maggio 2012, alla Sala dei Notari di Perugia, Monica Napoleoni e Alvaro Fiorucci sono stati ospiti di Sandro Allegrini in conversazione sul tema COMPRATE E VENDUTE, STORIE DI DONNE TRATTATE COME MERCE. Le presentazioni degli illustri ospiti sono superflue: basti dire che è sostituto commissario alla polizia di Stato (con responsabilità alla III sezione, contro la violenza ai minori e la prostituzione) la prima, e giornalista, nonché autore, nel particolare, del romanzo LE DONNE TRAFFICATE edizioni Edimond, il secondo.

La conferenza si è aperta con letture in lingua perugina sul “meretricio” di antica memoria, su quanto cioè fosse la prostituzione di un tempo nella nostra città. Quindi abbiamo ascoltato tramite la voce di Zampetti gli ameni testi di Pilini su via del Melo, nota strada per la florida attività di un tempo: donna triste già ‘ppassita costretta, per campà, a fa’ la vita; le tre freghe di Mirabassi, lette da Corbucci, che nulla avevano in comune nella vita finché non sono state accomunate dal “colpo di falce” (con riferimento a Meredith, alla Marra e alla meno nota Lucia Ciocoiu); il delitto d’onore di Tosello Silvestri per cui sorpresa la coppietta, ‘nfilò du’ cartucce nto la doppietta; il piazzale del Bove di Diego Mencaroni con la triste consapevolezza, messa in bocca ad una moglie perugina tradita, per cui era mejo quann’era peggio, quando cioè i mariti andavano semplicemente a mignotte o a trans – absit iniuria verbis – ‘nvece che con tutte ‘ste ‘craine de oggi che te porton puro via ‘l marito si ‘nne ste’ tenta, rischiando di rimanere sole tutta la vita.

Ma veniamo al punto della questione, alla cronaca che, cioè, Fiorucci definisce come chiave di lettura della società che, nello specifico, analizza la riduzione in schiavitù degli esseri umani: nel nostro particolare, le donne che vengono fatte prostituire. Non è dato sapere, purtroppo, il motivo per cui il fenomeno sia ancora tanto diffuso, certo è invece il nesso indissolubile tra prostituzione, traffico degli esseri umani e mercato della droga: il tutto gestito con impeccabile imprenditorialità dalla criminalità organizzata. Col rimando al confronto ai “casini” di vetusta memoria, per cui si evince in primis il cambiamento del profilo di appartenenza etnica della prostituzione: negli anni ’90, l’italiana scompare totalmente dalla strada, soppiantata dalle nigeriane, costrette a “fare la vita” da altre donne ex-prostitute, che nel frattempo erano salite di grado, tramite riti wodoo e violenze di ogni genere. Nigeriane a loro volta scalzate dall’organizzazione dell’est, ben più infiltrata e a gestione internazionale.

Appaltate e subappaltate, con quotazioni che si aggirano sui 4/5000 euro a ragazza, le prostitute di oggi, gestite in loco per lo più da donne, rispondono sempre e comunque a soggetti maschili che spesso rimangono all’estero. Ma sconvolgente risulta il modus operandi quotidiano, che prevede precise regole e scalette di lavoro: per ogni giornata i preservativi sono contati, così da poter monitorare con precisione le prestazioni da cui deriva il relativo guadagno; il rapporto col cliente deve avere una durata massima di 20 minuti tra andata/consumazione/ ritorno; ogni spostamento della ragazza-merce deve essere comunicato telefonicamente dalla ragazza stessa al proprio protettore. Ma la crisi colpisce anche il settore produttivo più antico del mondo. Da una media di 50 clienti per donna si è passati, nell’odierno, alla cifra di 5. La riduzione del fenomeno allo stato attuale deve comunque i propri esiti anche e soprattutto ai pertinenti interventi delle forze dell’ordine che, se nei casi specifici di donne appartenenti alla Comunità Europea (leggi: rumene) poco o nulla possono fare, risultano il primo sostegno per il cittadino e per la tutela della salute pubblica. Anche se, fa notare la Napoleoni, da non dimenticare è il nuovo aspetto della tratta odierna, per cui il mondo della prostituzione è popolato oggi da ragazze che, consapevolmente e spontaneamente, vengono da fuori nel nostro paese a fare il mestiere per una decina d’anni, trovando nella prostituzione volontaria l’unico mezzo di sostentamento per mandare i soldi ai figli rimasti a casa con i nonni.

Alla fine di tutta la nostra disamina, chiudiamo la conferenza con la solita domanda retorica: ma a Perugia (lo stesso dicasi per le altre città) chi ci guadagna in tutto questo? Purtroppo, non per fare la Cassandra, torna il mio discorso che scrissi nell’articolo di giorni fa a proposito della sparatoria avvenuta in centro, relativamente al quale ho trovato molti, se non tutti, concordi, a partire dal sindaco, il quale nell’intervista che ha rilasciato il giorno seguente ha riportato i concetti di cui mi sono fatta portavoce. La domanda e l’offerta di qualsiasi prodotto, che si tratti di un bene o di una prestazione, vanno indissolubilmente di pari passo: i cittadini (ripeto: non solo quelli della nostra città) che affittano gli appartamenti a certe persone sono a mio avviso altrettanto conniventi di chi implementa tale fenomeno con la domanda. Fenomeno in cui la punta dell’iceberg è ciò che si può vedere nelle strade a tutte le ore del giorno, ma che dietro ha il nostro “vicino di casa”, nella sua precipua qualità di affittuario o di fruitore della prostituzione, altrettanto responsabile.



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