“dopo averla fatto tanto piangere”
Creato il 05 febbraio 2012 da Ambrogio Ponzi
@lucecolore
"La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "Giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. .......................... " (legge 30 marzo 2004 n. 92)
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La nota che segue è un articolo pubblicato il 15 marzo 1952 sul settimanale diocesano "Il Risveglio" con il titolo: "Ha conosciuto l'inferno di Tito l'angelo stroncato da un immenso dolore". Narra una vicenda che ha trovato il suo epilogo tragico sessanta cinque anni fa, esattamente, il giorno 14 del mese di febbraio 1952, qui, a due passi da noi, ma che è iniziata negli altrettanto tragici anni di guerra nei pressi di Gorizia a Ranziano oggi in territorio sloveno col nome di Renče.
E' la storia di una bambina e della sua famiglia che, come dice il titolo dell'articolo, famiglia che ha subito la violenza della guerra. La tragica morte della madre rimanda immediatamente alla epurazione violenta attuata dalle le forze partigiane di Tito nei riguardi delle popolazioni istriane e dalmate di origine italiana. Per queste vicende è stata fissata la ricorrenza del "Giorno del Ricordo" che si celebra il 10 febbraio.
Questa ricorrenza noi la vogliamo celebrare riproponendo questo testimone fragile.
Anna
Maria nacque a Gradischella di Ranziano (Gorizia) il 14 settembre
1938.
Il
babbo, Angelo Felloni, al servizio di S.A.R. Il Duca di Savoia, al
Castello di Miramare, e la mamma, Galli Olga educarono il cuore della
piccola ad una squisita bontà. Quando, scoppiata la guerra (1940-45)
il padre, seguendo il Duca d'Aosta rimase prigioniero in Africa, la
mamma con la piccola Anna Maria trovò ospitalità presso i genitori.
Ma sarà questa la prima grande tappa del suo doloroso Calvario. Le
soldatesche di Tito invadono la zona; portano la strage tra quelle
popolazioni e rimane vittima anche la Signora Olga Galli,
barbaramente trucidata con la sorella ed i genitori. La piccola viene
raccolta da anime pietose che amorosamente la assistono.
La
notizia della strage giunse a conoscenza dei famigliari del Felloni
soltanto dopo quattro e subito partirono per rintracciare la bambina.
Questa, intanto, era fatta peregrinare di casa in casa per timore che
fosse scoperta dai soldsti di Tito. Finalmente venne rintracciata con
la sua vecchia cameriera, dalla quale abbiamo appreso le notizia
riferite.
Venne
così tra noi. Le cure premurose e come materne della zia Felloni
Maria parvero farle dimenticare gli orrori vissuti. Suo grande
desiderio e continua preoccupazione: rivedere l'amato padre e
potergli raccontare -come raccontava a noi- la dolorosa e straziante
scena di quella notte terribile che vide trucidata la mamma, “dopo
averla fatto tanto piangere”.
Giunse
finalmente quel gioioso ma straziante giorno; il 25 marzo 1946 tornò
il suo papà. Se grande fu la gioia del padre nel riabbracciare la
sua creatura -aveva ormai dieci anni-, altrettanto immenso fu lo
strazio al sentire della morte della consorte. Strazio e dolore che
sebbene sorretti dalla fede e confortati dalle parole e dalla vista
della piccola Anna Maria, aprirono in lui ugualmente ed
inesorabilmente una piaga insanabile. Minato nella salute dalla lunga
prigionia e oppresso continuamente dalla considerazione della fine
della sua Olga, il 26 febbraio 1949, doveva miseramente finire i suoi
giorni.
Così
Anna Maria era orfana del padre e della madre! Una forza veramente
sovrumana parve allora reggere il suo piccolo cuore. Come era buona,
serena, docile e gentile! La sua Delegata la ricorda una delle più
assidue e generose fra le Beniamine prima e poi fra le Aspiranti di
Azione Cattolica. Ma tanto dolore aveva inciso fortemente sulla sua
salute.
Era
appena, infatti, con immensa sua gioia, entrata nel Collegio di
Vigheffio, che una terribile malattia stroncava la sua promettente
vita. A nulla valsero le indefesse cure prodigatele. Il verdetto
della scienza fu inesorabile. Ma anche sul letto del dolore -a
testimonianza della zia e dei medici curanti- mai una parole di
lamento per i suoi dolori. Anzi, amava, dotata di una bellissima
voce, cantare gli inni imparati nella sua sezione Aspiranti
commovendo quanti la attorniavano! Conscia della sua fine, guardando
il cielo ripeteva: “Così andrò con mamma e papà”; e richiamava
la zia quando la sorprendeva a piangere.
Riportata
nella sua casa di San Vittore, salutò tutti affabilmente e col
sorriso sulle labbra spirò il 14 febbraio 1952.
Commovente
e devoto omaggio alla sua bontà furono i funerali: fiori, tantissimi
fiori ricoprivano il tenero corpicino, vittima innicente della
cattiveria degli uomini!
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15
marzo 1952
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