Due anni fa, all'inizio del 2013, sono stato tra primi a scrivere a proposito dell'applicazione delle clausole di azione collettiva ai titoli di stato di nuova emissione. Leggi: L'Italia può fallire: ora anche per legge
Un anno fa, mentre molti commentatori esultavano (incautamente) a proposito della ripresa economica (quale?) io producevo questa analisi nella quale scrivevo:
...la favorevole congiuntura internazionale degli ultimi anni ha offerto un prezioso contributo alle esportazioni, consentendo all'Italia di non precipitare del tutto. In una economia, come quella italiana, che cresce solo se al traino di altre economie (e sotto questo aspetto, la posizione di vulnerabilità dell'Italia si è ulteriormente aggravata) la domanda esterna costituisce elemento cruciale che, soprattutto negli ultimi anni, ha consentito di colmare almeno in parte la caduta dei consumi e degli investimenti privati.Ma questa medaglia, come tutte le altre, ha anche il suo rovescio. Ossia, che l'eventuale rallentamento dell'attività economica estera (sopratutto se forte) rischierebbe imprimere un duro colpo all'Italia, stante la posizione di estrema fragilità che si protrarrà ancora per un lungo periodo di tempo. Detta in altre parole, possiamo dire che le altre economie si trovano in una fase di ciclo economico assai più avanzata rispetto all'Italia. Non vi è dubbio che quando queste economie rallenteranno l'espansione o, peggio, precipiteranno in recessione, l'Italia sarà costretta a pagarne un prezzo altissimo per via della fragilità e per via del fatto che, quando accadrà, con ogni probabilità, si troverà ancora a farei conti con l'ultima crisi che è ben lontana dal considerarsi risolta. A quel punto, è assai difficile immaginare che l'Italia possa trovarsi nella condizione di arginare una forte riduzione dell'attività estera, magari per via di maggiori consumi interni o maggiori investimenti. La realtà è che l'Italia, da questa crisi, ha subito un durissimo colpo e una parte certamente non marginale del tessuto produttivo è andata distrutta. Il quale tessuto produttivo, per potersi rigenerare e ricreare, presuppone periodi temporali dilatati rispetto a quelli a disposizione dell'Italia e, soprattutto, presuppone che vengano rimossi tutti i fattori che ne hanno determinato la scomparsa e la distruzione. Non sembra che il quadro di riferimento abbia subito significativi cambiamenti, né che possa essere modificato nei tempi solleciti richiesti dalla gravità della situazione italiana.In effetti, come già scritto un anno fa (riepilogato qui) all'orizzonte si stanno addensando molte nubi che potrebbero incidere in modo significativo sull'economia globale e, quindi, anche sull'Italia, la cui debolezza, oltre ad essere cronica, è resa ancor più accentuata (e aggravata) dalle problematiche che affliggono una parte non marginale del sistema bancario Leggi: Cosa sta accadendo sui mercati Quanto riportato nell'articolo di Fubini suona assai inquietante, soprattutto dopo le parole scritte da Visco (Vincenzo, no Ignazio) nelle colonne de Il Sole 24 Ore:
La pervicacia con cui il ministero delle Finanze tedesco e la Bundesbank continuano a portare avanti la loro linea incuranti delle macerie materiali e morali che essa ha provocato fa temere che in verità i gruppi dirigenti tedeschi (o una loro parte) abbiano già deciso di considerare chiusa l’esperienza dell’euro se non della stessa UnioneLeggi: Proteggere i risparmi Da qui in poi l'articolo di Fubini, che vi prego di leggere con attenzione: