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Dopo il calciomercato: italia colonizzata. fra i gioiellini azzurri solo bonaventura sale di grado
Creato il 02 settembre 2014 da CarlocaMeno male che questa doveva essere l'estate in cui porre le basi per il rilancio del vivaio nostrano. Certo, a parole, come sempre. Perché a calciomercato finalmente chiuso un elemento balza agli occhi, ben più dei colpi annunciati e mai realizzati ("Falcao non va alla Juve": ma va?) e dei pedatori d'oltrefrontiera spacciati per fenomeni: solo uno dei "ragazzi italiani", inserendo in questa categoria quei calciatori giovani o ancora relativamente giovani facenti parte del "giro azzurro", è stato oggetto di vero interesse da parte dei nostri club di vertice. Stiamo parlando di Giacomo Bonaventura, gioiellino dell'Atalanta, sulle cui tracce si è lanciato in extremis il Milan (nei giorni precedenti c'era forse stato un timido tentativo dell'Inter), abile a battere in poche ore la concorrenza del Verona. Spiace per gli orobici, ma per "Jack" è il giusto premio: ha già dimostrato, soprattutto nell'ultima stagione, di meritare ampiamente una chance di primo livello, prolungarne ulteriormente l'anticamera in una "media" sarebbe stato delittuoso, considerato che il trequartista ha già 25 anni, non è quindi propriamente un fuoriclasse in sboccio. GIOVANI AI MARGINI - E già: Bonaventura, e poi il vuoto o quasi: ci sarebbe da citare Bernardeschi, al quale auguro tutto il bene possibile, ma che per il momento sembra destinato a partire dalle retrovie nella Fiorentina (felice di essere smentito, nel caso). Gli altri prodotti rampanti di casa nostra sono rimasti ai margini del mercato. La "pista Borini" attribuita all'Inter si è volatilizzata nel giro di un paio di giorni, dei 23 della rosa azzurra in Brasile il solo Parolo (comunque un ventinovenne) ha cambiato casacca restando nel nostro Paese (dal Parma alla Lazio). I tanti virgulti in cerca di affermazione si sono trovati di fronte una freddezza generalizzata: Baselli è ancora a Bergamo, Berardi e Zaza (quest'ultimo neo nazionale) trascineranno il rinforzato Sassuolo a una presumibilmente facile salvezza, Gabbiadini sarà ancora un punto di forza della Sampdoria dove però difficilmente avrà ulteriori opportunità di crescita e di miglioramento, e dove oltretutto è stato raggiunto da Alessio Romagnoli, uno dei difensori più promettenti dell'ultima covata made in Italy, giovanotto che la Roma ha pensato bene di "esiliare" proprio quando avrebbe potuto rischiare puntando (anche) su di lui per colmare il vuoto lasciato da Benatia. E meno male che il Genoa ha resistito alla corte di Bologna e Catania per Antonino Ragusa, che è arrivato a potersi giocare l'occasione della vita in Serie A e invece rischiava di essere immediatamente dirottato al piano di sotto, per un esiziale e inutile prolungamento di gavetta. PIENI DI STRANIERI - Mi ero ripromesso, quest'estate, di salvare sul mio pc le immagini delle home page dei quotidiani sportivi italiani, giorno per giorno, per documentare lo sconsolante andamento del mercato. Non ce l'ho fatta, lo sconforto ha preso il sopravvento, ma fidatevi: le prime pagine online erano costantemente piene di improponibili nomi stranieri che solleticavano l'appetito delle nostre grandi. Purtroppo molti di questi appetiti si sono poi tradotti in reali acquisti (o prestiti: di soldi ne girano sempre meno). Il quadro è allarmante: in questi mesi sono approdati nell'ex Bel Paese quasi ottanta nuovi stranieri (e parliamo solo di massima serie). Non male, se pensiamo agli alti lamenti levatisi dopo la sconfortante spedizione Mundial pilotata da Prandelli. Che ci sia da rinforzare la rosa o da coprire un buco, si punta invariabilmente sul mercato d'oltrefrontiera, il nostro vivaio e le nostre serie minori sono ormai sistematicamente ignorati. COMAN SI', CRISTANTE NO - Fra i club di primo piano, Napoli e Fiorentina sono avviati a superare l'Inter, quanto a esterofilia: trovare un "azzurrabile" fra le loro fila è impresa ai limiti dell'impossibile, tanto che mi viene persino da capire (ma non giustificare) il crescente nervosismo di Insigne, un concentrato di classe pura non valorizzato a dovere sotto il Vesuvio. E nelle retrovie si è adattato persino il Verona, in cui il solo italiano destinato a partire titolare sembra essere lo stagionatissimo Toni. Il tutto mentre la squadra guida del nostro scalcinato movimento, dicasi la Juventus, pur avendo in giro per la Penisola diversi talenti in rampa di lancio (il già citato Berardi, ad esempio) preferisce affidarsi a un Under 21 francese, Coman, ovviamente subito titolare alla partenza del campionato. E lo stesso Milan, "benemerito" per l'acquisto di Bonaventura, dirotta però in Portogallo un'altra grossissima speranza del nostro football, Cristante.Questo è un altro punto dolente: i giovani stranieri sembrano sempre più pronti dei nostri. Secondo alcuni perché, semplicemente, sono più forti. Ovviamente è una favoletta, e io, scusatemi, non ci sto più: la scuola italiana è da sempre una delle più prolifiche e competitive, la differenza rispetto al passato è che c'è meno pazienza verso i nostri babies, e che soprattutto gli spazi per loro si sono drasticamente ridotti, anche nei settori giovanili. I motivi di questo ossessivo, patologico rivolgersi al mercato di fuorivia sono più economici che tecnici, è chiaro. Lo dimostra il fatto che invece, all'estero, al "prodotto italiano" ci credono ancora: hanno lasciato la compagnia Balotelli, Immobile e Cerci (povero Toro...), oltre al Cristante di cui si è appena detto. CI VUOLE UN ESEMPIO DA SEGUIRE - Resta il fatto che se qualcuno non comincia a dare l'esempio, in un momento oltretutto favorevolissimo per una ripartenza in grande stile dei vivai, è notte fonda, e quella che ho definito in un precedente articolo "deriva ungherese", cioè il rischio che il nostro calcio declini repentinamente e irrimediabilmente come accaduto a quello magiaro, è davvero dietro l'angolo. In tal senso, meritano il massimo sostegno squadre come Cagliari, Genoa, Sampdoria, Sassuolo, che continuano a puntare su un forte nucleo nostrano (ma anche il solito Milan, via, unica fra le big con diversi azzurri di prospettiva in rosa), mentre mi aspettavo sinceramente più coraggio dal nuovo CT Conte, magari con una convocazione spiazzante tipo quella post Euro 2012 di Prandelli, che chiamò "pivellini" come Perin e De Sciglio, a corto o all'asciutto di esperienza in Serie A. Se poi stiamo ad aspettare il neo presidente federale Tavecchio stiamo freschi: vedremo quali saranno i suoi provvedimenti salvacalcio (dei quali, a quasi un mese dall'elezione, ancora non vi è traccia nemmeno a parole): il rischio di trovarci di fronte a un simil Renzi (tante chiacchiere e zero fatti) è concreto. Vedremo.
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