Il viceprocuratore serbo per i crimini di guerra Bruno Vekarić dichiara in questi giorni, a seguito dell'arresto di Ratko Mladić che la ricerca dell'ultimo super ricercato dell'Aja, Goran Hadžić, ex presidente dei serbi ribelli in Croazia e' adesso la priorita' delle autorita' di Belgrado. Vekarić informa che non verra' cambiato il team di azione nella ricerca, sara' lo stesso che ha trovato Ratko Mladić. Va precisato che il Tpi che giudica i crimini commessi in ex Jugoslavia ha accusato Hadžić nel 2004 di crimini contro l'umanita' e violazione delle leggi di guerra. Hadžić e' accusato come presidente della regione autonoma serba di Slavonia, Baranja e Srem occidentale e successivamente come presidente dell'autoproclamata Repubblica della Krajina serba per aver partecipato nell'impresa criminale congiunta durante i conflitti in Croazia dal 1991 al 1993. Quanto alle parole del viceprocuratore Vekarić l'imputato Ratko Mladić avrebbe accusto per i crimini sul territorio dell'ex Jugoslavia l'ex presidente Slobodan Milošević e tutti i serbi che lo avevano sostenuto. Mladić ha affermato di non essere lui l'assassino ma che tutti quelli che avevano ucciso deveno essere puniti. "Un messaggio molto interessante da parte di un uomo contro il quale ci sono cosi' serie accuse di crimini di guerra" ha osservato Vekarić aggiungendo che Mladić ha detto di non odiare ne' i musulmani ne' i croati.
Cosi' come affermato dal procuratore serbo Vekarić, anche il presidente della Serbia Boris Tadić si dice convinto che la Serbia, dopo Ratko Mladić arrestera' anche l'ultimo latitante dell'Aja tuttora in liberta', Goran Hadžić e che parallelamente con questa azione verra' rafforzata anche la lotta contro la criminalita' organizzata. Il capo dello stato serbo non ha voluto parlare di detagli dell'azione sottolineando che la Serbia vuole liberarsi dal peso e dai demoni del passato. Ha precisato che la probabilita' dell'arresto di Mladić e' stata molto grande e questo alla fine e' accaduto facendo riferimento anche alla prospettiva delle integrazioni europee della regione dei Balcani occidentali. Secondo le sue parole, tutti i paesi devono soddisfare i necessari criteri sulla via verso le integrazioni europee e in questo processo non si possono importare vecchi conflitti e divergenze. Tadić ha rilevato che l'ingresso dell'intera regione balcanica nell'Ue e' di importanza cruciale. E' praticolarmente importante, ha detto, che la Croazia concluda i negoziati di adesione perche' in tal modo saranno aperte le possibilita' per la Serbia e il Montenegro di seguire subito questa via. Tadić ha indicato la situazione delicata in cui si e' trovata la Serbia su questo cammino.
La cattura di Ratko Mladić ha dimostrato ancora una volta, dopo quella di Radovan Karadžić la banalita' del male che si trovava sotto il naso dei persecutori, scrive in un commento il prominente nalista politico croato e professore universitario di scienze politiche Damir Grubiša. Dopo il caso "del pazzo psichiatra" (Radovan Karadžić) e' seguito il caso "del soldatone pazzo", vale a dire Mladić, cosi' come nominato dallo stesso ex leader dei serbi bosniaci Karadžić quando nel 1995 aveva destituito il suo generale facendolo diventare 'consigliere'. Ma fino a quel momento Mladić era gia' diventato il boia di Srebrenica, autore di un particolare genocidio che si puo' paragonare con la strage tedesca a Kragujevac nel 1941 quando furono uccisi 7000 uomini, anziani e bambini, mentre Mladić aveva fatto uccidere 8.300 uomini, tra cui altrettanto anziani e bambini, scrive l'analista politico croato. Ma Mladić non e' soltatno il boia di Srebrenica, ancora prima diede ordine ai crimini a Kijevo e Škabrnja in Croazia e tenne in assedio Sarajevo per ben tre anni nel piu' grande assedio di una citta' nella storia moderna militare.
Adesso e' finalmente catturato. Ma per lungo tempo e' stato protetto proprio dal vertice dell'esercito jugoslavo e dai numerosi protettori delle strutture paramilitari e di sicurezza. La ragione principale per cui e' iniziato il cambiamento del clima verso Mladić, afferma Grubiša, e' la volonta' della Serbia di uscire dall'isolamento in cui e' caduta per la seconda volta dopo l'assassionio dell'ex premier Zoran Đinđić e di aderire all'Ue. Si potrebbe perfino dire che il successo della conclusione dei negoaziati croati ha influenzato anche sulla leadership serba e sul presidente Tadić affinche' cessino i doppi giochi del tipo "Mladić c'e' - Mladić non c'e' sul territorio della Serbia". Adesso uno dei principali ostacoli della Serbia per ottenere lo status di candidato all'adesione e' eliminato. Resta ancora il secondo ostacolo che si chiama Goran Hadžić, l'altro super ricercato dell'Aja ancora in liberta. Ma Hadžić e' comunque un ostacolo minore poiche' non e' oggetto di divisione di sentimenti tra i vertici militari serbi e l'opinione politica pubblica come nel caso di Mladić. Ma come abbiamo gia' spesso sottolineato, la cattura di Mladić e' molto piu' importante per il futuro della regione balcanica, per la sua stabilita' e per i passi cruciali dell'indispensabile riconciliazione. E come conclude l'esperto politico croato, la cattura di Mladić non restituira', purtroppo, i morti ai loro cari, ma forse restituira' la fiducia nella giustizia davanti alla quale nessuno puo' definitivamente nascondersi.
Per quanto riguarda la manifestazione svoltasi la scorsa domenica a Belgrado, organizzata dall'ultranazionalista Partito radicale serbo dell'imputato dell'Aja Vojislav Šešelj, di cui abbiamo gia' riportato notizie, anche se durante il suo svolgimento sembrava essere una manifestazione del tutto pacifica e solo di mera protesta contro l'arresto e l'estradizione di Ratko Mladić, alla fine non e' andata cosi' come si sperava. Il bilancio e' stato l'arresto di 179 persone, 11 i cittadini feriti e 32 poliziotti. Secondo le informazioni del ministro degli interni Ivica Dačić, oltre ai feriti sono stati danneggiati sei edifici e cinque automobili della polizia. Come hanno informato i media serbi, durante la manifestazione grande euforia ha provocato l'intervento del figlio di Mladić nonche' la presenza del figlio di Šešelj che aveva letto la lettera di suo padre che attualmente si trova sotto processo all'Aja. "Chiediamo la destituzione di Boris Tadić e del suo regime di pupazzi. L'arresto di Ratko Mladić hanno aiutato anche i leader del Partito serbo del progresso, Tomislav Nikolić e Aleksandar Vučić" ha scritto Šešelj dall'Aja.
Finalmente sulla cattura di Mladić si e' pronunciato anche il presidente del Partito serbo del progresso Tomislav Nikolić, ex vice dell'ultranazionalsita Pratito radicale serbo. Secondo Nikolić, l'arresto di Mladić e' stato un obbligo della Serbia che sarebbe stato rispettato anche se il Partito serbo del progresso fosse stato al potere, pero' non sarebbe stato cosi' "spettacolare". Nikolić ha aggiunto che gli da fastidio il modo in cui tutto e' stato fatto, perche' come ha detto, se per la Serbia era necessario l'arresto di Mladić questo si doveva fare subito, appena e' stato localizzato e non organizzare i tempi opportuni. Nikolić ha ripetuto che tutti quelli che si sono impegnati in Serbia a dimostrare che Mladić e' un criminale di guerra, non ci sono riusciti in questa intenzione. Mladić non e' l'uomo la cui consegna sarebbe stata decisiva per la Serbia, ha rielavato Nikolić dicendosi convinto che le autorita' serbe sapevano da lungo tempo dove Mladić si trovava. Ha aggiunto di credere che le autorita' sanno anche dove si trova l'altro super ricercato - Goran Hadžić. Infine, Nikolić ha qualificato la manifestazione di Belgrado come inutile poiche' non puo' cambiare nulla sul caso Mladić.
Lunedi' l'avvocato di Ratko Mladić ha mandato via posta un ricorso contro la decisione della Corte speciale secondo la quale sarebbero state soddisfatte tutte le condizioni per l'estradizione di Mladić all'Aja. Un ricorso che si dice essere solo una mossa per allungare i tempi ma che non avra' nessun impatto sulla decisione. Nel ricorso si dice solo che Mladić non puo' essere estradato all'Aja a causa delle sue condizioni di salute e secondo il legale, Mladić non ce la fara' nemmeno ad arrivare fino al carcere di Scheweningen.