Il superministro tedesco è detestato da molti europei e amatissimo in patria. Storia, successi e sconfitte di Wolfgang Schäuble, il politico più controverso del momento (di Stefano Vastano - l'Espresso)
Ayatollah dell'austerità. Nuovo Führer. Cancelliere-ombra. Custode, anzi salvatore dell'euro. Appassionato eurofederalista. Cercate oggi in Europa un personaggio più potente e controverso e non lo troverete.
Wolfgang Schäuble, 72 anni, più di quaranta dei quali passati in politica, ministro delle Finanze tedesco e principale fustigatore dei greci nel 12 luglio di fuoco che ha lacerato l'Unione, divide e basta. Suscita amore o odio, non c'è via di mezzo. È molto apprezzato nella sua Germania, dove risulta essere il politico più popolare e gradito avendo scavalcato addirittura Angela Merkel. Inutile soffermarsi sugli apprezzamenti che a lui arrivano dalla Bundesbank (anche se a fasi alterne), dall'ala destra del partito cristiano-democratico (Cdu) e dagli alleati bavaresi della Csu, tradizionalmente di destra. Molto più sorprendente il consenso tra i socialdemocratici, presenti nella grande coalizione di governo, e in particolare l'assonanza di idee con Sigmar Gabriel, vicecancelliere e leader della Spd. Oltre confine riceve calorose strette di mano da altri tutori del rigore nei paesi del Nord Europa, olandesi, finlandesi in prima fila, ma anche da esponenti degli ultimi arrivati nell'Unione, baltici o slovacchi. Si intende bene con Christine Lagarde, l'elegante e intransigente direttore del Fondo monetario.
E dall'altra parte della barricata chi c'è? I greci, in prima fila, umiliati nell'accordo di Bruxelles e vedremo poi come. La sinistra radicale europea, come gli spagnoli di Podemos, interessati a un'Europa diversa. L'estrema destra alla Le Pen, Salvini, Wilders, fautori del no-euro. Beppe Grillo. Ampi strati di popolazione impoverita dalla crisi provocata dai burocrati di Bruxelles, a loro volta sudditi del superministro di Berlino. Ma soprattutto i Paesi con un debito pubblico alto, esposti a sue possibili incursioni, diktat, cartellini rossi capaci di riflettersi sui mercati e quindi sui titoli di Stato.
Attenzione, Italia inclusa. Sì, perché se è vero che l'accordo dovrebbe allontanare l'ipotesi Grexit, l'uscita della Grecia dall'euro, e quindi far tirare un sospiro di sollievo a Matteo Renzi & C., non va dimenticato che i numeri dell'indebitamento sono molto elevati (ha sfondato il tetto dei 2.218 miliardi di euro, siamo attorno al 132 per cento rispetto al prodotto interno lordo), che l'effetto delle riforme si avrà in tempi lunghi, ma soprattutto che l'Azienda Italia resta penalizzata da una bassa produttività e da una ripresa molto lenta nell'esprimersi. Se addirittura dovesse finire male la vicenda greca, le incognite e i sospetti dei mercati aumenterebbero anche per l'Italia. E l'Ayatollah del rigore potrebbe rivolgere il suo sguardo e i suoi strali su Roma. Renzi continua a mantenere buoni rapporti con la cancelliera Merkel, ma il suo ministro è sempre in agguato. Ma chi è, cosa pensa e dove vuole arrivare Herr Schäuble?
Va detto, prima di tutto, che la Germania come la conosciamo oggi è anche una sua costruzione. Nel luglio del 1990, pupillo di Helmut Kohl che lo aveva voluto alla Cancelleria, prepara da buon avvocato il Contratto di unificazione tra la Repubblica federale e l'ex-Rdt e nel giugno 1991 convince i deputati tedeschi a trasferire la capitale da Bonn a Berlino. «Kohl si fidava ciecamente di lui», dice oggi la moglie Ingeborg, che ammette l'ambizione sfrenata del marito. Nato nel 1942 a Friburgo, la cittadina universitaria all'estremo Sud del paese, ancora oggi di sua madre ricorda «che se non aveva monete per il parchimetro passava il giorno dopo a pagare» e al rigore è stato educato anche dal padre luterano, «un commercialista più ligio dell'ufficio fiscale». Per suo fratello Thomas «a scuola era imbattibile in matematica ma, nello sport, sapeva perdere». È un uomo colto e sa ascoltare. Adora i Berliner Philharmoniker, ma non disdegna il cinema. È orgoglioso, politicamente astuto e navigato, viene considerato leale e dotato di una volontà ferrea. Il 12 ottobre 1990 un folle gli spara con una calibro 38 e una pallottola lo sfregia in volto, un'altra gli perfora la spina dorsale, da allora è costretto sulla sedia a rotelle. Nel gennaio del 2000, altro trauma quando ammette in diretta tv d'aver intascato per la Cdu 100 mila marchi dal faccendiere Karl-Heinz Schreiber: un mese dopo molla la presidenza del partito mandando la propria carriera in frantumi.
Una pugnalata che segna l'ascesa della Merkel, ma anche la fine del rapporto tra Schäuble e lo stesso Kohl. Nel 2005, alla sua prima grande coalizione con la Spd, la "ragazzina venuta dall'Est" studiosa di fisica quantistica, diventa cancelliera e offre a Schäuble prima gli Interni poi le Finanze. Una scelta azzeccata: dal 1969 a oggi è il primo ministro guardiano dei conti a chiudere un Bilancio in pari. Guadagna 16.694 euro al mese, 6 mila in meno della donna più potente d'Europa (e forse del mondo). Per il suo settantesimo compleanno, Angela lo ha ringraziato mentre Kohl non s'è neppure presentato. Tra i due c'è reciproca stima, ma non una vera amicizia. Sì, sono andati al cinema insieme, «ma quella sera mia moglie non c'era», ha detto una volta scherzando Schäuble. Il quale si dice sia sempre stato leale nei confronti di Frau Merkel, malgrado lei nel 2004 gli abbia preferito Horst Köhler come presidente della Repubblica. Probabilmente ci avrebbe tenuto, sarebbe stato a suo agio allo Schloß Bellevue, «anche se un politico vero», commenta Friedrich Merz, ex-capofrazione della Cdu «ha bisogno di nuove sfide più alte».
Con la crisi greca i rapporti tra cancelliera e superministro si sono però un po' guastati, la lealtà è forse venuta meno. Qualcuno fa infatti notare che forse non è un caso se il famoso documento nel quale si minaccia Atene di sbatterla fuori dall'euro per cinque anni sia uscito proprio sulla "Faz": il modo più elegante per rifare i conti con Merkel per il parricidio di Kohl avvenuto sullo stesso giornale. Vendetta o no, sicuro è che ora il 54 per cento dei tedeschi è filoSchäuble e quindi per il terzo pacchetto di aiuti alla Grecia (il 44 per cento contrario), ma alla domanda «vi fidate del governo Tsipras e delle riforme promesse?», il 78 per cento dei tedeschi risponde no. Il 57 per cento si fida comunque di Schäuble, visto che lui ha superato con il 64 per cento dei consensi la popolarità della cancelliera, oggi ferma al 62 per cento.
La fede di Schäuble nell'Unione europea è pari a quella nell'austerità. Nel suo discorso del 1991 per Berlino capitale sottolineava che «noi tedeschi abbiamo riconquistato l'unità perché l'Europa ha voluto superare le sue divisioni». Se Merkel, cresciuta per 34 anni anni all'ombra del Muro, tentennava, non sapeva bene cosa fare all'inizio della grande crisi, è stato lui a spingerla a varare interventi perché la paragonava nel 2009 a un evento «che cambierà il mondo quanto il crollo del Muro di Berlino». Anche nel duello tra Mario Draghi e l'arcigno Jens Weidmann, lei propendeva per il governatore della Bundesbank e solo Schäuble l'ha convinta a non ostacolare gli interventi della Bce per salvare l'euro. In un intervento ad Acquisgrana, fatto ritirando il premio Charlemagne, ha puntato il dito sui deficit democratici nella Ue, proponendo l'elezione diretta del Presidente e affermando che «l'unità europea deve avere un volto e questo volto un potere legittimo». Possibile che lo stesso europeista si trasformi poi, in un talebano dell'austerità che impone i diktat a mezza Europa? Sì, è possibile. Perché per Schäuble salvare l'euro equivale a salvare l'Europa dai montanti populismi che, a destra o sinistra, vogliono distruggerla. Ecco perché a, sentir lui, la sua politica non ha nulla a che vedere «con un presunto predominio di stampo tedesco» come da lui scritto sulla Süddeutsche Zeitung il 20 luglio 2013 in un articolo nel quale spiegava come i tedeschi «già per ragioni storiche non vogliono dettare le soluzioni per uscire dalla crisi».
Da allora sono passate due estati. La crisi dell'euro è diventata la tragedia greca, e a quanto pare il Superministro ha cambiato idea sul ruolo della Germania. Al suo progetto del 1994, l'Europa a due velocità, non è più tornato. Ma nella trattativa con il governo Tsipras il nostro fondamentalista dell'austerità ha espresso una durezza mai vista. Non si è mai fidato dell'interlocutore greco, che arrivava alle riunioni senza proposte scritte oppure giocava d'azzardo, come quando ha improvvisamente annunciato il referendum. Non sopportava Yanis Varoufakis, collega flamboyant e caratterialmente opposto a lui. Ha fatto uscire la storia della Grexit per cinque anni. Poi ha proposto che il patrimonio greco da privatizzare avesse sede in Lussemburgo, ma gli è stato detto di no: resterà in Grecia. Insomma ha giocato tutte le carte per ottenere il massimo. Ha avuto addirittura uno scontro verbale con Mario Draghi, presidente della Bce, impensabile prima. Alla fine ha ottenuto quello che voleva, l'umiliazione di Tsipras, con un piano per certi versi più indigesto di quello che il premier aveva sottoposto a referendum, nel quale misure draconiane si accompagnano a riforme da fare in fretta e furia. In un editoriale sul settimanale "Der Spiegel", l'economista Wolfgang Münchau è stato lapidario: la diplomazia di Schäuble ha rappresentato un ritorno al passato, al 19esimo e all'inizio del 20esimo secolo, quando il più forte costringeva il più debole alle proprie volontà. Il programma imposto, continua, è quello di una potenza straniera nemica e come esempio porta il fatto che tre riforme chieste non sono neppure state realizzate in Germania e cioè l'orario libero nei negozi, la fine dei privilegi di alcune categorie professionali e l'abolizione di alcune tariffe in regime di monopolio. «Un triste weekend per la democrazia in Europa e Germania» ha concluso Münchau. Altri hanno fatto paralleli con l'esito della Conferenza di Versailles, quando dopo la fine della prima guerra mondiale le nazioni alleate imposero alla Germania un piano straordinariamente costoso di risarcimento dei danni ai vincitori (peraltro aprendo la strada all'ascesa del nazismo).
Insomma, un superministro battagliero e spregiudicato che non si ferma davanti a nessuno. Quando la Russia invase la Crimea, fu lui il primo in Europa ad alzare la voce dichiarando che il dittatore russo «ha adottato quei metodi che Hitler aveva già usato con i tedeschi dei Sudeti». Se dunque i greci, in particolare il giornale del partito di governo Syriza, danno a Schäuble del nazista, lui paragona Putin ad Hitler. Schermaglie verbali è vero, ma che spingono a chiedersi a quale Europa andiamo incontro.
Stefano Vastano
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