La cosa che colpisce nell'incontro con questo lungo racconto autobiografico è la disincantata reticenza: mentre incontriamo queste creature di cui scopriamo l'istinto, il temperamento, il carattere, mentre assistiamo alle loro scoperte e alle gelosie, alla brama di possesso, al bisogno di protezione, sembra che tutto taccia attorno alla donna che narra (perché è una donna, e si sente). Doris Lessing parla di sé al plurale, come se fosse inserita in un contesto familiare sempre identico, come se la vita di queste piccole creature fosse ugualmente cara a tutti, una faccenda privata che l'autrice inglese-iraniana ha deciso infine di squadernare per i suoi lettori. La gatta grigia e la gatta nera non assurgono a modello felino, non c'è nessuna tensione all'universale, bensì proprio una squisita grazia del particolare, del piccolo, dell'intimo.E, a ben pensarci, Gatti molto speciali non è neanche in tutto e per tutto un libro sui gatti, bensì un libro dove fortissimo è il senso della maternità. Nel confronto tra lo spasimo sessuale e l'istinto materno della gatta nera e l'assoluta indifferenza della gatta grigia, madre snaturata quando non feroce Medea. Non è un caso, forse, che dopo la scrittura de Il quinto figlio (1988), la Lessing torni a parlare di gatti e ci proponga il più breve Rufus (1989), su un altra creatura che deve lottare per essere desiderata, un gatto arancione che entra in una casa dove già ci sono altri gatti e lotta quietamente per la supremazia o almeno per mantenere il suo posto. Rufus, che l'edizione Feltrinelli curata da Maria Antonietta Saracino propone in calce alla più famosa opera, è un racconto, se si può, ancora più misterioso, ma incapace di cedere al comodo disincanto. Nel mondo c'è tanto che non si conosce e i gatti ne sono muti, devoti, selvatici detentori.






