La mancanza di testimonianze certe sulla vita di Giovanni Luteri detto Il Dosso, pittore ferrarese del Cinquecento, hanno fatto in modo che fitte tenebre si addensassero anche sulla sua attività artistica.
La capacità di dedurre caratteri morali dai tratti somatici delle sue figure, è la peculiarità che ancor oggi rende “moderna” la pittura del Dosso.
La personalità bizzarra ed irrequieta di questo pittore si esprime infatti anche nelle sue opere, dove l’irruenza dei sentimenti affiora dai volti dei soggetti, ghermendo quei visi, a volte sorridenti e sereni, ma altre trasformati in maschere di dolore e terrore. L’osservatore può comprendere le emozioni dei personaggi raffigurati e la dinamica dell’opera stessa.
Sono immagini che non hanno bisogno di essere commentate: la psicologia del personaggio è espressa attraverso la gestualità. Numerose sono le opere del Dosso che mostrano interesse per la fisiognomica. Ne ho scelte quattro, quelle che secondo me meritano più attenzione.
Le quattro figure dipinte rappresentano dei sentimenti tipici dell’uomo. Il viso maschile a sinistra incarna l’allegria, la spensieratezza, poiché ha il volto rilassato ed è intento a sorridere.
Sotto di lui, è raffigurato un uomo disperato, con le mani fra i capelli. Sulla destra, una figura di donna rappresenta l’”ira” che si scaglia su una giovane ragazza.
I testi del Petrarca circolavano nel Cinquecento, specialmente alla corte estense. Forse il Dossi si è veramente ispirato a questo sonetto, ma la cosa certa è che la figura di fanciulla sembra proprio esprimere la paura. Le mani della donna adirata l’hanno ormai afferrata per la fronte e per il mento, costringendola ad aprire la bocca in una smorfia innaturale, sgomenta. Gli occhi esprimono stupore, ma allo stesso tempo timore per quella che potrebbe essere l’azione successiva della donna che l’ha aggredita in maniera così brutale. Questa paura induce la ragazza a gettarle una mano alla gola, nel tentativo implorante di fermarla.
Nella “Ninfa inseguita da Satiro” della Galleria Pitti, il satiro appare di forme quasi “gorillesche”, mentre ghigna con riso acre alle spalle di una figura di donna nuda, dal volto ironico e malvagio, che contrasta con un fondo notturno. I denti bianchi e sporgenti del satiro risaltano sullo sfondo scuro e sono la fonte, insieme alle pieghette del naso, posto di profilo, di quel ghigno malefico, che esprime subito antipatia in chi osserva.
Il buffone invece ride: “ride perché è uomo, perché il retaggio migliore della vita è coll’amore il riso, il riso che arde d’un fuoco in quei due occhi vispi e mori, che dischiude candidi quelle labbra vermiglie!” Come scrive lo storico dell’arte Mottini.
Ci si chiede allora, ma il decoro e la verità storica, che fine hanno fatto? Il Dosso se la ride dell’uno e dell’altra. Il suo proposito è di divertire, abbagliare, non esemplificare una teoria estetica.
Written by Cristina Biolcati