Magazine Diario personale
In ogni caso la data c'è, i crediti sono stati registrati (TUTTI!): confesso che non è stato semplice perchè fino a ieri sera, ore 19, non ero ancora certa di laurearmi. Anche se ho sempre fatto tutto nei tempi, consegnato tutti i documenti in largo anticipo, il personale della segreteria studenti ti fa rimanere sull'orlo del precipizio fino all'ultimo secondo, giusto per temprarti ancora un po' e darti l'ultimo grande insegnamento sulla vita: non aspettarti che tutte le persone svolgano precisamente il loro lavoro, devi sempre stare col fiato sul loro collo, quel collo che, in realtà, vorresti tanto torcere e spezzare. Quindi, in poche parole, nell'ultimo mese e mezzo ho messo in atto una vera e propria operazione di stalking nei confronti del personale universitario: sono diventata il loro peggior incubo ma, a quanto pare, bisogna essere così per ottenere qualcosa.
Ma mentre l'intero aspetto burocratico mi stava causando crisi isteriche simildepressive, ho deciso, sabato scorso, di partire con mia mamma per una missione: vestiti. Ok, magari sarà stato un rischio, ma comprare i vestiti per la laurea rendeva tutto più vero e irreversibile. Una volta presi i vestiti nessuno avrebbe potuto dirmi “No, non ti laurei!” (beh, sì poteva succedere, ma io non la concepivo proprio come idea).
E allora via con la mamma a fare shopping: abbiamo scelto il negozio dove sapevamo di trovare sicuramente qualcosa di adatto all'occasione. Appena varcata la soglia un commesso con un ciuffo grigio ci ha raggiunte. Ho spiegato subito che dovevo trovare qualcosa per il giorno della mia laurea, un capo formale ma non troppo da hostess: sarebbe ridicolo se mi presentassi con un tailleur nero, non ci sarebbe proprio niente che rispecchi la mia personalità. E allora è iniziata uan lunga tiritera.
Il giovane commesso, con un occhio impressionante per quanto riguarda le taglie, è partito presentandomi una giacchetta e una maglia similestiva che sarebbe stata l'ideale se avessi avuto 10 anni e mi fossi laureata a maggio. “No, forse dobbiamo spostarci verso qualcosa di più elegante”. Allora si presenta lì con un vestito nero, stile Halloween, con un sottogonna in chiffon così vaporoso che pareva una bomboniera dark. “Forse è troppo nero...”
Ed infine eccolo lì, l'abito che temevo: a pois, rosa, con i volant. La forma era bella, l'ho indossato e ci stavo pure bene, ma il problema era che sembravo una meringa alla fragola con pezzetti di cioccolato (i pois erano neri). “Ma stai benissimo!” - “Sì, mi sta bene in figura, solo che è troppo rosa... Io non amo il rosa... (diciamo pure che lo detesto)”. Ok, allora poi a ripetizione il comunquebravocommesso mi ha portato un abito da sera, tipo quelli che puoi indossare nei gran galà e un vestito stupendo che però era in seta. E l'abito in seta, il 23 febbraio a Trieste, la patria della bora, avrebbe potuto essere un problema.
Alla fine della storia ho trovato quello che cercavo, un capo formale ma con personalità. Il problema è che poi il bravissimissimocommesso è riuscito ad appiopparmi anche una giacchetta, anzi no, come direbbe lui, una chanellina, e un cappotto di una delle mie stiliste preferite. Il prezzo per questa mattinata di shopping è stato piuttosto caro, ma dai, rendiamoci conto che mi sono dovuta abbigliare come una megacaramella. Le scarpe sono arrivate subito dopo e, grazie a dio, ne ho trovato un paio con cui riesco a camminare.
E va bene, sarebbe stato fantastico se avessi optato per il mio paio di jeans strappati, la camicia azzurra e le mie converse rotte, quelle con cui sono stata ai concerti del Sunsplash, ma non si può fare. E nemmeno voglio farlo. Insomma, devo prepararmi per un grande, unico giorno: sono certa che c'è un modo per non sembrare a una meringa.
Ma le converse me le faccio portare da casa. Potrebbero sempre servire.
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