Mister X ha circa 40 anni e fino al 2008 collaborava coi nostri uffici come commercialista. Punta di diamante di un noto studio milanese, Mister X aveva uno stipendio mensile che da solo valeva quelli di un mio intero trimestre, spese escluse. Non solo: i vari contatti lavorativi lo avevano proiettato in quello che viene chiamato "il mondo che conta". Avvocati, notai, pubblicitari, espositori di importanti fiere: fior fior di clienti con un giro di conoscenze fatto a scatole cinesi.
Per contro Mister X era esposto a veri tour de force: giornate lavorative che andavano dalle 9 del mattino alle 8 di sera, reperibilità 365 giorni l'anno, nemmeno fosse un primario di chirurgia. E poi molta apparenza: public relations, cene di lavoro, cordialità profusa anche ai cafoni arricchiti più odiosi e orripilanti.
Poi di punto in bianco qui in ufficio ci dissero che avevamo cambiato commercialista, perché Mister X si era trasferito altrove. Altrove? Via da Milano? Via dal centro nevralgico della finanza italiana? L'unica alternativa plausibile era quella di un trasferimento all'estero, ma le informazioni che filtravano facevano supporre altro.
A distanza di due anni ho scoperto che fine ha fatto Mister X. Ha venduto il suo bilocale in centro Milano e si è trasferito nel più economico e tranquillo hinterland a sud del capoluogo lombardo. A quanto pare nel cambio di casa gli sono avanzati soldi che, sommati ai risparmi di oltre un decennio di lavoro d'elite, gli hanno procurato un conto in banca non da ricco, ma senz'altro da benestante.
Ora Mister X non lavora a tempo pieno, e non si occupa più di contabilità e diritto societario. Dedica il suo tempo alle sue passioni artistiche a lungo trascurate: la fotografia e la storia dell'arte. Per mantenersi conta su oculati investimenti bancari, e su qualche shooting fotografico che saltuariamente realizza per conto terzi (sagre di paese, manifestazioni di carattere storico, foto per conto di associazioni di cultori dell'antiquariato e di memorabilia). Di certo non conduce più una vita di standard over the top: niente più happy hour esclusivi, né clienti che gli danno un assegno a cui tocca a lui aggiungere la cifra. Però sopravvive, anche perché non ha famiglia né, a quanto pare, intende metterla su in tempi brevi.
Nel mentre si diverte un mondo a fotografare. Mi è giunto all'orecchio - e all'occhio - che è riuscito a pubblicare qualche servizio fotografico dedicato all'arte industriale di inizio 900, e altri che trattano temi erotici ispirati agli anni '50. Però ha pubblicato sotto pseudonimo perché, a quanto pare, non vuole che qualcuno possa collegare il Mister X ex commercialista al Mister X fotografo freelance. Non cerca la ribalta né il prestigio, bensì solo condividere la sua arte col prossimo.
Da quel che so Mister X non è diventato sociopatico, come potrebbe sembrare finora, leggendo questo post. Guarda la televisione, ha Facebook, frequenta una ragazza, ha pochi ma selezionati amici. Non vive come un hippy sciroccato, bensì in una paese "a misura d'uomo", ma da cui può raggiungere Milano in mezz'ora di auto. E girare per Milano gli piace ancora, ma nei posti e nelle ore in cui gli altri stanno lì, dove stava anche lui nella sua vita precedente, dalle 9 alle 20, festivi (spesso) inclusi. Ossia in uffici, studi, etc etc.
A quanto pare vivere la città in questo modo gli permette davvero di scoprire una dimensione segreta, parallela, fatta di persone e di cose che sono precluse a noi comuni mortali.
Mister X è dunque felice? Chissà. Di certo ha riscoperto una dimensione di vita più umana. Vedremo, o forse no, cosa gli riserva il futuro.
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Non so perché vi ho raccontato questa faccenda. Di certo il breve stralcio dell'esistenza di Mister X di cui vi ho messi al corrente rientra nella categoria “storie di fuga”.
Ho sempre ritenuto che la fuga sia principalmente da se stessi, e poi da tutto il resto. Fuggiamo da noi perché non ci piace più la dimensione che ci siamo costruiti intorno. Forse è troppo facile dare sempre la colpa a fattori esterni: il lavoro, I colleghi, le esigenze economiche. Non sempre, ma spesso e volentieri siamo artefici del nostro destino. Arriviamo fin su, in cima alla scala dorata, e poi scopriamo che la salita ci ha fiaccato al punto che non possiamo goderci la meta.
La soluzione è troppo spesso palliativa: facciamo volontariato per purgarci l'anima da consumatori con la golden card, oppure riempiamo le pareti delle nostre stanze con inutili master che ci dovrebbero ricordare che siamo persone valide.
La scelta di Mister X non è stata semplice, o almeno credo. Forse non è nemmeno del tutto condivisibile. Ma, se non altro, mi sembra coraggiosa e precisa. In una società caotica come la nostra, non è cosa da poco.