Save the Children ha stilato anche quest'anno una classifica per capire quali sono i paesi migliori e, purtroppo, anche quelli peggiori in cui mettere al mondo un figlio.
Il posto peggiore per le madri è il Niger, lo stato africano più colpito dalla crisi alimentare del Shael, mentre
il migliore è la Norvegia, mentre
l’Italia è presente al 21° posto (due anni fa si trovava al 17°!!!) alle spalle di paesi come la Spagna e la Grecia. Questo quanto energe dal tredicesimo "Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo" di Save the Children. La distanza abissale che separa le condizioni di donne e madri e dei loro figli tra il primo e l’ultimo paese della classifica ben rappresenta le enormi disparità esistenti tra i paesi più sviluppati del pianeta e quelli più poveri. In Norvegia una donna riceve in media ben 18 anni di istruzione scolastica contro i 4 del Niger, dove a livello politico solo il 14% dei seggi in parlamento sono occupati da donne contro il 40% dell’assemblea norvegese. Solo il 5% delle donne nigerine utilizza i moderni metodi contraccettivi mentre sono ben 4 su 5 quelle che li utilizzano in Norvegia. L’esperienza della maternità segna, se possibile, distanze ancora maggiori: il 100% delle nascite nel paese scandinavo, infatti, avviene con l’assistenza di personale medico specializzato, che è presente invece solo in un caso su tre in Niger, dove 1 mamma su 16 muore per cause legate alla gravidanza o al parto (il rischio di mortalità materna è di 1 su 7.600 in Norvegia).
L’Italia, come già preannunciato,
si colloca al 21° posto della classifica - a metà dei 43 paesi più sviluppati - ma alle spalle di Portogallo (15°), Spagna (16°) e Grecia (20°). Colpiscono in particolare in negativo i dati relativi alla condizione della donna e al suo ruolo o riconoscimento sociale nel nostro Paese. La percentuale delle donne sedute in parlamento per esempio è pari al 21%, e, benché aumentata di un punto percentuale rispetto allo scorso anno, risulta inferiore rispetto a quella di paesi come l’Afganistan (28%), l’Angola (38%) o il Mozambico (39%). Lo stipendio medio delle donne non va oltre al 49% di quello degli uomini a parità di mansioni, tra i paesi sviluppati fanno peggio solo l’Austria (40%), il Giappone e Malta (45%), mentre invece 2 paesi su 3 registrano una percentuale superiore al 60%. Solo il 41% delle donne italiane utilizza i moderni metodi contraccettivi, una percentuale inferiore a quella di paesi come Botswana (42%), Zimbabwe (58%), ma anche
Egitto (58%) e Tunisia (52%), e molto distante dall’82% della Norvegia. Più in generale, anticipando il tema della nutrizione che sarà al centro del vertice G8 previsto il 18 e 19 maggio a Camp David negli Stati Uniti, il "Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo" esplora quest’anno a fondo l’aspetto della nutrizione, un fattore chiave per il benessere delle mamme e dei loro bambini:
ben il 25% delle morti materne e più di un terzo di quelle infantili nel mondo dovute proprio alla malnutrizione. Come evidenzia il rapporto, il solo sviluppo economico non rappresenta di per sé una garanzia di miglioramento rispetto alle condizioni di malnutrizione dei bambini. In India, ad esempio, che ha un PIL pro-capite pari a 1.500 dollari, il tasso di malnutrizione infantile è del 48%, contro il 23% del
Vietnam dove il PIL è anche inferiore (1.200 dollari). I paesi che mostrano una relazione virtuosa tra il proprio benessere e la nutrizione dei bambini sono Brasile, Chile, Costa Rica, Kyrgyzstan, Mongolia, Senegal e Tunisia. La performance è invece negativa per Botswana, Guinea Equatoriale, Guatemala, Indonesia, Messico, Panama, Perù, Sud
Africa e Venezuela. Per quanto riguarda le situazioni di emergenza, nel solo Niger, ultimo paese nella classifica di Save the Children, la grave crisi alimentare in atto sta minacciando direttamente la vita di 1 milione di bambini, ma sono ben 7 i paesi tra gli ultimi 10 ad essere attualmente colpiti da una crisi analoga. Nei 30 paesi meno sviluppati la percentuale di bambini affetti da
rachitismo - la condizione medica causata dalla malnutrizione cronica che ne impedisce lo sviluppo e la crescita mentale e fisica – è del 40% o più, ed è peggiorata negli ultimi vent’anni in 4 tra gli ultimi 10 paesi della classifica. In Asia, nonostante i progressi fatti in alcuni paesi, il rachitismo colpisce la metà dei bambini che vivono in
Afghanistan e India. L’estrema gravità di questi dati risulta ancora più evidente se si pensa che l’esposizione concreta al rischio di malnutrizione cronica riguarda oggi, nel mondo, ben 171 milioni di bambini. “E’ un quadro drammatico, e dobbiamo ormai fare i conti con un vero e proprio circolo vizioso in cui le madri, spesso già affette loro stesse da malnutrizione durante l’infanzia, danno luce a neonati sottopeso perché non nutriti adeguatamente nel loro grembo durante la gestazione,” ha dichiarato il Direttore Generale di Save the Children Italia. “C’è una stretta correlazione tra le condizioni in cui versa una madre, sia fisiche che di lavoro o istruzione, e le condizioni di salute del suo bambino. Il rapporto di Save the Children segnala come nell’Africa Sub-sahariana fino al 20% delle donne è ritenuto in condizioni di sottopeso eccessivo, e la percentuale sale fino al 35%, più di 1 donna su 3, nell’Asia meridionale. E’ chiaro che queste donne hanno un’elevata probabilità di mettere al mondo un figlio con un quadro di salute precario.” Il Rapporto sullo Stato delle Madri nel Mondo dedica una particolare attenzione ai primi 1000 giorni di vita del bambino, che vanno dal concepimento al completamento del secondo anno. E’ in questo periodo che si concentrano le principali minacce derivanti dalla malnutrizione, la sopravvivenza al parto pur in condizioni estreme non è infatti purtroppo sufficiente in molti paesi del mondo a garantire il futuro dei neonati. “E’ l’unica finestra utile che abbiamo per intervenire con una possibilità reale di interrompere il circolo vizioso e proteggere le donne incinte e i loro nascituri dagli effetti devastanti della denutrizione. Per questo Save the Children fa appello ai leader mondiali che saranno presenti al prossimo G8 e ai governi dei paesi in via di sviluppo perché ci siano maggiori risorse e programmi specifici di intervento contro la malnutrizione, ma è impegnata direttamente con la campagna globale Every One a salvare direttamente centinaia di migliaia di bambini, e migliorare concretamente le condizioni di salute e alimentazione materno-infantile nei paesi più in difficoltà o in emergenza. Le soluzioni semplici e a basso costo ci sono. Basti pensare, come dimostra in dettaglio il rapporto, che con una maggiore diffusione della pratica di allattamento al seno, che è parte integrante dei nostri interventi, si potrebbero salvare un milione di bambini in più all’anno, lo testimoniano i successi raggiunti da un paese pur a basso reddito come il Madagascar. Ancora oggi invece, meno del 40% di tutti i neonati nei paesi in via di sviluppo riceve i pieni benefici di questa pratica e in Niger, ultimo paese nella nostra classifica, solo il 27% riceve un allattamento esclusivo al seno nei primi 6 mesi.” sostengono a Save the Children. Se oltre all’allattamento al seno venissero impiegati anche altri pochi rimedi come Ferro Folato, Vitamina A, Zinco, norme igieniche di base e nutrizione integrativa, che un operatore sanitario di comunità preparato potrebbe facilmente applicare nei primi 1000 giorni a un costo inferiore ai 20 dollari per bambino, si potrebbero salvare un ulteriore milione di bambini ogni anno, per un totale di 2 milioni. Questi rimedi, come la formazione degli operatori sanitari di comunità, sono parte degli interventi della campagna Every One di Save the Children, che per tutto il mese di maggio 2012, grazie all’impegno di SISAL, potrà essere anche sostenuta effettuando donazioni presso le oltre 46 mila ricevitorie distribuite sul territorio nazionale.