Dove l’ombra insegue la luce – Marco Casula, un commento a TRILOGIA DELLA CITTÀ DI K di Agota Kristof

Creato il 13 novembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Se la letteratura è la sublime arte della sottrazione, questo testo di Agota Kristof ne è, a mio parere, una delle espressioni più palmari. Non c’è spazio, in questo allucinante romanzo, per i buoni sentimenti e gli orpelli descrittivi. È l’autrice stessa quasi a suggerircelo nelle prime pagine: Le parole che definiscono i sentimenti sono molto vaghe; è meglio evitare il loro impiego e attenersi alla descrizione degli oggetti, degli esseri umani e di se stessi, vale a dire alla descrizione fedeli dei fatti.

La prima è una storia disumana, lacerante. Ne Il grande quaderno due gemelli, ancora in tenera età, sfuggono alla guerra degli adulti ingaggiando una lotta violenta contro la vita stessa. Conflitti e privazioni, disperazione e dolore, sesso e morte. Tutti gli ingredienti e i meccanismi drammaturgici sono attivati con sorprendente maestria. Secca, tagliente la lingua della Kristof è una secchiata d’acqua diaccia. Mi ricorda il linguaggio dei bambini che ti dicono pane al pane, al contrario degli adulti che infiocchettano, guarniscono, sovra-strutturano. Il ritmo sincopato è quello a me più congeniale, nella scrittura quanto nella lettura, ma occorre essere abili con la penna cum grano salis, chi legge può stancarsi.

Qui, non succede. Il secondo racconto, La provamette il lettore con le spalle al muro e lo fa precipitare in un vortice narrativo costruito per non lasciare spazio alcuno alle nuvole dell’immaginazione. Istintivamente, il lettore non avvertito, o quello che per un patto sottinteso con lo scrittore si aspetterebbe una storia consolatoria o dal finale catartico, potrebbe reagire male. Personalmente non mi vanno a genio le storie che abbondano di crimini, di efferatezze o di contesti macabri. Evito. La Kristof, al contrario, instilla nei personaggi una grandezza che la violenza delle situazioni e dei gesti che compiono non attenua ma, viceversa, ne esalta l’umanità. In questo senso c’è una poetica della parola che ci ammonisce. Un messaggio relativo alla condizione umana di chi subisce lo strazio doloroso della guerra e il vissuto dolente del più debole degli uomini.

Sapevo fin da subito, dunque, che sarei potuto andare a sbattere. Nonostante tutto, masochista come non mai, sono andato avanti. Consapevole che stavo per inoltrarmi in una pista oscura. Altre volte mi era accaduto di frequentare questo tipo di sentieri: ruvidi, sinistri e agghiaccianti. Ma di questi ho imparato a conoscerne gli autori e il territorio narrativo che hanno frequentato, e quando capita d’imbattermi in uno di loro, cerco di saperne di più. Non l’ho fatto con la nostra autrice, e non senza rischio, ma non me ne sono pentito. Anche se, dapprima, la sorpresa e poi la curiosità hanno acceso tutto il mio interesse e l’ammirazione per la sua opera.

Questo romanzo, per come è costruito, ti divora innanzitutto il tempo di lettura. Tanto più è tremendo quanto più ti addentri nei suoi sentieri.

I personaggi cercano la vita, è l’istinto naturale della sopravvivenza. Si muovono mordendo terra, trovando sangue. Si muovono cercando luce, ma la loro ombra li insegue sino alla fine. Non ci sono sentimenti dorati, stelle cadenti e primavere che sbocciano, niente di positivo.

Nessuno, però, si aspetti la solita melma fantasy nera paracula. Uno dei due gemelli, Lucas, è solo. Il dopoguerra ha portato nuovi vincitori e la storia acquista un soffio più ampio. Il lettore si risolleva, la prosa è meno cadenzata. Si affacciano personaggi nuovi e nella girandola della vicenda sembra che i due gemelli restino sullo sfondo. Appare l’uno e scompare l’altro che poi riappare. Le storie si specchiano l’una nell’altra, cambia lo sguardo. La terza menzognail titolo del terzo racconto svela paradossalmente una verità.

Lettore, sei arrivato in fondo al sentiero e lo scenario che hai battuto al tuo passaggio è molto più realistico di qualsiasi fiaba nera che ti può raccontare uno scrittore.

Artwork, cover

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