Siamo a Chicago, Rachel ha vent’anni, fase importante e critica della vita di qualunque persona. Non più adolescente, e non ancora adulta, la ragazza scrive un romanzo e trova il coraggio di portarlo ad un editore, Brian Crause, il quale crede fermamente in lei e le propone la pubblicazione.
Ma qualcosa esplode nella vita di Rachel, al punto da bloccarla completamente verso il mondo esterno; Rachel non parla più e viene ricoverata presso l’Ospedale cittadino dove viene presa in cura dalla dottoressa Katie Benson con cui Rachel inizia ad aprirsi, lentamente, senza però trovare il coraggio di parlare.
Valentina Marchese riesce ad entrare molto bene nella psiche dei personaggi. Riesce a descriverne le pieghe e i risvolti psicologici aggiungendo un tocco di giallo nella ricerca della verità che la dottoressa Benson porta avanti caparbiamente nonostante gli ostacoli che la stessa madre di Rachel le frappone.
Questo è un romanzo fresco, dinamico e ottimista, in fin dei conti. La scelta di caratterizzare in maniera dominante pochi personaggi aiuta il lettore a non disperdersi, concentrando e focalizzando l’attenzione su quello che alla fine dei conti è il messaggio strisciante del romanzo: la solitudine che tutti noi viviamo, in fasi più o meno lunghe della vita, talvolta ci porta a spegnerci e a chiuderci in noi stessi, ma abbiamo il dovere di mantenere viva la fiducia nel genere umano, nonostante a volte l’uomo stesso dia un cattivo esempio di se, altrimenti rischiamo di essere burattini manovrati da chi ci nasconde qualcosa o che ci usa per scopi personali.
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