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Berlusconi non si è paragonato a Tortora, o meglio non ha mai detto cose tipo "Io sono come Tortora", con cui avevano titolato alcuni giornali. Sulla questione ha scritto Luca Sofri sul suo blog, nella giusta sezione "Notizie che non lo erano".
Sofri è sempre molto attento a questi svarioni giornalistici (chiamiamoli così, in buona fede) ed è sempre - giustamente - molto critico nel commentare un certo tipo di giornalismo, urlato, schierato, aprioristico e spesso basato sul sentito-dirismo. Ma nel caso, Sofri e altri con lui, facendone una questione al limite del bizantinismo accademico, rischiano di perdere il senso vero di quel che Berlusconi voleva dire. E cioè, paragonarsi, realmente, ad Enzo Tortora.
Il fatto che abbia usato una citazione e che la realtà oggettiva della storia di Tortora sia assolutamente correlabile a qualsiasi situazione che riguardi vittime di errori giudiziari (non è il suo caso), può trarre in inganno. Ma è solo la solita astuta dialettica del fraintendimento applicata da sempre da Berlusconi, che quando è necessario diventa anche fine e sottile - come nel caso specifico.
Ed è questo il gioco in cui stavolta si è caduti, nel difendere la veridicità di certe affermazioni (nella forma e non nel merito) dagli attacchi di un certo tipo di giornalismo schierato e da un altro spesso disattento. Discorso diverso riguarda le figlie, Gaia e Silvia Tortora, e i distinguo personali (nel merito se non anche nella forma), completamente legittimi ed al limite dovuti .
L'obiettivo di Berlusconi, era proprio quello di far parlare di sé - di sé paragonato a Tortora, aggiungerei, addirittura. Scatenando da una parte una serie di commenti favorevoli sulla legittimità della citazione, dall'altra quelli che sottolineavano che la citazione era diversa dal paragone o dall'impersonificazione e che mettevano a nudo le incoerenze giornalistiche. E poi dovevano esserci quelli che lo criticavano nel merito (tipo "pulirsi la bocca , prima di parlare di Tortora") e che dovevano necessariamente passare - e un po' ci sono riusciti anche grazie all'attenta attività di Sofri&Co. - da faziosi e capziosi, che non stavano sui fatti ma li travisavano e li interpretavano a proprio vantaggio (in questo caso vantaggio giornalistico, editoriale, economico e politico).
Il copione sembra tratto dal manuale del berlusconismo ed è stato eseguito alla perfezione, lasciando soltanto le briciole a chi quel merito della questione - il fatto che il caso di Tortora, che rinunciò all'immunità parlamentare pur di farsi processare e dimostrare davanti all'istituzione giudiziaria la propria innocenza, sia completamente antipodico da quello di Berlusconi - lo contestava a ragion veduta.
Esempio lampante del perché, ancora dopo venti anni, ci si trova a parlare di lui e con una certa insistenza. La sineddoche con cui Berlusconi ha messo sul piatto Tortora - la parte per il tutto, di cui lui era subdolamente quella parte: far passare il senso che tutti i cittadini potevano essere vittime di un processo, come Tortora, come lui sottinteso - è l'ultimo degli episodi. Ce ne saranno altri, perché in fondo, anche ammesso che il suo meccanismo comunicativo sia stato realmente compreso - e sul livello enciclopedico di questa comprensione ho i miei dubbi - parlare di Berlusconi è sempre di moda.
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